Proveniente da Stuttgart e diretto a Milano per il MI-TO, Riccardo Chailly ha diretto i suoi fantastici di Lipsia nel Concerto inaugurale della Sagra Musicale Malatestiana n° 61, in una Rimini assai rinfrescata da una tramontana che vi insiste da giorni. Concerto tutto dedicato a Robert Schumann, stante la ricorrenza dei 200 anni dalla nascita.
Si sa che Schumann fu un grande campione, come teorico e come pratico, dell'innovazione – avendo peraltro grande rispetto delle tradizioni – e le tre opere eseguite qui a Rimini ne sono prova tangibile. In ciascuna di esse il compositore di Zwickau non manca di impiegare le forme classiche in modo assolutamente originale e personalissimo.
Kit Armstrong apre la serata sedendo al pianoforte per interpretare il fin troppo celebre Concerto in LA minore. Che non ci si stanca mai di ascoltare e che ci regala ogni volta grandi emozioni. Nato come una fantasia, il primo tempo del concerto fatica ad inquadrarsi negli schemi della forma-sonata, tanto è ricco di motivi, cambi di tonalità e tempo. Più tradizionali, per così dire, ma non privi di inventiva, i due movimenti (Intermezzo e Allegro-rondò) aggiunti da Schumann per completare l'opera, anche in omaggio a (e dietro le insistenze di) Clara.
Il californiano Armstrong è appena diciottenne, ma di anni ne dimostra 15, data la taglia minuscola e l'aspetto da fanciullo imberbe. Però già suona da dio, oltre che comporre ed essere pure un sapiente matematico (il che conferma la strettissima relazione esistente fra note e numeri): insomma, pare sia una specie di genio. Suona quasi sempre rivolto verso il direttore e con movenze tanto ispirate da sembrare (speriamo di no, di Lang Lang ne basta uno… smile!) artefatte. Tecnica davvero superlativa, la sua, forse non ancora coniugata a profondità di scavo delle partiture che divora, ma può sempre migliorare col tempo… Concerto tutto suonato, dall'orchestra, con taglio cameristico, quasi mai sopra il piano, e con il primo movimento francamente tenuto a velocità assai inferiore rispetto al metronomo di Schumann (84 minime). Successo caloroso, ma non proprio da delirio, e così, dopo un paio di uscite, il pubblico tace e quindi non merita alcun bis.
Il corno è considerato lo strumento romantico per antonomasia (celebre il suo richiamo posto al principio dell'ouverture weberiana dell'Oberon). Schumann ci ha composto il trascinante Konzertstück, addirittura per 4 corni e Orchestra: era, il suo, un modo di rendere omaggio all'innovazione tecnologica, che in quegli anni aveva portato allo sviluppo dello strumento a valvole (il ventil-horn) che stava rimpiazzando quello naturale. Già la prima pagina della partitura ci dice tutto:
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A dispetto del titolo abbastanza minimizzante (pezzo da concerto) la struttura è tutto sommato quella del concerto classico, con i canonici tre movimenti: il primo Vivace, FA maggiore, in forma-sonata liberamente interpretata, con sezione mediana nella dominante DO; l'intermedio sotto forma di Romanza, piuttosto lento, in RE minore, con un corale in SIb che ritorna (in MI) nel mezzo del Finale, assai vivo, ancora in FA. Si sentono atmosfere, per così dire, renane, che torneranno di lì a non molto nella terza sinfonia. Inutile dire che i solisti sono chiamati a notevoli virtuosismi, con frequenti escursioni nella zona acutissima (fino al LA, per il primo corno). Davvero strabiliante l'esecuzione dei quattro professori della Gewandhaus, accolta da meritatissimi applausi.
Infine la Prima Sinfonia in SIb maggiore, soprannominata Frühling (Primavera). Nick-name più o meno appropriato (potrebbe anche essere il più abusato pastorale…) anche se in qualche modo autorizzato dall'autore. Questa sinfonia è esempio lampante del fervore innovativo di Schumann: a fronte di un modello quasi Haydn-iano (basti considerare l'introduzione lenta – Andante un poco maestoso - all'iniziale Allegro molto vivace) l'opera mostra chiare caratteristiche di teatralità (anche se nulla la lascia assimilare ad un poema sinfonico) rappresentate dalla presenza di una serie di mutamenti repentini di tempo e dall'esposizione di incisi e motivi, se non di veri e propri temi, alieni rispetto alla struttura della sinfonia classica (neanche Mendelssohn e Brahms si prenderanno tante libertà con le forme tradizionali). Un'osservazione viene qui spontanea: si dice che Mahler (con un'operazione speculare a quella di Wagner) abbia portato l'opera nella sinfonia; ecco, forse il boemo trovò ispirazione per questo suo atteggiamento estetico proprio in Schumann, che non a caso fu uno dei suoi compositori più amati (anche fin troppo, come testimoniano i suoi ritocchi all'orchestrazione delle sinfonie del grande Robert, inclusa proprio questa presentata qui da Chailly).
