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29 settembre, 2009

Sulla soggettività dell’ascolto


Un giudizio espresso di recente in un post sul Corriere della Grisi, dedicato al ricordo di un famoso concerto wagneriano di Bruno Walter, ripropone il tema della soggettività dell’ascolto.

Nel post si definisce pesante e lento l’avvio dell’Ouverture del Tannhäuser, con una velata critica a Walter (peraltro giustamente esaltato, sia prima che dopo). Ora, la redattrice del post ha evidentemente giudicato in base ad un suo – legittimo! – metro. Come spiega nella gentile risposta al mio commento, il suo giudizio è stato influenzato dal confronto con il brano precedente (il Preludio dei Meistersinger). O magari, chissà, per riferimento mentale con ricordi di altre interpretazioni, o con la propria sensibilità o il proprio modo di vivere quella musica. Nulla di male in tutto ciò, intendiamoci. Ma nulla di più soggettivo ed arbitrario.

A chiarimento e completamento informativo del mio commento – con annessa precisazione - a quel post, provo ad esporre la questione con maggior dettaglio tecnico.

L’Ouverture del Tannhäuser si apre con un tempo Andante Maestoso (la marcia dei pellegrini, cui segue l’Allegro, che introduce il Baccanale). Siamo in misura di 3/4 e l’Andante – che non ha al suo interno alcuna ulteriore variazione dinamica, si noti bene – occupa 80 misure, più una semiminima di attacco. Quindi, in tutto, 241 semiminime.

Ora notiamo un fatto importantissimo: per l’ultima volta nelle sue partiture, Richard Wagner prescrive un metronomo. L’Andante Maestoso andrebbe eseguito a 50 semiminime al minuto. (Si noti che lo stesso metronomo è indicato successivamente, per il canto dei pellegrini nel terzo atto).

Adesso ci supporta la matematica per stabilire quanto tempo, secondo l’indicazione dell’Autore, dovrebbe durare l’Andante. A 50 semiminime al minuto, per suonarne 241 sono necessari precisamente 4 minuti, 49 secondi e 2 decimi. Questo dato potrebbe essere addirittura stampato sulla partitura, poiché deriva direttamente (matematicamente) da ciò che Wagner ha scritto, in modo inequivocabile.

Se fissiamo – arbitrariamente, ma credo con un certo buon senso – una forchetta di variabilità della durata del 10% (+/- 5%) potremmo dire che un Direttore è fedele alla lettera di Wagner se esegue l’Andante in un tempo compreso fra 4’34” (e 74 centesimi) e 5’3” (e 66 centesimi).

Orbene, Bruno Walter, nel concerto di cui sopra, suona attorno a 4’35” (l’attacco è coperto dagli applausi) quindi si colloca sul limite inferiore di questa forchetta, perciò va piuttosto veloce, non lento! E tiene, come prescritto, un tempo assolutamente costante (metronomo 52-53, come si può verificare facendo “traguardi” intermedi, ogni minuto). Ecco altri interpreti, tutti più lenti di Walter, si noti (link a Youtube):

Igor Markevitch 4’36”
Leonard Bernstein 4’37”
Federico Santi 4’43”
Ennio Nicotra 4’46”
Arturo Toscanini 4’49” (praticamente perfetto! c’era da dubitarne?)
René Leibowitz 4’53”.

Herbie Karajan suona attorno ai 5’ netti, quindi verso l’estremità superiore della nostra personalissima forchetta. Sforano di poco in lentezza Zubin Mehta e Willem Mengelberg con 5’10” (metronomo 46-47).

Chi è totalmente fuori è Georges Prêtre, che fa fare ai poveri pellegrini, reduci in Germania da una podistica andata e ritorno a Roma, uno sprint sui 100 metri piani: 4’09” (metronomo 58!) Ma non ho dubbi che per moltissimi ascoltatori – dal loro soggettivo punto di vista - questa esecuzione sia la preferita!
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