01 febbraio, 2025

Orchestra Sinfonica di Milano - 24-25.14 - Axelrod

Il classicismo viennese occupa la locandina di questo 14° concerto della stagione principale dell’Orchestra Sinfonica di Milano che vede il gradito ritorno sul podio dell’Auditorium di John Axelrod. In programma Mozart e Beethoven!

Del sommo Teofilo riascoltiamo, dopo più di sei anni (novembre ’18, dir. Fournillier) il Concerto per flauto e arpa (K299). E come allora i due solisti sono le rispettive prime parti dell’Orchestra, Nicolò Manachino ed Elena Piva.

Concerto composto a Parigi (durante il lungo viaggio del 1778, funestato alla fine dalla morte della madre) su commissione del Duca di Guines, che era discreto flautista ed aveva una figlia che si dilettava con l’arpa (Mozart fu suo maestro ma, a dirla tutta, dopo un’iniziale apprezzamento, finì per considerarla musicalmente una nullità…)

Ma non per questo si tratta di un brano povero di contenuti, caso mai si può pensare che Mozart abbia privilegiato nella composizione uno stile galante e lezioso, evitando arditezze eccessive per i due commisionanti-dedicatari dell’opera. Lo testimoniano anche le tonalità (DO di impianto, SOL e FA ancillari) con il minimo di accidenti. Che abbondano nelle famose cadenze di Carl Reinecke, assai ricche di cromatismi… ma non impiegate qui, in favore di altre più vicine allo spirito mozartiano.

Grande prestazione del duo dei campioni di casa, calorosamente applauditi da un pubblico foltissimo e, soprattutto, con ampia e confortante rappresentanza di giovani e giovanissimi, ricambiati da una pregevole Elegia

___
Ecco, infine, la più celebre delle Pastorali, che riascoltiamo in Auditorium a distanza di quasi otto anni: luglio ’17, ciclo delle 9 sinfonie dirette da Flor (qui una mia notazione, più che altro statistica, scritta a quel tempo e purtroppo – ah, il progresso! - infarcita di web-link andati nel frattempo a meretrici…)

Come sappiamo, fu proprio lo stesso Beethoven, seguendo illustri esempi provenienti dal passato, ad introdurre nel corpo della Sinfonia qualcosa di extramusicale, addirittura dotando l’opera e i suoi cinque movimenti di dettagliati titoli descrittivi: Ricordi di vita campestre (più espressione di sentimenti che pittura); (1) Gradevoli, serene sensazioni che si risvegliano nell’uomo all’arrivo in campagna; (2) Presso un ruscello; (3) Allegra riunione di paesani; (4) Tuoni. Uragano; (5) Canto di pastori. Benefici sentimenti accompagnati da ringraziamenti alla divinità, dopo l’uragano.  

Si premurò di precisare che non trattavasi di pittura (leggasi: descrizione di luoghi o fenomeni) ma di espressione di sensazioni provate al cospetto di tali luoghi o fenomeni. Poi però, temendo di non essere abbastanza chiaro, sentì il bisogno di scrivere esplicitamente fra i righi musicali i nomi di tre volatili colà rappresentati da suoni di strumenti dell’orchestra: usignolo, quaglia e cuculo!

Insomma, con la sua Sesta, Beethoven cominciò a sdoganare l’idea che una composizione sinfonica potesse avere, oltre a quello tutto interno e privato dell’Autore, anche un programma esplicitamente extra-musicale. Aprendo quindi la strada a Berlioz, Liszt e a tutti i loro epigoni cresciuti lungo l’800 e pure dopo. Uno dei quali (tale Mahler) dopo aver spiegato pubblicamente i programmi extramusicali delle sue prime cinque Sinfonie (così sperando di convincere il pubblico a comprenderle e digerirle meglio!) ritirò tutti quei programmi per invitare il pubblico stesso ad abbandonarsi al rapsodo, senza far caso ad alcun esplicito riferimento! [Fra poco vedremo come Axelrod applichi un concetto analogo alla Pastorale.]

Ripropongo qui il link ad un fulminante, gustosissimo articolo di John Simon, che ridicolizza il concetto stesso di musica descrittiva… Al quale ne aggiungo uno mio personale: È la musica in grado di descrivere alcunchè?  

Ma, tornando a bomba, assai più interessante è stata invece la chiacchierata che Axelrod in persona ci ha propinato prima del concerto, nella consueta conferenza delle 18:30 organizzata da Pasquale Guadagnolo, nella quale il direttore texano ha esposto la sua vision dell’opera.

Che è mutuata dai contenuti di un testo scientifico della psichiatra svizzera, naturalizzata statunitense, Elisabeth Kübler-Ross che, avendo per ragioni professionali seguito diversi casi clinici, ha schematizzato l’ideale percorso psicologico di persone che scoprono di essere affette da malattie incurabili, suddividendolo in 5 fasi distinte (proprio come i 5 movimenti della Sinfonia, osserva Axelrod): si va dalla fase (1) di Negazione (della malattia) ed isolamento; alla (2) di Rabbia (indotta dalla consapevolezza); alla (3) di Contrattazione (promettere qualcosa in cambio di sollievo dalla malattia); alla (4) di Depressione (per la perdita irreparabile di parti di se stesso); e infine alla (5) di Accettazione (e isolamento in attesa della fine).

Ecco, alla luce di questa teorizzazione dei comportamenti umani di fronte alla prospettiva esistenziale legata alle conseguenze di malattie incurabili, Axelrod - invertendo peraltro le posizioni delle fasi (2) e (4) - prova ad interpretare, anche con precisi riferimenti alla partitura, i cinque movimenti della Pastorale come il percorso psicologico di Beethoven, condizionato dalla sua irreparabile sordità: la messa su pentagramma di quei suoni di natura (ecco il riferimento a Mahler e ai suoi programmi ripudiati) che ormai poteva ascoltare soltanto nella sua mente…

Interpretazione accattivante, anche se forse un po’ troppo… freudiana, oltre che strettamente legata alla condizione esistenziale di Beethoven (la sordità): quasi che la sinfonia non fosse il frutto di ciò che Beethoven voleva dirci (e ci ha chiaramente descritto in partitura) ma di ciò che il suo inconscio gli abbia dettato, sotto la pressione della malattia. Ma allora non si spiegherebbe come Beethoven abbia poi composto la Settima (francamente in-interpretabile secondo il metodo psicanalitico della Kübler-Ross, così come l’Ottava e la Nona).

Va dato atto all’onestà intellettuale del Direttore di non pretendere di avere la verità in tasca: ciascuno è libero di condividere o meno questa sua interpretazione psicanalitica. Dopodichè l’esecuzione è stata trascinante ed ha portato tutto il pubblico (comunque l’abbia vissuta) ad apprezzarla al massimo grado, almeno a giudicare dalle ovazioni e applausi ritmati rivolti a Direttore e strumentisti.