L’appuntamento
di ieri con laBarocca di Ruben Jais ha avuto come soggetto e
protagonista Jean-Philippe Rameau (di cui ricorrono, il prossimo 12 settembre, i 250 anni dalla morte).
Prima di
cominciare a comporre musiche per il teatro, Rameau fu (oltre che provetto
organista) uno dei più profondi teorici della Musica che la Storia ricordi. In
particolare il suo Traité del l’Harmonie
reduite à ses Principes naturels ha lasciato un segno indelebile nella
nostra civiltà musicale. Ad esempio nello studio degli armonici naturali:
Wagner ci ha
lasciato una mirabile applicazione pratica della teoria di Rameau nel Preludio
del Rheingold, dove gli otto corni in
sequenza intonano un tema (detto dell’Elemento
primordiale) che è costituito dalla serie degli armonici 2-3-4-5-6-8-10,
tutti componenti la triade fondamentale.
E proprio a proposito di Wagner e del Rheingold, il primo brano in programma ieri
era l’Ouverture da Zais, dove neanche a farlo apposta si evoca la nascita dei
quattro elementi fondamentali dal
caos preesistente. E alla quinta battuta cosa compare? Un arpeggio di RE che nei
violini sale dalla dominante alla tonica, nelle viole dalla mediante alla
dominante e nei fagotti dalla tonica alla mediante; tutti percorrendo i gradi
della triade fondamentale! Casualità? O causalità?
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Jais ha poi predisposto un programma
assai articolato, oltre che ben impaginato (programma che il Direttore ha illustrato
brevemente al microfono, prima di riprendere la sua bacchetta… virtuale) offrendoci
una specie di bigino (ma di quelli
seri, oltre che avvincenti) della produzione teatrale di Rameau: ouverture,
arie, balletti, entr’acte… insomma un campionario delle componenti del teatro
musicale del barocco francese. Mancavano solo, ma francamente non si può
pretendere tutto…, i cori.
Ad esibirsi, oltre ai
ragazzi dell’Ensemble guidati come
sempre da Gianfranco Ricci, sono
stati quindi anche cantanti (soprano Céline
Sheen, tenore Samuel Boden e
basso Ugo Guagliardo) e ballerini,
ridotti all’osso nel numero (Chiara
Vittadello, Jessica Rapelli e Lorenzo Macciò) ma efficacissimi nelle
loro apparizioni in singolo (o al massimo in coppia, nelle Indes, con la coreografia di Camilla
Meregalli).
Estratti da due opere
del ceppo Tragédie Lyrique hanno
occupato la prima parte della serata. Dapprima dal Castor et Pollux (seconda
versione del 1754) oltre all’Ouverture, abbiamo ascoltato i due minuetti del primo
atto (Spartiates) e l’aria di Télaire
del second’atto, Tristes apprêts, un autentico gioiello di
musica, che anticipa l’Orfeo di Gluck e nulla ha da invidiare addirittura ai
romantici! Poi l’altra bellissima aria di Castor (del quarto atto): Séjour de l’éternelle paix
(qui da 3’58”) e infine la Chaconne delle Ore e dei Pianeti e la Gavotte
che chiude l’opera.
Poi dal Dardanus
(prima versione) oltre l’Ouverture, sono stati eseguiti i due Tambourins del Prologo. Qui Jais ha collocato
l’intervallo (per ragioni di equilibrio di tempi, immagino). Alla ripresa ecco due
arie dal quarto atto: il tenore ha esposto quella di Dardanus, Lieux Funestes; quindi
il basso quella di Anténor, Voici les tristes lieux e Monstre affreux, dall’Atto IV. Infine
la Chaconne conclusiva.
A rappresentare il genere
Opéra-ballet ecco estratti da Les Indes galantes: Ouverture, poi Les Incas du Pérou, con l’aria del soprano
Viens Hymen (accompagnata dal flauto di Francesca
Torri) e il Rondeau. Quindi l’ultima parte, aggiunta
da Rameau in un secondo tempo, che ci parla dei Selvaggi: qui
due danzatori ballano il Calumet de la paix e soprano-basso
cantano Forets paisibles.
Ha chiuso il concerto
la famosa aria dalla quinta ed ultima
scena del second’atto dell’opera comica Platée: quella dove il personaggio
della Follia prepara Platée, una
ninfa piuttosto racchia ma piena di sé, al (finto) incontro amoroso con Giove
(!) Eccone qui, gag incluse, la parte eseguita anche
ieri sera. Qui invece – da 1h15’15” a 1h33’48” - la
scena completa, in un allestimento…
adeguato (smile!)
Una serata eccezionale,
che il folto pubblico ha mostrato di apprezzare assai,
spingendo Jais ad un bis dei Tambourins
del Dardanus.
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Allego per l’occasione un saggio di Danilo
Prefumo sulla Tragédie
lyrique, comparso su Musica&Dossier
nel marzo 1993.
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