Qualche nota sul contenuto.
Stentoreo l'attacco di trombe e corni in unisono a presentare la fanfara che, in tempo lento, anticipa il caratteristico ritmo dell'incipit giambico del primo tema, subito seguita da una vertiginosa salita e successiva scala discendente dal LA verso l'accordo di RE minore. L'introduzione contiene diverse modulazioni e poi, prima del crescendo che porta all'esposizione, una scala discendente di RE maggiore nei flauti (poi accompagnati dagli oboi) ci ricorda da vicino certi preludi ad arie o cavatine di Rossini o del primo Verdi. L'esposizione rispetta abbastanza i canoni della forma-sonata, con il primo tema in SIb e il secondo nella dominante FA, con tanto di ritornello. Però ci sono passaggi interessanti, come la ripetizione del primo tema sulla sottodominante (MIb), diverse modulazioni (ad esempio sul REb) e il secondo tema che arriva al FA dopo alcune peregrinazioni sul LA e il DO. Lo sviluppo mostra pure evidenti innovazioni: al primo tema trattato con sapienti variazioni si affiancano, in luogo del secondo, nuovi motivi e poi quello dell'introduzione, la fanfara degli ottoni, enfaticamente ampliata e chiusa in RE minore. La ripresa, con il ritorno canonico del secondo tema nella tonalità di impianto (SIb) sfocia in una coda (Animato, poco a poco stringendo) dove il primo tema viene interrotto da un diminuendo – ancora un effetto teatrale – che introduce un nuovo motivo esposto dagli archi e poi dai fiati, concluso con una scala ascendente del flauto, quasi speculare a quella dell'introduzione. Si riaccelera poi, con una fanfara di corni e trombe sostenuti dai fagotti (di cui Brahms si ricorderà nel chiudere la sua seconda – altra sinfonia pastorale) che porta ai secchi accordi della cadenza conclusiva.
Il Larghetto in MIb è forse il movimento più vicino ai tradizionali canoni della forma sinfonica, ma non vi mancano la sorprese. Schumann presenta subito l'unico tema principale, esposto dai violini, il cui incipit anticipa un poco nell'atmosfera quello dell'Adagio cantabile in LA maggiore della Sinfonia scozzese, che Mendelssohn comporrà di lì a poco. Dopo un paio di cadenze, caratterizzate da discese dal quinto al primo grado, è sempre lo stesso tema a tornare, nella dominante di SIb, nella sezione mediana, più mossa e culminante in SOL maggiore, dopodiché i corni riprendono nuovamente il tema nella tonalità di impianto, affiancati subito dagli strumentini. Nella cadenza finale i tromboni anticipano l'incipit del tema del successivo scherzo, prima che il tutto degradi, in pianissimo, di un semitono, chiudendo sul RE (maggiore) di archi e flauti.
