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13 febbraio, 2014

laBarocca omaggia Rameau

 

L’appuntamento di ieri con  laBarocca di Ruben Jais ha avuto come soggetto e protagonista Jean-Philippe Rameau (di cui ricorrono, il prossimo 12 settembre, i 250 anni dalla morte).  

Prima di cominciare a comporre musiche per il teatro, Rameau fu (oltre che provetto organista) uno dei più profondi teorici della Musica che la Storia ricordi. In particolare il suo Traité del l’Harmonie reduite à ses Principes naturels ha lasciato un segno indelebile nella nostra civiltà musicale. Ad esempio nello studio degli armonici naturali:
Wagner ci ha lasciato una mirabile applicazione pratica della teoria di Rameau nel Preludio del Rheingold, dove gli otto corni in sequenza intonano un tema (detto dell’Elemento primordiale) che è costituito dalla serie degli armonici 2-3-4-5-6-8-10, tutti componenti la triade fondamentale. 

E proprio a proposito di Wagner e del Rheingold, il primo brano in programma ieri era l’Ouverture da Zais, dove neanche a farlo apposta si evoca la nascita dei quattro elementi fondamentali dal caos preesistente. E alla quinta battuta cosa compare? Un arpeggio di RE che nei violini sale dalla dominante alla tonica, nelle viole dalla mediante alla dominante e nei fagotti dalla tonica alla mediante; tutti percorrendo i gradi della triade fondamentale! Casualità? O causalità?
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Jais ha poi predisposto un programma assai articolato, oltre che ben impaginato (programma che il Direttore ha illustrato brevemente al microfono, prima di riprendere la sua bacchetta… virtuale) offrendoci una specie di bigino (ma di quelli seri, oltre che avvincenti) della produzione teatrale di Rameau: ouverture, arie, balletti, entr’acte… insomma un campionario delle componenti del teatro musicale del barocco francese. Mancavano solo, ma francamente non si può pretendere tutto…, i cori.    

Ad esibirsi, oltre ai ragazzi dell’Ensemble guidati come sempre da Gianfranco Ricci, sono stati quindi anche cantanti (soprano Céline Sheen, tenore Samuel Boden e basso Ugo Guagliardo) e ballerini, ridotti all’osso nel numero (Chiara Vittadello, Jessica Rapelli e Lorenzo Macciò) ma efficacissimi nelle loro apparizioni in singolo (o al massimo in coppia, nelle Indes, con la coreografia di Camilla Meregalli). 

Estratti da due opere del ceppo Tragédie Lyrique hanno occupato la prima parte della serata. Dapprima dal Castor et Pollux (seconda versione del 1754) oltre all’Ouverture, abbiamo ascoltato i due minuetti del primo atto (Spartiates) e l’aria di Télaire del second’atto, Tristes apprêts, un autentico gioiello di musica, che anticipa l’Orfeo di Gluck e nulla ha da invidiare addirittura ai romantici! Poi l’altra bellissima aria di Castor (del quarto atto): Séjour de l’éternelle paix (qui da 3’58”) e infine la Chaconne delle Ore e dei Pianeti e la Gavotte che chiude l’opera.

Poi dal Dardanus (prima versione) oltre l’Ouverture, sono stati eseguiti i due Tambourins del Prologo. Qui Jais ha collocato l’intervallo (per ragioni di equilibrio di tempi, immagino). Alla ripresa ecco due arie dal quarto atto: il tenore ha esposto quella di Dardanus, Lieux Funestes; quindi il basso quella di Anténor, Voici les tristes lieux e Monstre affreux, dall’Atto IV. Infine la Chaconne conclusiva.

A rappresentare il genere Opéra-ballet ecco estratti da Les Indes galantes: Ouverture, poi Les Incas du Pérou, con l’aria del soprano Viens Hymen (accompagnata dal flauto di Francesca Torrie il Rondeau. Quindi l’ultima parte, aggiunta da Rameau in un secondo tempo, che ci parla dei Selvaggi: qui due danzatori ballano il Calumet de la paix e soprano-basso cantano Forets paisibles.

Ha chiuso il concerto la famosa aria dalla quinta ed ultima scena del second’atto dell’opera comica Platée: quella dove il personaggio della Follia prepara Platée, una ninfa piuttosto racchia ma piena di sé, al (finto) incontro amoroso con Giove (!) Eccone qui, gag incluse, la parte eseguita anche ieri sera. Qui invece – da 1h15’15” a 1h33’48” - la scena completa, in un allestimento… adeguato (smile!)

Una serata eccezionale, che il folto pubblico ha mostrato di apprezzare assai, spingendo Jais ad un bis dei Tambourins del Dardanus.
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Allego per l’occasione un saggio di Danilo Prefumo sulla Tragédie lyrique, comparso su Musica&Dossier nel marzo 1993.

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