In attesa di scoprire l'acqua calda (il Kaufmann immaginario) continuiamo a girare attorno a questa Carmen che – oltre ai congeniti problemi legati alla sua gestazione, parto e svezzamento – presenta curiosità ed interrogativi più o meno rilevanti: soprattutto per la regìa e le scene. Parliamo dell'ambientazione, in particolare dell'atto iniziale.
Intanto, sappiamo per certo di essere a Siviglia, verso il 1820. Notare: l'opera viene rappresentata nel 1875, quindi narra fatti (autentici o inventati da Mérimée poco importa) abbastanza recenti, per l'epoca, ed ambientati in un posto perfettamente determinato e conosciuto. Insomma, non è la Siviglia di cartapesta di Rossini o di Mozart, è proprio la Siviglia reale, con i bastioni e il Guadalquivir; è come se oggi si presentasse una nuova opera che prende lo spunto, che so, dal giallo del caso Montesi. Orbene, sembrerebbe intelligente ambientarla (luoghi, personaggi, tipo di vita, società, usi-e-costumi) a Roma e dintorni, e non in Sicilia o in Africa.
In quale periodo dell'anno? Non si sa, né dal libretto, né da Mérimée. Possiamo immaginare, ma solo ipotizzare, che sia una stagione calda, dato l'abbigliamento di Carmen, ma soprattutto la dovizia di fiori con cui essa è acconciata. Peraltro, nel sud della Spagna anche l'inverno è relativamente mite…
Quanto dura, in tutto, la Carmen? Nel racconto di Mérimée dura presumibilmente parecchi mesi, come minimo, stando alla catena di fatti, imprese, crimini, incontri, omicidi e amori che vi sono descritti. Nell'Opera? Di sicuro passa un mesetto fra il primo ed il secondo atto (la prigionìa di José); un tempo indeterminato (la vita presso la base dei contrabbandieri, in montagna) separa secondo e terzo atto, quindi passa ancora un po' di tempo – sempre indeterminato - fra il terzo e il quarto (il soggiorno di Josè, latitante, presso la madre).
In quale ora della giornata si apre l'Opera? Non lo sappiamo, è un'ora in cui la piazza è affollata da ogni genere di persone più o meno indaffarate o bighellonanti; ma questo ci dice ancora assai poco: si potrebbe tranquillamente andare dalle 10 del mattino alle 10 di sera… Sappiamo poi che si è in prossimità di due eventi: il cambio della guardia e il rientro in fabbrica delle sigaraie, dopo la pausa-pranzo. Quando cambia la guardia? A mezzogiorno, alle tre del pomeriggio, alle sei di sera, a mezzanotte? Nessun indizio, salvo il fatto però che ci sono molti bambini per strada, il che lascerebbe escludere la tarda serata e la notte.
Quanto alla pausa-pranzo, stanti le usanze ispaniche, potremmo collocarla al massimo attorno alle 3-4 del pomeriggio. A proposito, sia nel libretto di Meilhac-Halévy, che nel racconto di Mérimée (o meglio, nel racconto che Josè fa allo scrittore, dove aggiunge un altro particolare, che ci aiuta poco, peraltro: si è di venerdì) leggiamo che le sigaraie tornano in fabbrica après leur dîner. Che oggi significherebbe dopo la loro cena, non dopo il pranzo (o colazione di mezzodì) che in francese sarebbe déjeuner. Fosse così, avremmo tutto il primo atto ambientato di notte. Ma non è così (basta avere un/a francesista in famiglia per arrivarci): la distinzione fra déjeuner e dîner è subentrata nella lingua dei simpatici gallinacei molto dopo il 1800; ai tempi di Mérimée, Meilhac-Halévy e Bizet, il sostantivo dîner era indifferentemente usato per indicare tutti i pasti della giornata).
Un altro (labile) indizio sull'ora ci viene anche da Micaëla, che dice a José che lei tornerà al paesello la sera stessa (ma non prima di aver fatto compere ed essere tornata al posto di guardia per raccogliere la risposta del – non ancora ex - brigadier Lizzarabengoa alla madre) il che farebbe escludere che sia molto tardi.
In ogni caso, se chiedessimo a 100 persone di leggere il libretto e poi suggerire l'ora dell'inizio dell'Opera, 99 direbbero che siamo in tarda mattinata, primo pomeriggio al massimo, in una bella giornata di sole.
Una sola, anzi due (Emma Dante e Richard Peduzzi) sono invece convinte che si sia in una giornata tetra e plumbea. I pochi secondi di prova generale messi in onda chèz-Fazio ci mostrano infatti una scena assai scura, ulteriormente rabbuiata dai pastrani made-in-DDR (a proposito di profondo sud) di Moralès&C. Giusto così, altrimenti non si spiegherebbe come mai la regìa e le scene siano affidate al duo Dante-Peduzzi, e non ad una qualunque delle altre 99 persone del sondaggio di cui sopra.
Why so? ci si chiede: forse perché noi dobbiamo convincerci che il mondo è brutto, tetro e soprattutto ingiusto; che la Spagna, calda e tutta joie-de-vivre, con annesse passioni ed accoltellamenti, è solo un'invenzione da cartolina (chiedere conferma agli aficionados di Ibiza&Formentera, please) e Carmen deve da subito portarsi la sua fatale croce, senza aspettare quasi tre ore facendo finta di nulla.
Domani sera il grande circo barnum (inclusi i protagonisti del parallelo caravanserraglio transitante nel foyer) si mette in moto sul serio, dopo improbabili anteprime. La (recente) tradizione prevede che qualcuno venga pesantemente contestato. Aspettiamo di sapere chi – su Radio3 - dalla seducente voce della simpatica Gaia.
2 commenti:
Dalle foto che ho visto negli ultimi anni, a Sant´Ambrogio adesso va di moda la bigiotteria, come per trasmettere il messaggio:"Sembro una madonna pellegrina, ma è tutta roba finta, non sparate!".
Mi aspetto sbavi delle sciurette per i due figaccioni palestrati che cantano. Vocalmente, si vedrà...
@mozart2006
Se i due figaccioni cantano come sanno, avranno preso due piccioni con una fava! Io li applaudirò per il canto, e non per altro.
Immagino tu la veda in TV, saprai dirci. Io per oggi mi concentro - partitura Didion alla mano - sul solo audio, per quanto innaturale...
A presto, e che Bizet ce la mandi buona!
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