La musica americana in cattedra per il 13mo Concerto de laVerdi. Wayne Marshall porta a Milano la sua versione di Porgy and Bess, già eseguita a fine estate con gli stessi solisti a Firenze; un anno fa al SanCarlo; un paio d'anni fa con la S.Cecilia e prima ancora con l'Orchestra Nazionale RAI a Torino (ma in passato il simpatico Wayne l'aveva portata in giro per il mondo). Marshall, direttore di origini afro-americane, sia pure di nazionalità britannica, ha un rapporto speciale con quest'opera fin dal 1986, allorquando suonò la parte del pianoforte nell'edizione diretta da Simon Rattle al festival di Glyndebourne.
La versione che Marshall ha predisposto per queste esecuzioni in forma di concerto, con tanto di beneplacito della Fondazione Gershwin, riduce a meno della metà la durata dell'opera originale (quasi 3 ore nette) ma soprattutto la depura di (quasi) tutti quei tratti che contribuirono, al suo primo apparire nel 1935, a farla tacciare nientemeno che di razzismo, per aver dipinto un microcosmo di gente di colore dove imperano violenza, omicidi, droga, prostituzione, alcool, gioco d'azzardo, malaffare e persino oltraggio alla religione. Ecco, nella versione di Marshall, di tutto ciò resta solo un pallido accenno a polverine magiche, la poco più che goliardica parodia biblica di Sportin'Life al pic-nic di Kittiwah, la fuga di Bess e un paio di camere ardenti per gente morta non si sa come. Sparisce del tutto il personaggio di Crown (omicida di Robbins e poi ammazzato da Porgy) e vi emergono in primo piano esclusivamente le qualità positive che pure esistono – ma annegate nel resto - nell'originale: duro e onesto lavoro, cristiana carità e solidarietà e persino… amore!
Marshall ha anche accentuato la forma di Suite dell'Opera, presentandocela come una giustapposizione di numeri chiusi (la trama vi è del tutto inconsistente) e non come un dramma che si dipana con un filo logico e poche soluzioni di continuità, limitate ai cambi di scena. Ciò che ci viene presentato è quindi assai più vicino ad un simpatico e divertente musical (con una spruzzatina di patetico) anziché un'opera con contenuti altamente drammatici.
I tagli comportano anche la perdita di un dettaglio dell'opera originale, dove c'è un caso più unico che raro: uno stesso brano (un'aria, si potrebbe dire, con linguaggio ottocentesco) viene cantato, in momenti diversi e in tonalità diverse, da due diversi personaggi (e due diversi soprano): ed è il brano di gran lunga più famoso, Summertime, la ninna-nanna cantata da Clara al suo bambino (due volte nel primo e poi, parzialmente, nel secondo atto); e successivamente cantata da Bess (che ha preso in carico il piccolo di Clara dopo la morte di lei) nel terzo atto. Qui invece la udiamo solo una volta all'inizio e cantata – nei panni di Clara - da Indira Mahajan, che per il resto sostiene la parte di Bess!
Venendo agli interpreti, oltre alla Mahajan, che ha mostrato una voce calda ed espressiva, bravi tutti, a partire dal tenore Ronald Samm (taglia da Pavarotti ingrassato, smile!) che ha presentato al meglio la figura di Sportin'Life; Angela Renée Simpson (deve pesare ancor più di Samm!) ha impersonato diversi ruoli femminili (Serena soprattutto) con voce chiara e potente; e Kevin Short, un grande Porgy, peraltro con voce non proprio potentissima. Al meglio anche il coro di Erina Gambarini, con le signore avvolte in scialli multicolori per dare un tocco di teatralità all'atmosfera.
Tour-de-force per i professori, con percussioni, sax, clarinetto e violoncello in grande spolvero. Lo stesso Marshall si è esibito - ma solo all'inizio, nella scenetta da saloon - al pianoforte (verticale) che aveva davanti a sè.
Alla fine gran trionfo, con ripetuti applausi ritmati e urla e fischi all'americana.
La prossima settimana arriva il venerabile Sir Neville Marriner per farci fare una scorpacciata di Schumann!
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