RE (minore) che è la tonalità dello Scherzo (3/4) ma l'attacco (salita dal RE) è in SOL, proprio come quello della quinta dell'amatissimo Schubert, che a sua volta si era rifatto al Mozart della K540 (che filiera di civiltà musicale!) Questo movimento è di un'audacia formale davvero incredibile. Dopo l'esposizione del secondo tema, formato da un motivo che – come quello del primo tema - di sdoppia sulle relative SIb e FA maggiore, e il ritorno del primo, ecco un primo Trio (2/4 in RE maggiore, più vivace) che ha un metro anfibraco (semiminima-minima-semiminima) che ricorda chiaramente quello del tema principale dell'Allegro iniziale. Vi compare (ripetuto due volte) un danzante motivo discendente in SIb, che porta ad una teatrale corona puntata sul DO (sottodominante di SOL) con perentorio rullo di timpani; da lì riprende il motivo iniziale del trio, che sfocia in una fanfara di squillanti anapesti di RE maggiore in corni e trombe. Torna lo scherzo, con la riesposizione dei due temi, che porta ad un secondo Trio (dove il tempo - 3/4 - non cambia) costituito da tre sezioni (le prime due ripetute): nella prima gli archi, a canone, espongono un motivo ascendente che scala ben 3 ottave della dominante FA; la seconda è caratterizzata da scale discendenti, a partire dalla tonica SIb, ed ascendenti sulla scala di DO minore, chiuse da una sospensione sulla sopratonica; la terza imita la precedente, portando però a chiudere il trio sul SIb. Ritorna il primo tema dello scherzo, che invece di chiudere con forza, contraddice tutti i sacri dettami, introducendo l'incredibile Coda, costituita dal secondo tema che ora, passando dal SOL, si presenta in RE maggiore, con un diminuendo che lascia tutto sospeso sulla sopratonica MI. Qui una lunga pausa porta alla stupefacente cadenza finale (in 2/4) che dapprima richiama il metro del primo trio e poi, con due successivi gruppetti in quintina di oboi e flauti-clarinetti, si appoggia sull'accordo di SOL maggiore; dal cui SI un Quasi presto, che parte in mezzo-forte, degrada cromaticamente di un'ottava per poi – dopo un unico tocco di timpano - appoggiarsi sul LA, in pianissimo. Corni, fagotti, clarinetti e flauti esalano l'ultimo accordo di RE maggiore.
Una velocissima scala ascendente, che culmina sulla dominante FA, apre il finale della sinfonia, Allegro animato e grazioso, liberamente in forma-sonata. Sono gli archi a presentare il primo tema, di crome (quasi) tutte puntate, in SIb, che si chiude con una serie di anapesti, lasciando spazio al secondo tema, sullo stesso metro, nella relativa SOL minore, subito reiterato in RE minore. Ora, introdotto da un frammento del primo, entra un terzo tema, nella dominante FA maggiore, chiuso da due poderosi arpeggi dei corni, che chiude l'esposizione, da ripetersi. Lo sviluppo, assai breve, presenta dapprima frammenti del terzo tema, fino ad una fanfara dei tromboni, in REb, da cui parte un recitativo dei contrabbassi, con gli altri archi in tremolo, che porta ad una sospensione (Poco adagio) sulla sensibile DO, negli oboi. Seguono tre arpeggi dei tromboni (il primo dal solo) FA-LA-DO, LA-DO-MIb e LA-DO-MIb-SOL, su cui il flauto solo esegue una teatrale cadenza che reintroduce il primo tema, riproposto interamente dall'orchestra. Il secondo tema ricompare nel clarinetto, seguito dagli archi, ora però in DO minore e subito reiterato in SOL minore. Il terzo tema torna ora, ma nella tonalità d'impianto (SIb) con i forti arpeggi dei corni e quindi (Poco a poco accelerando) ci si avvia alla coda, dove i tromboni tornano ancora in primo piano con due interventi grandiosi, prima della conclusiva cadenza di minime in staccato degli archi, che dalla mediante precipita fino alla tonica, due ottave più in basso, prima delle due vertiginose scale ascendenti che preparano gli accordi conclusivi.
Nessuno più dei professori della Gewandhaus ha dietro le spalle tanta tradizione interpretativa di questa sinfonia (come di tutto Schumann, del resto); tradizione instaurata da Felix Mendelssohn (figuriamoci!) che ne diresse la prima assoluta nel 1841. Ecco, Riccardo Chailly ne fa ampiamente tesoro e ci propina un'esecuzione davvero coinvolgente, dalla prima all'ultima battuta. Doveroso menzionare il bellissimo suono dell'orchestra (disposta in formazione alto-tedesca, con i secondi violini in prima fila e violoncelli e contrabbassi al centro-sinistra): proprio il suono tedesco, un poco oscuro negli archi e tagliente negli ottoni.
Trionfo annunciato per tutta la compagine, già pronta a traslocare alla Scala, per i due concerti del MI-TO.
3 commenti:
Ho visto il concerto a Stoccarda mercoledì. Concordo su tutto.
Ciao
Da noi peró il programma era diverso. all´inizio l´Ouverture da Genoveva, poi il Concerto e nella seconda parte il Konzertstück e la Terza Sinfonia. Chailly tra l´altro usa la versione di Mahler, molto interessante.
Ri-ciao!
@mozart2006
Quello di Stuttgart dev'essere il programma di uno dei due concerti alla Scala.
Per la verità sui leggìi a Rimini c'erano anche le parti dell'ouverture di genoveva... speravo la facessero come bis, ma così non è stato, forse perchè era troppo tardi.
Ciao!
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