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16 settembre, 2010

Ancora MiTo con Tilson Thomas

L'enorme Arcimboldi – invero difficile a riempirsi - ha ospitato ieri sera una delle serate clou del MI-TO. Ospiti la SanFrancisco Symphony ai comandi di Michael Tilson Thomas.

Un programma tutto francese, da Berlioz a Ravel.

Si incomincia con Le carnaval romain, pezzo che sembra fatto apposta per rompere il ghiaccio. Subito impegnato a dovere il corno inglese, Russel deLuna, ad esporre il tema che poi viene ripreso a canone dall'orchestra:

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Brillante la sonorità dei californiani, che Tilson Thomas ha lasciato qui a briglia sciolta, nulla risparmiando ad enfasi e fracasso.

Passiamo a sonorità assai più intime e raccolte (e con l'orchestra stessa assai smagrita) con Les nuits d'été, dove l'indisposta Susan Graham è rimpiazzata da Sasha Cooke, che peraltro ha cantato queste canzoni qualche settimana fa proprio con lo stesso Direttore.

Come la Fantastica fu scritta da un Berlioz letteralmente ossessionato dalla sua infatuazione per Harriett Smithson, così questo ciclo di poesie di Gautier fu composto da un Berlioz disilluso dal matrimonio con l'ormai declinante ed alcolizzata attrice albionica. Una delle canzoni (Absence) fu dedicata dall'autore a Marie Martin (in arte Marie Recio) un mezzosoprano di non eccelse qualità canore, ma dotata evidentemente di altre più carnali prerogative, tanto da divenire dapprima amante e in seguito seconda moglie del musicista. Il ciclo fu originariamente scritto per voce di mezzosoprano o tenore, con accompagnamento di pianoforte. Poi Berlioz fu convinto a produrre una versione con accompagnamento orchestrale e per l'occasione apportò anche alcune variazioni alle partiture e all'indicazione delle voci, il che lo indusse a trasporre la tonalità di un paio di canzoni, per adattarla alle caratteristiche dei cantanti – da lui conosciuti in Germania - ai quali venivano dedicate.

Villanelle (in LA maggiore) dedicata alla signorina Wolf, cantante del Granducato di Weimar:




L'attesa e l'arrivo della primavera per due innamorati. Et dis-moi de ta voix si douce: Toujours!

Le spectre de la rose (in SI maggiore, trasposto dall'originale in RE maggiore) dedicata alla signorina Falconi, cantante del Granducato di Gotha:




Mon destin fut digne d'envie, et pour avoir un sort si beau plus d'un aurait donné sa vie; car sur ton sein j'ai mon tombeau. E chi non vorrebbe essere al posto di quella rosa?

Sur les lagunes (in FA minore, trasposto dall'originale SOL minore) dedicato al signor Milde, cantante del Granducato di Weimar:




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Lamento per la morte dell'amata. Ah! sans amour s'en aller sur la mer!

Absence (in FA# maggiore) dedicato alla signora Nottès, cantante della cappella reale di Hannover:





Senza l'amore, la vita non ha senso. Comme une fleur loin du soleil, la fleur de ma vie est fermée, loin de ton sourire vermeil!

Au cimitière (in RE maggiore) dedicato al signor Caspari, cantante del Granducato di Weimar:





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Una colomba canta sopra un tasso, vicino alla tomba dell'amata. E la sua anima sembra piangere all'unisono con quel canto. Cosa insopportabile, per l'amato: Oh! jamais plus près de la tombe, je n'irai, quand descend le soir.

L' île inconnue (in FA maggiore) dedicato alla signora Milde, cantante del Granducato di Weimar:



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Nel Baltico, Pacifico, Giava, Norvegia, mia bella giovane, dove vuoi andare? La voile enfle son aile, la brise va souffler. Portami, dice la bella, à la rive fidèle où l'on aime toujours! Già, ma si tratta purtroppo di un'isola sconosciuta!

Anche se non presentano difficoltà insormontabili (si tocca un paio di volte il SOL) cantare questi brani - scritti per voci così diverse - da un solo interprete non dev'essere per nulla facile: la Cooke ci rimedia, per così dire, un'ampia sufficienza, mostrando una voce non potentissima, ma calda e bene impostata. Caloroso successo per lei, più volte richiamata al proscenio a ricevere applausi.

