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06 settembre, 2010

La Verdi ha aperto la sua stagione alla Scala

Abbandonato il povero Rigoletto mantouano al suo triste destino (a proposito, le critiche che si leggono in giro sono su per giù del tipo: una vera schifezza, però grazie a mamma-RAI per averla fatta… poi ieri pomeriggio una delle mie disgraziatissime figlie ha sentenziato: ecco perché fanno 'sta stronzata, perché non c'è la Ventura con le partite!) si è tornati alla Scala, dove Xian Zhang ha diretto il concerto inaugurale della stagione 10-11 de laVerdi che, come avviene da qualche anno, è ospitato dal massimo teatro italiano. Un concerto con programma assai corposo, che anzi nella iniziale scaletta sembrava proprio di quelli dei tempi di Beethoven: Egmont, Fantasia e Nona Sinfonia! Poi l'Egmont è stato rimosso e il tutto è tornato a proporzioni quasi normali.

In un teatro quasi stracolmo Simone Pedroni, pianista in residence presso laVerdi, apre la serata con il lungo solistico Adagio in DO minore che introduce la Fantasia op.80. Poi arriva l'orchestra, con i bassi a supportare il pianoforte nella transizione a DO maggiore, dove il solista espone quello che sarà il tema cardine dell'opera, derivato da un lied giovanile, e che successivamente verrà ripreso da solisti e coro, quasi fosse un abbozzo miniaturizzato del futuro Inno alla gioia della nona:


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È per ora il flauto a presentarne una virtuosistica variazione, subito imitato dagli oboi e successivamente dai clarinetti, col fagotto a contrappuntarne le crome con veloci semicrome. Infine entrano tutte le prime parti degli archi a preparare la strada ad un Allegro molto, dove il solista e l'orchestra dialogano con continui botta-e-risposta. Il dialogo prosegue in Adagio in LA maggiore, fino all'ingresso del tempo di marcia, in FA maggiore, per una nuova esposizione variata del tema. Un Allegretto, ma non troppo introduce i solisti del coro e poi tutto il coro, che presentano, nel solare DO maggiore, l'inno alla fratellanza di Christoph Kuffner, una pagina breve ma efficace, da cui Beethoven coglierà più di uno spunto per musicare – anni e anni dopo – Schiller. Sarà pure perché il pezzo non è di impervia difficoltà, ma tutti se la cavano dignitosamente.

Ora la Nona, divenuta ormai un architrave del repertorio de laVerdi (anche quest'anno sarà protagonista del concerto di fine anno). Devo dire che la Zhang ha riportato le cose a posto, dopo il diversivo di Marshall della scorsa stagione, tuttavia è parso che l'orchestra fosse ancora colla mente alle recenti ferie: più di un'incertezza, mancanza di buon impasto, soprattutto nel secondo movimento e nel preludio del finale. Magari sulla prestazione non stratosferica ha pesato anche l'ambiente del Piermarini, sotto l'aspetto fisico (il palco è il doppio di quello di Largo Mahler) e sotto quello psicologico (ué, siamo nel più importante teatro del mondo, mica pizza&fichi). I solisti – tutti già ospiti in passato dei concerti dell'orchestra - han fatto il loro dovere, come il coro. Certo, arrivare in un posto che ancora profumava dei suoni della Gewandhaus non è facile per nessuno.

Comunque gran trionfo finale (perché bisogna pur sostenere le nostre squadre…) soprattutto per il coro di Erina Gambarini, e pubblico gratificato con due bis: l'Ave verum corpus e le ultime 90 battute della sinfonia.

Giovedì l'inizio della stagione in abbonamento, con variazioni sul tema Romeo&Giulietta ad incastonare il terzo concerto di Prokofiev.

2 commenti:

mozart2006 ha detto...

Sul Rigoletto, hanno ragione le tue figlie.

Un argomento vorrei affrontare, molto grave. Perché il Presidente della Repubblica ha presentato questo scempio culturale? Una presentazione ufficiale con tanto di esortazione a ricordare Verdi, l' Italia unita e a goderci lo spettacolo.
Ecco, questo è un vero problema. Le autorità dello Stato, in questo Paese (o paese?) si occupano assai poco (e molto spesso male) di cultura, tralasciano i problemi che affliggono i teatri (lirici e non), dimenticano che i musei sono allo sfascio, nominano l' ubiquo Sgarbi sovrintendente a Venezia. E, infine, ci esortano a vedere questo orrore. Quante produzioni decenti avrebbe potuto patrocinare la RAI senza elargire i nostri denari a questi buffoni? Almeno ci fosse stato il buffone vero!!! Però c' era il tenore tuttologo e ormai stimbrato, il basso che recitava e pure male, il canzonettaro che piangeva dichiarando i suoi amori, manco fosse Werther, e quella povera Gilda coperta di vapori umidi che le calavano addosso da ogni dove. Mancava soltanto l' opera, l' avanspettacolo c'era tutto.

daland ha detto...

@mozart2006
Su quel Rigoletto se ne sono scritte abbastanza, ma forse non ancora troppe. È stato tutto il contrario di ciò che gli stessi autori-organizzatori avevano sbandierato: i luoghi non erano originari (chè il libretto cita solo e genericamente Mantova); le riprese erano in diretta (?) ma con tecnologie da differita e/o playback; la regìa quasi sempre su primi piani ravvicinatissimi, proprio da riprese-in-studio; i cantanti che di cantante hanno ormai solo il nome e il ricordo, o fama usurpata. Insomma, si è messo insieme il peggio di tutti i possibili difetti: impresa davvero ardua! Il povero Presidente – credo e spero – non poteva conoscerne prima il contenuto, e così si è prestato a far l’imbonitore di un prodotto che invece di promuovere nel mondo la nostra civiltà musicale, ci ha esposto all’ennesimo coro di lazzi e sberleffi.
Quanto alle mie figlie, ahimè avrebbero avuto la stessa reazione anche se la regìa fosse stata di Strehler, la direzione di Karajan e la voce di Gobbi. Perché la musica – fondamenti e applicazioni – va insegnata obbligatoriamente a partire dalla scuola materna; viceversa, non c’è rimedio.