Il programma dell'undicesimo concerto – diretto da Evgeny Bushkov, che ha sostituito Vladimir Fedoseyev, originariamente in locandina, è ancora tutto dedicato alla Russia: in buona parte a quella meno conosciuta (ma stavolta pochissimi i vuoti nell'Auditorium); per il resto, quasi a far da contrappeso, a quella universalmente nota e spesso fischiettata.
Con Orchestra in disposizione moderna, si comincia con Glazunov e il suo Poema Lirico, un Andantino per grande orchestra, composto a San Pietroburgo fra il 1882 e il 1887 e dedicato ad un altro oscuro musicista russo, di una dozzina d'anni più anziano di Glazunov, Nikolai Vladimirovich Shcherbachev. Costui fu labilmente legato al Gruppo dei cinque (nella cui atmosfera postuma - fra attrazioni russofile e repulsioni occidentalizzanti - si trovava anche Glazunov) e coinvolto, nientemeno che con Liszt, in una specie di giochetto inventato da Borodin e consistente nel comporre variazioni al piano sull'albionico tema detto Chopsticks.
Il brano è in tempo ternario (9/8) e in tonalità base di REb maggiore, con brevi divagazioni a MI e RE. L'arpa via ha una parte significativa, a sottolineare appunto il lirismo della melodia. I temi sono principalmente due, quello secondario esposto nell'introduzione in MI, il principale in REb, con andamento discendente, dalla dominante alla sopratonica dell'ottava inferiore. Dopo una sezione centrale (in RE e MI, dove abbiamo un crescendo che ricorda vagamente il preludio del Tristan) il secondo tema ricompare, contrappuntato da flauti e clarinetti con veloci semicrome, prima che il tema principale riprenda il soppravvento, per poi quasi dissolversi nella chiusa in ppp (una semiminima dell'arpa e degli archi in pizzicato mette il sigillo definitivo).
Oltre che di quella del suo mentore Ciajkovski, nel brano si sente un'eco, neanche poi tanto lontana, di Wagner. Ma vi si intravedono segni premonitori di Strauss e anche di Mahler (del resto Franz Liszt, il papà del tardo romanticismo, era considerato il campione della nuova musica dai cinque e dai loro seguaci).
Misurata e composta la direzione di Bushkov, e brava l'orchestra, con gli archi chiamati spesso, col timpano, a lunghi tremoli di sostegno alle melodie dei fiati.
Ancora di Glazunov è in programma il concerto per sassofono contralto e orchestra d'archi. Lo esegue Asya Fateyeva, una ragazza di 19 anni (che quindi non può non essere su Facebook).
Sono passati quasi 50 anni dal Poema, e lo si sente, sia nei contenuti che nella forma. Libera quest'ultima, popolari e moderni i primi, al pari dello strumento solista.
In 4/4 Allegro moderato gli archi introducono il tema principale, in Mib maggiore, poi presentato e sviluppato dal solista; si ha quindi una specie di variazione, nella dominante SIb, con evoluzioni del solista (Allegretto scherzando) che passa in SOL minore, su cui si chiude questa sezione, con un accordo in pizzicato degli archi. Si riprende in Mib, ma per poco, poiché una transizione ci porta nella tonalità più zeppa di bemolli che si possa immaginare (DOb) e in tempo ternario (3/4). È un Andante, dove il solista presenta un nuovo tema ondeggiante, che ci riporta a MIb. Con terzine che salgono e scendono sempre più rapidamente si arriva ad un Andante sostenuto, 5 sole battute in SI maggiore, che introducono un Più mosso, allegretto, con tonalità cangianti continuamente e un altro tema, che viene variato (tempo Passionato, in MI) con ulteriore accelerazione di semicrome (Allegro in MIb) fino al rallentando che reintroduce i 4/4 del tema iniziale, preludio per la cadenza solistica, piena di veloci semicrome.
Adesso una transizione, caratterizzata nel sax da crome con ampi intervalli (ottave ascendenti e discendenti) porta, in 12/8 ad una specie di saltarello (Allegro). Il solista ripropone il tema principale, dapprima molto dilatato, poi variato con terzine sostenute dagli archi. Dopo un breve intermezzo in cui tace, il solista ancora torna sul tema principale, con gli archi che incalzano sempre più, fino ad un Più animato, dove udiamo ripetuti trilli del sax; poi tornano le figure con intervalli di ottava, e si arriva al rallentando che introduce la coda. Accelerazioni e grandi voli di semicrome, una breve pausa per prendere la rincorsa e poi salita alla tonica sopra il rigo, di qui ancora su alla mediante e alla dominante acutissima, ancora svolazzi di semicrome e la definitiva conclusione, con discesa a rotta di collo (16 biscrome) dalla mediante acuta alla tonica, due ottave sotto. Ancora croma e semicroma, per risalire le due ottave, prima che gli archi suggellino il tutto, à la Ciajkovski.
La bella e sorridente Asya ha davvero entusiasmato, con un legato davvero eccellente, e lei stessa appare divertirsi un mondo, il che è di sicuro il modo migliore per far musica. Applausi strameritati del pubblico che si guadagna, a mo' di bis, la ripetizione del saltarello finale.
È l'ultimo concerto prima di Natale, e quindi un riferimento alla festività non poteva mancare (anche il meteo aveva fatto la sua parte ieri mattina, facendoci trovare la città imbiancata da una spolveratina di neve). Ed ecco quindi il ciajkovskiano Schiaccianoci, gli otto numeri della Suite Op.71a, un estratto (più l'ouverture) dai 15 numeri del balletto in due atti.
La suite è costruita in modo estremamente curato, sia nell'ambientazione, sempre leggera e cameristica, che nell'impianto tonale (che spiega la posizione avanzata della Fata e del Trepak, rispetto al balletto); vi compaiono, in una specie di circolo, solo quattro tonalità (maggiori o minori) e sempre distanziate da terze, con la seguente progressione:
1. SIb maggiore: Overture miniatura
2. SOL maggiore: Marcia
3. MI minore: Danza della Fata Confetto
4. SOL maggiore: Danza russa (Trepak)
5. SOL minore: Danza araba (il Caffè)
6. SIb maggiore: Danza cinese (il Thè)
7. RE maggiore: Danza dei mirliton (gli zufoli)
8. RE maggiore: Walzer dei fiori
Bushkov però ci fa una sorpresa, un regalino di Natale, arricchendo la Suite di un numero: dopo i mirliton attacca la sezione iniziale del Pas de deux (SOL maggiore) dove sottopone l'arpista ad un doppio lavoro (la partitura prescrive due esecutori) e dà modo alle percussioni (piatti, oltre che i timpani) di fare il dovuto fracasso. Pubblico plaudente dopo gli accordi finali. Ma il Maestro si gira come a dire: vi è piaciuto lo scherzetto? E subito attacca il conclusivo, strafamoso Walzer. Le ovazioni si sprecano, e così ci viene elargito un secondo Trepak, che chiude in bellezza l'esibizione. Atmosfera calorosa dentro, mentre fuori (qualche altro fiocco di neve avrebbe dato il tocco giusto alla serata) freddo becco, e basta.
Buon Natale quindi a laVerdi. Ci si ritrova per il passaggio dal 2009 al 2010, che sarà onorato con un grandissimo impegno di tutta la compagine: la nona di Beethoven.
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