Il concerto che chiude la stagione principale
de laVerdi è interamente dedicato a Robert Schumann, del quale ascoltiamo un
brano strumentale, un concerto solistico e una sinfonia. Protagonista sul podio
e nel ruolo di solista il residente
Domenico Nordio. Il quale rinuncia alla bacchetta ma (certamente per la
prima volta in Auditorium, ma forse anche in assoluto) invece delle consunte
partiture cartacee si serve di un tablet
che sfoglia con il polpastrello di un dito della mano (quando non deve suonare)
oppure con un bluetooth-remote-control
(in sostanza, un mouse azionato dai
piedi) quando le mani sono impegnate ad imbracciare violino e archetto. Evviva
la tecnologia!
Programma che ricorda da vicino quello
diretto ormai più di 7 anni fa dal compianto sir Neville
Marriner, anch’esso completamente dedicato a Schumann, ma con il più famoso concerto per pianoforte al posto di quello per violino. Questa volta il
percorso tonale dei tre brani retrocede curiosamente dal MI al RE per chiudere
sul DO.
Si apre con Ouverture, Scherzo e Finale, una specie di
Sinfonia dei primordi (à la Schubert,
in 3 movimenti) che tuttavia non manca di ispirazione moderna e di una solida
struttura formale. Nell’Ouverture Nordio fa emergere i contrasti fra l’introduzione
lenta e i due temi principali; nello Scherzo tiene un tempo non troppo agitato
e poi lascia correre il Finale (senza risparmiarci la ripetizione dell’esposizione
dei due temi) fino alla stentorea chiusura in MI maggiore. Davvero un’esecuzione
pregevole che mette in mostra i pregi di questa partitura (per Schumann
sperimentale) ancor oggi poco valorizzata.
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Ecco
quindi il Concerto per violino, opera postuma, e di fatto un concerto maledetto, anche a causa
dell’eccesso di invenzioni romanzate che si sono diffuse relativamente alla sua
composizione e poi alla sua riscoperta. Creazione che avvenne quando Schumann
era in piena attività professionale e quando ancora la malattia mentale che lo
avrebbe portato alla fine non era entrata nella fase critica, pur essendo
latente ormai da almeno 10 anni. Ma la leggenda metropolitana si è inventata di
tutto, compresa l’individuazione della presunta causa della pazzia del
compositore e così qualcuno si spinge addirittura a scrivere di suono sifilitico a proposito della musica del concerto. Che
lo stesso dedicatario Joachim si
rifiutò di eseguire in pubblico ed anzi del quale tenne nascosta la partitura fino
alla sua morte. (Del resto non si sente spesso dire che anche gli ultimi
quartetti di Beethoven sono opere di un pazzo?)
Poi
nel 1933 Schumann sarebbe comparso nel bel mezzo di una seduta spiritica (!) a reclamare la
pubblica esecuzione del suo concerto, che nel 1937 fu aspramente contesa fra
USA e Germania (no, non credete a chi vi racconta che questa fu la causa
scatenante della WWII...) Sta di fatto che i nazisti ne fecero una questione di
Stato e imposero che la prima
avvenisse in Germania, così fu Georg Kulenkampff a suonare e poi
incidere per primo il concerto, seguito a distanza da Yehudi Menhuin.
Nordio è uno dei
pochissimi violinisti italiani a cimentarsi con quest’opera derelitta: prima di
lui Uto Ughi e prima ancora (ne fui testimone ocu/aurico-lare) la leggendaria Pina Carmirelli. Un collega di Nordio (ha 10 anni più di lui) che come lui alterna e/o
coniuga il podio allo strumento solista, Thomas
Zehetmair, circa 30 anni fa ha operato una revisione del Concerto che ha
eseguito anche di recente con la radio finlandese. In Auditorium il pezzo è alla sua quarta presenza (la precedente con un
altro versatile musicista, Kolja Blacher)
il che testimonia dell’attenzione che laVerdi
gli dedica da sempre.
Devo dire che
Nordio, rispettando in pieno le indicazioni agogiche in partitura (che sono
quelle che rendono il concerto indigeribile, secondo molti) ha invece
pienamente valorizzato (ovviamente è una mia opinione) i tesori nascosti di
questo brano: per dire, la sostenutezza del tempo della polacca del terzo movimento, notoriamente irrisa dai puristi con la
puzza al naso, che ne reclamano la trasformazione in carica dei bersaglieri,
ieri sera - grazie all’equilibrio mirabile creatosi fra solista e orchestra - ha
mostrato tutta la sua accativante bellezza, che il pubblico non oceanico
dell’Auditorium ha accolto con grande calore.
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Si chiude con la Seconda Sinfonia, e qui entriamo in clima di festa di fine anno scolastico. Lo dico in senso assolutamente buono, per carità, e nulla di scandaloso è accaduto. Parlo però di certi effetti plateali (strappi all’agogica e alla dinamica) che servono ad eccitare gli animi e a suscitare entusiasmi. Encomiabile ovviamente la prestazione dei ragazzi che (dopo le prossime due repliche del concerto e la presenza al Castello sforzesco in luglio) ritroveremo insieme alla Scala il prossimo 16 settembre, per la partenza della stagione 18-19.
Si chiude con la Seconda Sinfonia, e qui entriamo in clima di festa di fine anno scolastico. Lo dico in senso assolutamente buono, per carità, e nulla di scandaloso è accaduto. Parlo però di certi effetti plateali (strappi all’agogica e alla dinamica) che servono ad eccitare gli animi e a suscitare entusiasmi. Encomiabile ovviamente la prestazione dei ragazzi che (dopo le prossime due repliche del concerto e la presenza al Castello sforzesco in luglio) ritroveremo insieme alla Scala il prossimo 16 settembre, per la partenza della stagione 18-19.
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