Nella seconda parte del concerto si fa un salto di 60 anni, per approdare a Maurice Ravel. Dapprima con i Valses nobles et sentimentales, scritti originariamente per pianoforte e successivamente orchestrati (e prodotti come balletto, per il quale Ravel trovò un soggetto più che decadente e un nome: Adélaïde ou le langage des fleurs). Siamo nel primo novecento, travagliato quanto si vuole, ma il walzer che arriva da Vienna (Johann Strauss e, molto prima, Schubert, dal quale viene direttamente il titolo di Ravel) continua a tener banco e ad ispirare i più disparati compositori: dal Mahler esistenziale, che lo stravolge nei suoi scherzi, al godereccio Strauss (Richard) che ci costruisce attorno il Rosenkavalier. Ravel, da buon esteta francese, sembra quasi mettersi in cattedra per sentenziare: ecco qua l'esprit de finesse di questa danza tanto popolare. Sulla prima pagina della partitura riporta una frase di Henri de Régnier, intellettuale e poeta per cui aveva grande ammirazione e di cui citò spesso versi e aforismi: il piacere delizioso e sempre nuovo di un'occupazione inutile. E qualche anno più tardi ci metterà il definitivo sigillo, con La valse.

Gli otto brani di cui si compone l'opera (certo l'ispiratore Schubert era stato assai più prolifico, con i suoi 34+12 walzer delle opus 50 e 77…) hanno una grande unità stilistica ed anche un ristretto campo tonale, con poche escursioni dal prevalente SOL. Vi si sentono chiaramente anticipazioni de La valse (che del resto Ravel aveva cominciato a concepire già da tempo). Qui una interessante registrazione di uno dei massimi interpreti raveliani: Charles Munch (parte1, parte2).

I primi sette brani (ad eccezione del 4 e 6) sono in tempi moderati o lenti. L'ultimo walzer, che fa da epilogo, presenta ripetuti cambi di tempo e agogica; e finisce proprio en se perdant, con archi e celesta ad esalare un accordo sulla dominante di SOL maggiore, appena appena increspato dai LA di celesta, violini secondi e viole. Bravi i professori della SanFrancisco Symphony a rendere efficacemente l'atmosfera raffinatissima e un po' crepuscolare di questa composizione.

Chiude la serata la seconda suite di Daphnis et Cloé, praticamente coeva dei Valses. Incorpora tre brani (Alba, Pantomima e Danza generale) della seconda parte del balletto, per una durata di poco più di 15 minuti (contro i 60 della partitura completa). Comprensibilmente, Tilson Thomas non si è portato dietro il coro, ma Ravel stesso ne prevede la sostituzione con parti dell'orchestra.

Il Lever du jour impegna strumentini, arpe e celesta (cui si aggiungono poi i primi violini) in un continuo ondeggiare di biscrome (le arpe anche di semibiscrome) che creano proprio la sensazione della rugiada che scende sulle rocce, con l'ottavino di Catherine Payne e poi il flauto di Tim Day che letteralmente cinguettano, all'albeggiare, mentre gli archi introducono l'ampia melodia che fa da sfondo all'esplodere del giorno (Daphnis sta dormendo). Ancora l'ottavino che annuncia il passaggio di un gregge e il clarinetto piccolo di Luis Baez che sottolinea l'arrivo del pastore, poi – quando c'è – interviene il coro a risvegliare Daphnis. La Pantomime inizia con il flauto che suona il richiamo di Daphnis, fino al'abbraccio fra i due innamorati e al giuramento, che apre la travolgente Danza generale, in LA, dove si alternano il tempo zoppo di 5/4 (3+2) e quello ternario, fino alla conclusiva apoteosi in 2/4.

Grande successo per Tilson Thomas e i suoi, che regalano uno sfolgorante bis di commiato, poi il Direttore fa un significativo gesto (grazie, ma ora devo proprio andare a nanna) e ci saluta.

Due note sull'Orchestra, che compie tra poco 100 anni. La prima, di colore (smile!): mentre fra gli orchestrali si vedono numerose facce dagli inconfondibili tratti orientali, non c'è un solo componente di colore (a meno che non fossero tutti in ferie…) La seconda, di natura organizzativa: nell'elenco dei componenti dell'orchestra, accanto ad alcuni nomi è indicato quello del donatore della chair (in pratica: chi finanzia quella posizione in orchestra). Oggi sono 33, più del 25% dell'intero organico. È un segno della sensibilità che il pubblico americano (individui e aziende) ha per la cultura musicale: francamente, un esempio da seguire.

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