Mentre segnalo con soddisfazione una
nuova buona prova del Regio, che si
conferma teatro di qualità per livello artistico e gestionale, non posso non
restare allibito per le notizie invero raccapriccianti che arrivano da un altro
nostro glorioso
teatro
(forse vittima della moda imperversante delle rottamazioni, chissà…)
Oggi ricorreva il 152° anniversario
dell’Unità d’Italia e il Regio aveva
i palchi imbandierati di tricolore (scommetterei l’occhio malato di Berlusconi
che nel resto della penisola la data sia passata praticamente sotto silenzio…)
Il soprintendente Vergnano ha
approfittato dell’occasione per diffondere al pubblico, prima dello spettacolo,
un indirizzo giustificatamente enfatico, in cui non ha mancato di ricordare i
due nuovi Presidenti delle Camere (ma avessero eletto Schifani? …smile!) e il Presidente (ormai) uscente
della Repubblica. OK, viva l’Italia e viva Torino!
Dunque, Il matrimonio
segreto,
questo gioiello che rivaleggia nientemeno che con le ultime opere italiane del sommo Teofilo e che aprì la strada a quel Rossini che doveva venire al mondo precisamente tre settimane dopo
la prima viennese del capolavoro di Cimarosa.
Lo spettacolo - realizzato 10 anni
orsono da Michael Hampe in
collaborazione con MonteCarlo e ripreso qui da Vittorio Borrelli - è precisamente di quelli da museo, ma nel senso più nobile del termine. La scena di Jan Schlubach è (ovviamente, dato il
libretto) fissa, mentre bellissimi sono i costumi d’epoca di Martin Rupprecht. Efficaci le luci di Andrea Anfossi.
La regìa è assolutamente sobria,
evitando facili sguaiatezze da avanspettacolo, assai raffinata ed efficace. Insomma,
tutto al servizio della mirabile musica di Cimarosa, che dopo 220 anni ancora è
in grado di soddisfare sia lo spirito che la carne di noi schizzinosi del terzo
millennio.
E la musica è stata servita a dovere da
Francesco Pasqualetti (un giovine cresciuto
sotto l’ala dell’attuale padrone di casa, Gianandrea Noseda) che ha guidato con
mano ferma i bravissimi professori del Regio.
Di buon livello
tutto il cast vocale, dove si sono distinti
particolarmente i due buffi Paolo Bordogna (il
padrone di casa, Geronimo) e Roberto de Candia
(il nobile in decadenza Robinson) e il Paolino di Emanuele D'Aguanno.
Ma anche le tre femmine di casa - Barbara Bargnesi (Carolina), Chiara Amarù (Fidalma) ed Erika Grimaldi (Elisetta)
hanno più che dignitosamente tenuto botta.
Alla fine tutto
il pubblico si è stretto, come al solito, sotto il palco per tributare meritatissimi
applausi ai suoi beniamini.
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Procedendo con la pubblicazione di
estratti della defunta rivista Musica&Dossier,
allego qui un breve ma
acuto saggio di Piero Mioli sul Matrimonio, inquadrato nel più ampio
scenario dell’evoluzione dell’opera buffa di fine ‘700; scritto comparso sul
numero di luglio-agosto 1989.
2 commenti:
Verissimo, questo anniversario è passato inosservato nel resto d'Italia che oramai non ha più i connotati di una nazione ma è un paese dove si accalcano tanti clan e piccoli gruppi socio-culturali che pensano solo ai propri affari o a sopravvivere e il senso della comunità che potrebbe farci sentire lo spirito dell'unità di uno stato è sparito da tempo.
@Marisa
Sì, lo scenario è deprimente, ma dobbiamo almeno guardare con speranza a qualche pur contraddittorio segnale che emerge dal marasma.
Quanto al Maggio, voglio proprio pensare che non lo si lasci rottamare senza batter ciglio (lo dico anche un po' egoisticamente, avendo in tasca un biglietto per l'ur-Macbeth alla Pergola...)
Ciao!
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