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da stellantis a stallantis

14 settembre, 2009

Una sagra di provincia al mare

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Siamo a metà settembre e l’estate dà ormai chiari segni di cedimento: qui a Rimini ci si prepara a smontare tutto (ombrelloni, lettini, giostrine, trespoli di scarpe e cianfrusaglie assortite, gazebo e pagode posticce) ciò che verrà puntualmente rimontato (avete presente Sisifo?) ai primi di giugno 2010. I pochi ambulanti extracomunitari che ancora stazionano sulla battigia adesso quasi ti regalano braccialetti-orologio in plastica, cinture, borsette, ciondoli, asciugamani, mentre nessuno più passa a offrire spiedini di cocco o a proporre ai bimbi foto con l’uomo-ragno o con la barbie-nera. Anche il tempo – ieri sereno, ma freddino, oggi uggioso, direi proprio – asseconda la tendenza al signori, si chiude!

Questo, in spiaggia. Ma Rimini non è soltanto mare&sole&fantasia. E così, da buon riminese (di adozione), non potevo ignorare una manifestazione che quest’anno compie 60 anni.

La scelta, non proprio casuale… ma quasi, è caduta su Daniel Harding e la sua nordica Orchestra della Radio di Svezia, che dovevano eseguire il programma annunciato, con la presenza della scozzese Lisa Milne, che avrebbe dovuto cantare alcuni lieder dello Strauss giovane (1885-1900). In realtà il programma ha subìto una importante modifica: un grave lutto ha costretto la Milne alla rinuncia, e così è stata rimpiazzata – degnamente direi! - da Michelle DeYoung, che sostituirà la Milne anche oggi (14/9) alle Settimane meranesi e il 16/9 (ripresa di Radio3) al Lingotto, nell’ambito del MiTo (domani 15/9 tutti saranno al Conservatorio di Milano con Wagner, Berlioz, ma senza la Fantastica, sostituita dalla prima di Mahler).

La DeYoung ha presentato un programma straussiano così articolato:

Heimliche Aufforderung (Invito segreto) op. 27 n.3 (testo e riferimenti).

Allerseelen (Giorno dei morti) op.10 n.8 (testo e riferimenti).

Zueignung (Dedica) op.10 n.1 (testo e riferimenti).

Morgen (Domani) op.27 n.4 (testo e riferimenti).

Cäcilie (Cecilia) op.27 n.2 (testo e riferimenti).

La DeYoung ha un fisico da walkiria, che fa sembrare ancor più basso il simpatico Harding, che le arriva a malapena alle spalle. Però lui ha il vantaggio di poter salire sul podio, e così rimette le altezze a posto. Lei si presenta al pubblico con un paio di gesti (scaramantici?) non propriamente raffinati: una sfregatina di mani e poi l’indice sinistro passato sotto le narici! Voce calda e morbida, la sua, che si accompagna ad una ormai consolidata esperienza e consuetudine con il mondo tardo-romantico. E così al termine ha avuto meritati applausi e diverse chiamate.

Dopo Strauss, Mahler, dei due l’inattuale (a quei tempi!) Proprio nello stesso Palacongressi di Rimini dove, ormai quasi 20 anni fa, avevo ascoltato un ancora imberbe Valery Gergiev dirigere da par suo gli ex-leningradesi nella colossale sesta del boemo.

La prima, al confronto, è una sinfonietta (l’unica, con la quarta, a non superare l’ora) anche se quando apparve – 1888 - dovette sembrare una cosa interminabile (oltretutto perché aveva… un movimento in più): da soli tre anni Brahms aveva composto la sua ultima sinfonia, mantenendosi sempre in dimensioni temporali relativamente ridotte. Solo Mendelssohn con la sua seconda – in realtà una cantata-oratorio più che una sinfonia – e poi Bruckner (soprattutto con l’ottava) avevano osato sfidare il Beethoven della Nona quanto a lunghezza di una composizione di tal genere.

Harding – partitura sul leggìo, sollevata alla fine per mostrarla al pubblico, quasi a volerle trasferire gli applausi scroscianti - ne ha dato una lettura con forti chiaroscuri, sia nel volume del suono (approccio cameristico e poi scoppi fragorosi) che nella dinamica (scarti nervosi fra passaggi tenuti e irruzioni violente). Nel finale ha fatto emettere ai violini quasi degli ultrasuoni, tanto era parossistico lo spasimo esecutivo che gli ha richiesto.

L’Orchestra – età media apparentemente… di mezzo, con buona presenza femminile, a partire dalla bravissima Konzertmeister – ha mostrato grande affiatamento, ma anche specifiche qualità: strepitosi in particolare gli ottoni, nei tremendi berci cui Mahler li costringe spesso e volentieri. Una curiosità: questi scandinavi si sono disposti alla tedesca (violini secondi davanti) ma con i contrabbassi in linea frontale, quasi sul fondo, a dividere le percussioni dalle file dei fiati (corni a sinistra).

Le ovazioni dei 1500 del Palacongressi (pochissime le poltrone rimaste vuote) sono state contraccambiate dai nordici con un bis di tutto riguardo: il Liebestod, un’anticipazione del programma di domani al Conservatorio.
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