Ieri pomeriggio Bergamo ha ospitato la seconda e
ultima sua rappresentazione di Rosmonda d’Inghilterra, seguita alle tre fiorentine, date in forma
di concerto lo scorso ottobre. Quattro dei cinque protagonisti hanno le stesse
facce (e voci, soprattutto) di scena a Firenze; il quinto è il nuovo Enrico di Dario Schmunck, che rimpiazza per
l’occasione Michael Spyres. Non muta il concertatore (Sebastiano Rolli) mentre cambiano i complessi strumentali e corali che
qui sono autoctoni (Orchestra Donizetti
Opera, Coro Donizetti di Fabio Tartari); e si aggiunge di bel
nuovo la regìa di Paola Rota, con
scene e luci di Nicolas Bovey e
costumi di Massimo Cantini Parrini.
Alle ore 15:45 (teatro abbastanza gremito) ancora
non si comincia: un indebito quarto d’ora accademico (ci si chiede)? Poi l’annuncio
addirittura drammatico: Eva Mei
vittima di un grave (sic) incidente
poco prima dell’inizio... Però canterà ugualmente, seduta in un angolo del
palco, e sostituita in scena (muta) dalla sua vice. Finalmente alle 15:50 Rolli
attacca la Sinfonia, e 12 minuti dopo, quando è il turno di Leonora, la sedia viene
rimossa e la Mei fa capolino dalle quinte con le sue gambe e canta (quasi)
normalmente. Così per l’intero primo atto. Poi, prima dell’inizio del secondo,
si annuncia che la cantante è in grado di esibirsi normalmente anche in scena,
e così accade fino a fine recita.
Beh, tutto è bene ciò che finisce bene, anzi mi
sento quasi di dire che l’incidente abbia persino giovato alla Mei, che ho
trovato meglio che a Firenze!
Già che parlo di interpreti, continuo con la Pratt: come sempre sontuosa negli acuti
(e sovra-) sciorinati come noccioline, che le garantiscono trionfali ovazioni
da stadio; non più che dignitosa nell’ottava bassa. La Lupinacci conferma l’ottima tecnica, a dispetto di una voce piccola
che (complice Rolli) un paio di volte viene coperta dall’orchestra.
Schmunck mostra una voce piuttosto logora, poco penetrante e
pare anche a corto di fiato, oltre che talvolta un filino calante: il suo non è
certo un Enrico memorabile. Ulivieri
se la cava con mestiere, dignitoso ed equilibrato, senza forzature o schiamazzi,
ecco.
Il Direttore, che nel mese trascorso da Firenze ha
mandato a memoria l’intera partitura, ha confermato buone doti di concertatore
(a parte un paio di fracassi incontrollati di cui ho detto sopra). Onorevolissima
la prestazione di orchestra e coro.
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Quanto al contenuto, si è qui presentata una terza
(come minimo) variante della partitura (già a Firenze se ne erano sentite un paio):
ripristinato lodevolmente nel 1° atto l’intervento di Arturo (da fuori) sulla
cavatina di Rosmonda. Il finale sembra deciso ogni volta tirando i dadi; dunque:
a Firenze (prima) si smentisce il
libretto originale fiorentino (Trema, Enrico, io regno ancor!) e si chiude
con il moncherino del finale di Napoli (Ella spira! Duolo, amor) pubblicato sul
programma di sala; poi, sempre a Firenze (terza)
si chiude con il finale fiorentino (smentendo il programma di sala!); ieri a
Bergamo il programma di sala presenta il finale originale fiorentino e invece l’opera
chiude (come alla prima di Firenze) con
il moncherino di Napoli! Peccato che sempre sia stata omessa la finale
(napoletana) Tu
spergiuro, una delle cose migliori dell’opera, insieme a Ti vedrò,
donzella audace, cui si preferisce l’originale Fé mi serba, mi seconda. Insomma:
edizione critica o crisi dell’edizione?
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Per chi (come il sottoscritto) aveva già udito (una
alla radio) due delle tre prestazioni fiorentine, un interesse particolare era
rivolto alla messinscena. Paola Rota
opta per uno sparagnino minimalismo spinto: scene spartane (sfondo fisso con
parete illuminata e due nudi pannelli che traslano orizzontalmente); suppellettili
ridotte ad un tavolino e due sedie; costumi dei protagonisti belli quanto
improbabili, mentre il coro è fatto di... pipistrelli, che all’inizio sono pure
dotati di parapioggia (mah...) Comunque nulla di trasgressivo e (sperabilmente)
di costoso, il che è già qualcosa.
Pubblico, come detto, abbastanza folto e assai
caldo, prodigo di applausi a scena aperta a fine di arie, duetti e cori e
lungamente plaudente al termine della recita. Quindi: brava Bergamo e viva
Donizetti!
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