Ancora Schumann, con Ciajkovski, nel programma del concerto n° 15 de laVerdi, sul cui podio torna lo yankee John Axelrod, protagonista lo scorso febbraio di un'interessante Fantastica. Il nostro ha fatto nel frattempo un po' di carriera in più, essendo oggi Direttore Musicale dell'Orchestra Nazionale dei Paesi della Loira (mica pizza&fichi… smile!) e così si permette gigionerìe da Kapellmeister ottocentesco, come il girare un paio di volte le spalle all'orchestra, ammiccando al pubblico delle prime file.
La cosiddetta Renana (ultima delle sinfonie composte da Schumann, a dispetto del n°3 di catalogo) differisce dalle altre tre – oltre che per i 5 movimenti - per non presentare la classica introduzione lenta al movimento iniziale. Parte subito con il Lebhaft (vivace) in tempo 3/4, ma dove due battute si possono interpretare come una in 3/2 (tipo sesquialtera, o emiolia) con un effetto di spiccata energia, come di possenti vogate di un rematore. Axelrod qui rende bene l'atmosfera, con piglio deciso e tempi serrati.
Il secondo movimento è uno Scherzo, ma piuttosto moderato, in 3/4; anche qui par d'essere in barca, ma cullati dalla possente quanto tranquilla corrente del grande fiume. Non per nulla qualche armonia ricomparirà anni dopo nella Moldava di Smetana.
Il terzo movimento, Nicht schnell (non rapido, in 4/4) è una danza leggera, proprio eseguita in punta di piedi, con le semicrome in staccato di archi e strumentini.
Il quarto movimento, Feierlich chiama in causa i fiati, e soprattutto gli ottoni (inclusi i tromboni che suonano qui per la prima volta) per una solenne esposizione di un motivo a canone, del quale incipit forse si ricorderà Edouard Lalo (che come violinista nel suo quartetto suonò spesso Schumann) al momento di comporre il quarto dei cinque movimenti della sua Symphonie Espagnole… Qui i corni non mi son parsi per la verità proprio impeccabili.
Si chiude con il secondo Lebhaft, questa volta in tempo pari, che sfocia in un poderoso Höhepunkt dei fiati:
dove Schumann sembra mettere tutta la sua volontà di vivere, rifiorita in quel di Düsseldorf e grazie al grande fiume (nel quale peraltro anni dopo si butterà, preso da raptus suicida). Anche qui la resa non è stata però adeguata, e ancora i corni, secondo me, ne portano qualche responsabilità. Eccellente la coda, dove invece tutti recitano bene la loro parte, trascinati da Axelrod che interpreta lo Schneller come fosse un prestissimo.
Si passa poi a Ciajkovski e alla sua Quinta Sinfonia (già eseguita all'inizio della scorsa stagione con Xian Zhang) che è stata introdotta dai Prof. Fausto Malcovati e Mario Marcarini prima del concerto, nel terzo appuntamento del ciclo di conferenze sulla musica russa. Sinfonia con un programma più o meno esplicito e dichiarato: il destino che incombe sempre ed ovunque (non è questa una novità peraltro per Ciajkovski, che già 10 anni prima – nella Quarta, forse con più retorica e affettazione – ci aveva intrattenuto sul tema).
Qui il nostro, reduce dal pellegrinaggio a Bayreuth per l'inaugurazione del tempio wagneriano, applica in modo più strutturato la tecnica del Leit-motiv del genio di Lipsia (da lui peraltro piuttosto snobbato) col far ricomparire via via il tema (del destino) sottoposto a variazioni più o meno ampie di tempo, ritmo e colore (quindi imitando anche Berlioz).
È nel secondo movimento (Andante cantabile con alcuna licenza) che si trova quella che è per me la più alta vetta espressiva della sinfonia:
A raggiungerla è il primo corno Giuseppe Amatulli, che per la verità mi è parso stranamente contratto, nella circostanza.
L'ultimo movimento è proprio da arrivano i nostri (è sempre il destino, smile!) con John Wayne in testa. Quindi nessuno meglio di un altro John americano lo sa vivere e interpretare come si deve! Però il buon Axelrod – volendo strafare, credo - finisce per rovinare un po' il tutto proprio nelle ultime due battute della sinfonia, il classico taaaaa-ta-ta-ta/tà, dove si inventa un insopportabile rallentando e poi trasforma l'ultima semiminima in una minima preceduta da una pausa (mah…) Sia come sia, il successo non manca di certo.
Adesso c'è una pausa nel cartellone principale (non per l'Orchestra, che emigra in Montenegro con programma e direttore di un recente concerto) e ci si ritrova per fine anno, con il consueto – ormai – appuntamento con la Nona del sommo Ludwig. Ma laVerdi barocca si esibisce a ridosso di Natale (il 22) con il monumentale (anche se ristretto) Messiah.
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