Come
favore stagionale alla moglie (stra-smile!)
Riccardo Muti ha portato a Ravenna Orchestra e Coro dell’Opera di Roma per
un’esecuzione concertistica del Nabucco.
Pala De Andrè come al solito gremito in ogni
ordine di posti da gente che arriva da tutti gli angoli del mondo, solo per
lui, il maeschtre…
Il
quale non ha affatto tradito le attese (e non solo dei suoi fan) con una direzione (non esagero)
davvero superlativa, con la quale ha trascinato orchestra, coro e voci ad una
prestazione sontuosa.
Di
cui è andato giustamente fiero alla fine allorquando, al termine di una duplice
premiazione (il Premio Giustiniano
dalla città di Ravenna per il suo
impegno in favore della cultura, e un significativo riconoscimento da quella di
Sarajevo per le sue passate
iniziative in quella città martoriata) non si è lasciato scappare l’occasione
per lanciare una caustica frecciatina verso chi di eccellenza si riempie solo la bocca per ottenere privilegi, invece
di dimostrarla concretamente sul campo… come ha invece fatto lui con i suoi dell’Opera di Roma. Insomma, detta in milanese: O Lissner, ciapa sü, encarta e porta a ca’!
In
effetti il trionfo è stato totale, costellato da ripetuti applausi a scena
aperta (diciamo pure, sapientemente… agevolati dal Maestro) e da interminabili
ovazioni alla fine dell’esecuzione.
Tatiana Serjan è stata la mattatrice, con una
prestazione invero maiuscola, disegnando la complessa e multiforme personalità
di Abigaille con grandissima efficacia e drammaticità. Muti le ha concesso
qualche minuto supplementare di pausa dopo la prima parte, che le è servito per
sciorinare una grande prestazione nelle prime due scene della seconda parte,
entrambe accolte da lunghissimi applausi. Ma la cantante russa ha convinto
sempre, fino alla drammatica confessione finale.
A
Luca Salsi manca forse qualche decibel, tuttavia il suo Nabucco è stato
di grande spessore ed espressività: paradigmatico il suo non son più re, son Dio!
Note
di assoluta eccellenza per Francesco Meli,
voce davvero bella in tutti i
registri: un vero piacere a sentirsi (e quindi: peccato che la parte non sia più
corposa!)
Di
Sonia Ganassi si conoscono pregi e
difetti: dopo una partenza un pochino… problematica, si è però ben ripresa,
disegnando una Fenena più che accettabile.
Ottima
la prestazione di Riccardo Zanellato,
voce tanto potente quanto pulita, senza ingolamenti o forzature: anche per lui
applausi a scena aperta, già dal primo Freno
al timor!
Gli altri tre interpreti, diciamo così di contorno
(Saverio
Fiore, Simge
Büyükedes e Luca Dall’Amico) hanno dato il
loro lodevole contributo, in particolare il soprano turco, che ha una parte non
proprio trascurabile.
Eccellente la prova del coro, che Roberto Gabbiani seguiva da vicino, seduto al di sotto, sulla sinistra; sempre preciso
negli attacchi e capace delle diverse sfumature che la partitura impone: dalla
grande retorica al più intimistico raccoglimento.
L’orchestra dell’Opera
di Roma, in passato assai malconcia, con Muti evidentemente ha ritrovato se
stessa e il Maestro ne può ben andar fiero: i suoi ormai sembrano una macchina
che, una volta avviata con un attacco, sa muoversi alla perfezione anche da
sola. Segno che dietro c’è tanto lavoro di prova e un invidiabile affiatamento.
Quanto a Muti, la sua
interpretazione mi è sembrata improntata a grande equilibrio e sobrietà, pur
senza rinunciare a far emergere – dove appropriato – un pizzico di enfasi e
qualche giustificato fracasso: forse il suo non è più il Verdi sanguigno,
bandistico e garibaldino dei tempi che furono (con l’età tutti si diventa più…
riflessivi?) ma tutto sommato quello che si perde in superficie lo si guadagna in
profondità.
In
definitiva: una serata di quelle che… lasciano il segno!
Nessun commento:
Posta un commento