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da stellantis a stallantis

08 dicembre, 2010

Barenboim, Bondi e Stinchelli



 
Ieri sera il Maestro Scaligero (che si è anche auto-incensato per quel bizzarro titolo, ma lo perdoneremo volentieri per meriti artistici) ha ricordato - anzi ha proprio letto, da un foglio che aveva in tasca, per non rischiare figuracce - l'Art. 9 della nostra (ma lui ha preso anche il passaporto italico? smile!) Costituzione, che promuove lo sviluppo della cultura. Applausi scroscianti, assai lontani dalle vibrate proteste che avevano accolto i proclami sindacali anti-Bondi in più di una rappresentazione della scorsa stagione (il pubblico era diverso: per la cronaca, c'era un tale Napolitano…)

 
Oggi il simpatico Enrico Stinchelli, prima di ripeterle alla radio dalla prua (o poppa) della sua barcaccia, ha scritto parole assai dure sul suo blog. Sintetizzando al massimo, ha riconosciuto la legittimità (direi l'ovvietà) del richiamo di Barenboim, ma al contempo ha stigmatizzato l'uso improprio (tradotto: ladri!) che delle pubbliche risorse hanno fatto e fanno tuttora i responsabili dell'italico teatro d'opera. Fra i quali cita, ma senza nominarlo e senza calcar la mano, anche l'ineffabile Lissner. Fra i teatri in via di bancarotta cita anche il Massimo di Palermo. Che però, a credere al suo sovrintendente, sarebbe invece un modello da imitare! (salvo leggerne attentamente i bilanci).

 
Se la prende poi, il nostro Enrico, con la visione statalistica del sostegno alla cultura, che preclude in maniera antiquata e rigida l'ingresso ai privati. I quali, secondo lui, investono e rischiano di tasca loro. Però non spiega come accada che il 16% - mica quisquilie e pinzallacchere – del budget della Scala venga da investimenti privati (quelli pubblici sono circa il 45%). L'Orchestra Verdi di Milano (nel suo piccolo) ha più del 30% del suo budget coperto da contributi privati, contro il solo 10% di quelli pubblici. Ma com'è che Garrone è entrato nel CdA del CarloFelice? Ci rischia soldi suoi, come sostiene Stinchelli, o forse qualcuno gli ha promesso di lasciargli portare la benzina a 2 euri? Altra domanda: ma chi e cosa preclude in maniera rigida l'ingresso ai privati? Certo, una maggiore detraibilità fiscale degli impegni finanziari potrebbe migliorare la situazione, ma queste barricate io non le vedo proprio; la domanda, caso mai, è: non c'è per caso - nei privati, aziende e cittadini – un interesse solo marginale per la cultura? E qui si dovrebbe tirare in ballo non Bondi, ma tale Gelmini, almeno credo io.

 
Altra cosa che il buon Enrico si guarda bene dallo scrivere è che dello sperpero di risorse pubbliche sono responsabili, oltre alle poche decine di sovrintendenti e loro manutengoli, anche i sindacati che – coscientemente o ingenuamente – si rendono complici spesso e volentieri della mala gestione.

 
Purtroppo il dramma italico è che, a reclamare rigore, sacrifici e moderazione sono gente come – appunto – Brunetta, Bondi, Gelmini e, più di tutti, l'esperto in evasione fiscale Giulio Tremonti. Mentre per il loro padrone – mai visto in un teatro d'opera - tout va bien, madame la marquise


2 commenti:

Moreno ha detto...

Caro Daland,
sono d’accordo con il suo richiamo alla scarsa sensibilità dei cittadini sul tema cultura. Negli Stati Uniti una parte rilevante dei contributi economici all’attività di teatri ed orchestre proviene proprio dai singoli privati, non solo dalle imprese. Certo c’è un più favorevole regime fiscale ma credo esista anche una maggiore disponibilità a dare vita a civiche associazioni capaci di organizzarsi per raggiungere un fine comune, senza ricorrere sempre al sostegno degli enti pubblici.
Occorrerebbe, come accenna alla fine dell’intervento, un percorso pedagogico.
C’è un aspetto potenzialmente positivo che vorrei sottolineare. Quest’anno ho visto per la prima volta “la prima” in un cinema. Si è trattato di un’esperienza positiva grazie all’eccellente qualità delle immagini e ad un’acustica più che accettabile.
Se quest’abitudine virtuosa di trasmettere l’opera (non solo il 7 dicembre) al cinema si consolidasse – come avviene regolarmente negli USA con le trasmissioni in HD del Metropolitan – si potrebbe realizzare una democratizzazione del percorso di accesso a questa forma d’arte con un coinvolgimento di nuove fasce di pubblico.
Saluti, Moreno

daland ha detto...

@Moreno
Benritrovato! (ti "impongo" di rivolgermiti con il "tu") e grazie per l'apprezzamento.

Ti confesso che ero piuttosto scettico sulle diffusioni di questi spettacoli nei cinema, ma forse hai ragione: se la tecnologia tiene botta, vedere l'opera - pur virtualmente - in un "luogo pubblico" ti dà almeno quell'esperienza insostituibile che deriva proprio dalla sua socializzazione.

A presto!