Zhang Xian si rifà viva in Auditorium
con un programma dedicato a
composizioni di un genero e di suo suocero. Ieri sera
la prima replica del concerto, in una sala letteralmente presa d’assalto.
Programma modificato ampiamente (nei
titoli, non negli autori) rispetto a quanto previsto: c’erano una Totentanz e
un Parsifal-Vorspiel, rimpiazzati da Rienzi e Lohengrin-III. E cambiato è anche
il solista al pianoforte.
Quindi, a parte i quattro preludi, o
ouverture, wagneriani, è rimasto del papà della terribile Cosima soltanto il Secondo Concerto, interpretato – in
sostituzione di Paolo Restani - da Orazio
Sciortino, che era stato ospite dell’Auditorium lo scorso ottobre in
qualità di compositore, e di cui fu allora eseguita in prima assoluta Träumer
(Trauer) Stimmen.
Il titolo di concerto è francamente fuorviante per questo brano (a meno di non
intenderlo in senso estremamente lato). Se per Concerto per pianoforte e orchestra intendiamo invece una forma compiuta e storicamente
riconosciuta, allora il termine non si attaglia per nulla a quest’opera, che
potrebbe altrettanto, e meglio, titolarsi fantasia,
o variazioni sinfoniche, o poema sinfonico per pianoforte e orchestra,
o divertimento, o rondò capriccioso, o serenata… insomma, qualcosa che del
concerto classico non ha proprio alcuna parvenza.
Tuttavia l’apparente caoticità della
sua struttura (ad un superficiale ascolto pare un brano senza capo né coda,
un’accozzaglia di motivi buttati lì a caso) non deve trarre in inganno, poiché
invece Liszt vi amalgama, variandoli e manipolandoli sapientemente, diversi
motivi.
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Il più importante dei quali è
subito esposto (nell’iniziale Adagio
sostenuto assai) dai due clarinetti:
Ma già i primi arpeggi del pianoforte, che
accompagnano la riesposizione – lenta – del tema nei legni, cominciano ad
anticipare vagamente il motivo che si staglierà plasticamente più avanti, nell’Allegro agitato assai. Per ora il
pianoforte introduce, con violente biscrome nella mano sinistra, un motivo che
richiama l’incipit di uno dei temi del
primo concerto (discesa mediante-sopratonica-tonica). Chiusa questa sezione, si
arriva all’Allegro agitato assai, e di
lì a poco all’indicazione TUTTI, un poco
più mosso dove troviamo il motivo accennato negli arpeggi iniziali, ora in SIb
minore (qui esemplificati i soli archi):
Incidentalmente, sarà questo motivo a chiudere
con grande enfasi il concerto, nella tonalità base di LA maggiore. Ma intanto
costituisce il nucleo del tema del successivo Allegro moderato, aperto da violini e viole, nel quale poi il tema
principale viene esposto – due volte - con grande nobiltà dal violoncello solo,
prima che il pianoforte esploda un motivo che ne ricorda da vicino uno del primo concerto:
Ecco il tema dell’Allegro moderato tornare due volte
nell’oboe, dando quindi spazio al tema principale, che appare molto dilatato, ma
troncato, negli strumentini. Dopo una breve e virtuosistica cadenza del
solista, abbiamo l’Allegro deciso, in
cui poderosi arpeggi del pianoforte, sostenuti da robuste strappate degli archi
fanno da sfondo all’inciso che ricorda il tema degradante del primo concerto.
Poi ancora nei legni fa capolino un nuovo motivo, di sapore eroico:
Dopo lunghe volate di semicrome del solista, è
il secondo tema, variato e manipolato, nel pianoforte e nell’orchestra, a
tenere banco, fino al Marziale, un poco
meno allegro, dove il primo tema esplode in tutta la sua retorica, accompagnato
da incisi eroici:
Si arriva
ora ad Un poco animato, che prepara il
finale, con una impressionante serie di ottave parallele nel pianoforte. Però
qui c’è ancora un passaggio, indicato come opzionale
in partitura (Un poco più mosso.
Tempo rubato) dove il pianoforte ricorda il primo tema, ancora rielaborandolo
col supporto dell’orchestra; torna anche il tema mutuato dal primo concerto,
poi una pausa di riflessione, protagonista il violoncello, finchè il solista si
produce in una nuova breve cadenza che conduce all’Allegro animato conclusivo. Il primo tema si frantuma e si espande,
poi nello Stretto (molto accelerando)
viene accompagnato da altri incisi già uditi, finchè è il secondo tema che
chiude con gran retorica e fracasso.
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Sciortino ha dato una bella
prova di sé, dal punto di vista della tecnica e anche della sensibilità interpretativa,
enfatizzando proprio i tratti più romanticamente marcati del lavoro; ben coadiuvato
dall’orchestra, soprattutto nelle parti più solistiche, Tobia Scarpolini in testa, con il suo violoncello.
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Che dire del resto del concerto? Una
scorpacciata – devo dire fin stomachevole, dopo l’intervallo – di Wagner. Del
quale era stato eseguito in apertura il preludio dell’atto primo del Lohengrin,
in modo direi più che dignitoso, data la scarsa consuetudine dell’orchestra con
simili mostri sacri.
Invece Rienzi, Maestri e Lohengrin-III
hanno consentito ai ragazzi di tirar fuori la grinta, buttandosi a briglia sciolta
nei gran fracassi, ma devo dire rendendo anche al meglio le (poche) zone di intimità
di quei brani.
Insomma, una gradevolissima serata di musica.
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