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11 novembre, 2016

Alla Scala le prime Nozze dopo Strehler

 

L’ultima messinscena scaligera delle Nozze mozartiane risaliva ormai al giurassico (1981) Giorgio Strehler, ripresa per l’ottava volta (!) 4 anni e ½ orsono. Oggi viene rimpiazzata da una nuova produzione, firmata da tale Frederic Wake-Walker, uno che già dal nome ti fa pensare ad abbondanti libagioni a base di whisky (smile!) Però sappiamo che un cicchetto o due possono anche stimolare la... fantasia, ecco: e in fin dei conti lo spettacolo messo su da questo albionico rampante riporta un po’ (forse troppo, magari) di sana farsa casereccia nella giornata folle (!) che il suo predecessore aveva (magistralmente) ingabbiato in un forse eccessivo politically-correct.

In fin dei conti le Nozze non saranno certo una farsa tout-court, ma sono pur sempre un’opera buffa, che dalla farsa (come teatralmente intesa) mutua parecchi aspetti, a cominciare dal fondamentale episodio finale dei travestimenti, con annessi equivoci, qui-pro-quo e scambi di persona. Insomma, riportarvi qualche tratto goliardico e magari volgarotto non mi pare un’eresia nè un’offesa al buon gusto. Dopodichè si possono criticare come ingenuità alcune scelte registiche (metateatro da poareti, comparse e suggeritore che animano lo spettacolo e in parte lo disturbano, presenza in scena di personaggi presi di mira in privato da altri, eccessi di pandemonio come la montagna di scartoffie notarili che riempiono l’aria a fine atto secondo, palpeggiamenti ed altre sguaiatezze assortite) che oltretutto non sono nemmeno invenzioni (in un mondo dove ormai tutto è già stato inventato e re-inventato infinite volte) ma che tuttavia rientrano, a mio modesto avviso, nei confini delle libertà interpretative, poichè non stravolgono nè adulterano la sostanza del soggetto. Tanto per avere un riferimento concreto, la fortunata regìa di qualche anno fa di Michieletto a Venezia aveva non pochi caratteri in comune con questa.

E se alla fine di un’opera buffa un pubblico assai folto applaude convintamente divertito significa che ciò che si è visto non era proprio tutto da buttare, anzi. Dopodichè auguriamo a Walker non certo di cercar di diventare Strehler (sarebbe per lui la fine) ma di fare tesoro dell’esperienza per migliorarsi in futuro.   

Di tutto rispetto il livello della prestazione musicale, governata da una (ormai vecchia) volpe a nome Franz Welser-Möst, un compassato viennese famoso per la sua mancanza di... appeal (che a Vienna come a Cleveland gli ha portato più di un nemico): di ieri gli rimprovero due o tre eccessi di decibel che hanno coperto le voci, ma per il resto il suo mi è parso un Mozart abbastanza convincente e rigoroso (magari più in linea quindi con il vecchio Strehler...)

Markus Werba è un Figaro più lezioso che autorevole, ma in fondo in queste Nozze mozartiane sarebbe eccessivo travestirlo (vocalmente) da Barbiere rossiniano, ecco. La Contessa Rosina è una sempre impeccabile Diana Damrau, che riempie di calore il personaggio (l’unico davvero serio in tutta l’opera) della donna che ha visto la felicità sfumarle sotto gli occhi e a cui non restano che il... perdono cristiano e una serena rassegnazione.

Efficace e convincente la Marianne Crebassa nell’impegnativo ruolo di Cherubino, questa autentica mina vagante che rappresenta il prezzemolo sparso copiosamente da DaPonte-Mozart sul loro manicaretto. Accanto a lei bene, se non proprio benissimo, Golda Schultz, che ha dato la giusta dose di spirito e grinta al personaggio di Susanna. Il Conte, a dare il cambio a Carlos Álvarez, era un positivo Simon Keenlyside, al quale forse difetta ancora una pronuncia italiana che renda comprensibile tutto ciò che lui canta: ma i suoni che lui emette sono di tutto rispetto, per volume, corposità e padronanza del mezzo in tutti i registri.

Gli altri (Andrea Concetti sdoppiato in Bartolo e Antonio, Kresimir Spicer anche lui divisosi fra Don Basilio – aria compresa - e Don Curzio, e Anna Maria Chiuri, una sapida Marcellina) su livelli di aurea routine. Hanno fatto discretamente il loro compito le tre rappresentanti accademiche e il (poco impegnato) coro di Casoni

Che dire, in soldoni: già dimenticato Strehler? Sarebbe offensivo sostenerlo, ma come ha detto Obama a proposito di Trump: domani il sole sorge ancora!   

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