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22 settembre, 2009

Chung e la Filarmonica al Palasharp

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Ultimi giorni del MiTo. Al Palasharp è andata in scena ieri la Filarmonica della Scala guidata da Chung con un programma double-face: quattro sinfonie/preludi da opere italiane (2 Rossini e 2 Verdi) e poi i Quadri raveliani sul canovaccio pianistico di Musorgski. Programma che l’Orchestra presenterà (28-29 settembre e 3 ottobre) al pubblico spagnolo di Valladolid, Barcellona e Madrid.

A fianco del palazzetto c’è – come tradizione a settembre - la Festa del PD (ex- festa de l’Unità) che spinge le sue propaggini anche dentro allo stesso impianto, come testimoniano i banconi a lato del parterre dove si può acquistare un gelato, un panino, una birra o un caffè, e prendere una copia omaggio de l’Unità (alla faccia di Berlusconi…)

Già alle 20:30 il palazzone è stracolmo. 8.000 (dicasi: ottomila) e rotte persone! Tutte ben disposte a godersi un programma relativamente leggero, almeno nella prima parte, di impronta familiarmente melodrammatica. Gente che si siede anche sui gradini fra le tribune, o è costretta a trovar posto a 30 metri d’altezza e a 100 dal palco dell’orchestra. Per loro, ma non solo, ci sono due maxi-schermi che riproducono una ripresa televisiva del concerto, con opportuni primi piani. Peccato che, fatto 30, non si sia fatto 31, proiettando anche le didascalie di ciò che veniva suonato. Sarebbe stato utile assai, soprattutto per i Quadri. Vedo in giro un sacco di facce orientali (io non saprei distinguere fra un coreano e un cinese… forse nemmeno loro stessi ci riescono): che siano tutti fans di Chung, arrivati da ogni dove? Oppure Milano è proprio invasa – come si dice in giro - dai cinesi? (però se vengono ai concerti mi piacciono già di più degli islamici, che in fatto di musica – a dispetto del grande retroterra culturale - oggi non vanno oltre le cantilene dei loro muezzin).

Al prezzo politico di 1€ si può avere il programma di sala. La cui qualità è purtroppo direttamente proporzionale al prezzo. Verdi viene fatto nascere nel 1913 e retroattivamente morire nel 1901. Il piano dei Quadri è quello della versione originale per pianoforte, includendo quindi anche la Promenade che separa Limoges dai due Ebrei, che Ravel (chissà poi perché) decise di espungere, e che ovviamente il buon Chung non ha potuto eseguire. Nella presentazione di Lorenzo Arruga si indica nel 1929 la data della composizione degli stessi Quadri raveliani, quando invece è il 1922. A proposito di Arruga: non deve evidentemente aver speso troppa fatica per scrivere una paginetta miserella, con quattro paragrafi che dicono assai meno di quanto chiunque può trovare su Wiki.

Ma veniamo al concerto. Però prima di iniziare si osserva un minuto di silenzio: in onore di tutte le vittime, militari e civili, di tutti i conflitti in atto.

Chung conferma la sua fama di direttore composto e moderato, anche negli atteggiamenti esteriori: dirige con gesti precisi ma mai enfatici; tende a mettere in risalto i dettagli cameristici, frenando le esplosioni di fracasso, che pure non mancano in almeno tre delle quattro partiture operistiche e abbondano assai in quella di Ravel. Quanto all’acustica, pare accettabile, a dispetto dell’enormità dello spazio.

Le due Ouvertures di Rossini son fatte apposta per mettere in risalto le qualità solistiche di alcuni professori. Nell’Italiana sono, in particolare, oboe e ottavino, con quel raffinato scambio di parti nelle due esposizioni (prima in SOL, poi in DO) del secondo tema. Nel Tell, il pacchetto dei 5 violoncelli, quindi corno inglese e flauto. Tutti eccezionali. Però confesso che, nella stessa ouverture dell’ultima opera rossiniana, nell’insieme mi avevano convinto di più i terroni di Santa Cecilia, qualche giorno addietro al Conservatorio (che però ha ben altra acustica).

Di Verdi si esegue dapprima il secondo Preludio della Traviata, che fa da intermezzo intimistico, e dove sono i primi violini a mettersi in mostra. Infine il Destino, dove compare fra gli ottoni il cimbasso, questo strano trombone con coulisse ortogonale rispetto alla campana, che lo fa sembrare un curioso trampoliere.

Niente intervallo (e giustamente, chè un foyer per 8.000 ancor non fu inventato) e si attaccano subito i Quadri, questo strepitoso furto raveliano ai danni – ma anche a grande onore! – di Modest Musorgski. Notiamo subito saxofono e tubetta ad arricchire l’orchestra, oltre a percussioni poco usuali (raganella e campane). Chung li dirige a memoria, con grande equilibrio e senza scadere in facili effetti. Però la chiusa, una specie di Bruckner (3 su 2) elevato a potenza, dovrebbe essere di una luminosità più abbacinante (sonorità – ma anche un po’ la melodia - che ricordano quelle dell’Uccello stravinskiano, di una dozzina d’anni antecedente). La Filarmonica ce la mette davvero tutta per riempirne l’enorme spazio del palasport, ma il risultato non è proprio il massimo dell’efficacia.

Comunque grandi ovazioni per tutti, un generoso bis (Brahms, danza magiara n°5) e poi ci si incammina, attraverso lo stretto imbuto dell’uscita, verso la metro, nella frizzante ma gradevole notte dell’equinozio d’autunno. Fra un paio di giorni confronteremo questi quadri con un’altra copia: quella che ne farà laVerdi all’Auditorium, con Roberto Abbado.
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2 commenti:

mozart2006 ha detto...

Grazie per le preziose testimonianze sul MiTo, che dall´estero non possiamo seguire perchè i quotidiani online, la cui pagina culturale contiene in genere solo gossip sulle acrobazie sessuali degli attori di cinema e tv, lo ignorano. Chissà quale onorario è stato corrisposto ad Arruga, quella vecchia prostituta assatanata di denaro...
Ciao

daland ha detto...

@mozart2006
Mi fa piacere che qualcuno "da lontano" si interessi alle vicende nostre. Ti dirò che - fra scandali politico-velinari, disoccupazione dilagante e morti sul fronte - qui c'è poco da stare allegri... Almeno la musica serve a passare unguento sulle ferite!