Così fan tutte è tornata alla
Scala dopo 11 anni di assenza (2014, Guth-Barenboim) affidata alle cure
della coppia Carsen-Soddy.
In
Largo Antonio Ghiringhelli un gruppo di sindacalisti del CUB distribuisce e
legge il testo di un volantino in cui si richiama l’attenzione del pubblico su
alcuni problemi di carattere organizzativo e gestionale che sono oggetto di
rivendicazioni delle maestranze cui la Direzione del Teatro non avrebbe ancora
dato risposta. Si tratta di criticità relative agli organici e alle professionalità,
al ricorso sempre più frequente agli appalti e all’attenzione alle problematiche
di sicurezza negli ambienti di lavoro (Teatro e Laboratori Ansaldo). L’obiettivo
dichiarato è di conservare al Teatro la prerogativa di luogo d’arte,
evitando che diventi solo fabbrica di spettacoli.
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L’interesse
principale di questa nuova produzione risiedeva nella messinscena di Robert
Carsen e del suo team (Luis Carvalho per scene e costumi, Peter
vanPraet per le luci, Renaud Rubiano per i video e Rebecca Howell
per le coreografie). E già faceva discutere la decisione del regista di
ambientare la vicenda in uno scenario tipico dei moderni reality
televisivi. Il che ha provocato (prevedibili?) isolate contestazioni alla fine
dello spettacolo. Personalmente
le ritengo abbastanza pretestuose e probabilmente frutto di pregiudizi e non di
seria e oggettiva valutazione.
Ripropongo
qui alcune mie personali elucubrazioni sul soggetto di
DaPonte
che mi portano a riconoscere a Carsen l’intelligenza del suo approccio. In
sintesi, l’abilità e il merito del regista stanno nell’aver evitato di far
aderire a tutti i costi il testo originale al suo personale Konzept, ma di aver
utilizzato con parsimonia ed efficacia alcuni aspetti (soprattutto esteriori) dell’ambiente
reality per dare valore aggiunto alla sua proposta.
È fuor
di dubbio che esistano sostanziali differenze fra i due scenari, in primo luogo
riguardanti la posizione dei quattro personaggi che costituiscono le due
coppie: in un reality essi, come ogni altro partecipante alla kermesse,
sono perfettamente coscienti di ciò che li aspetta (hanno fatto richiesta di
partecipare, sostenuto esami di idoneità e ricevuto in anticipo tutte le regole
e raccomandazioni del caso); viceversa nel soggetto dapontiano i protagonisti
si trovano, loro malgrado e involontariamente coinvolti in un’avventura per affrontare
la quale non sono minimamente preparati.
Ecco,
Carsen rispetta in pieno (anche in dettagli minimi) il soggetto dapontiano, arricchendolo
però di verve, vivacità e… modernità. Alcuni esempi: la scena della partenza
verso il campo, con l’esagerata portaerei che lentamente si allontana e il
picchetto d’onore dei militari (maschi e femmine!) che salutano le nuove reclute;
quella del finto avvelenamento, dove i due albanesi tracannano il veleno
direttamente dalle taniche del cloro disinfettante della piscina, e dove
Despina li guarisce con strumenti di moderna telemedicina; i due dormitori,
femminile e maschile, dove prendono vita i pistolotti di Despina alle ragazze
(del reality, quindi a tutte le ragazze che lo guardano in TV) o quello di
Guglielmo ai maschi, con l’esibizione di riviste erotiche; le coreografie che
accompagnano la scena del finto matrimonio, …
Dal
punto di vista tecnico, l’ormai imprescindibile impiego della piattaforma
rotante (qui divisa in tre spicchi di 120°) rende possibili i frequenti
mutamenti di scena; per gli ambienti esterni (imbarco, piscina, terrazza sul
mare per gli incontri romantici, giardino per il matrimonio) uno schermo occupa
l’intera parete di fondo, dove sono proiettate immagini fisse o mobili. I costumi
sono ovviamente moderni, colorati, eleganti; non mancano smartphone e microfoni
portatili, schermi che diffondono ciò che avviene in scena…
Insomma,
tutte trovate intelligenti e mai volgari che rimuovono gli aspetti un po’ claustrofobici
del soggetto originale, tutto concentrato sui soli sei personaggi in scena.
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Notizie
eccellenti dal fronte dei suoni. Alexander Soddy ha perfettamente coadiuvato
l’impostazione registica con una direzione scoppiettante, senza mai un attimo
di respiro, ma supportando al meglio anche i pochi squarci lirici (le accorate
esternazioni di Firdiligi e Ferrando) grazie all’Orchestra che ha mostrato come
sempre grande compattezza, ma anche le sue risorse solistiche (corno in primo
luogo).
Il
coro diretto per l’occasione da Giorgio Martano ha fatto egregiamente la
sua (peraltro non massacrante) parte.
I
sei interpreti tutti all’altezza del compito. A partire dalla Elsa Dreisig,
una Fiordiligi dalla voce penetrante in tutta la gamma (perfettamente udibile
anche sulle note gravi). Grande maestria nel rendere la complessa personalità
della donna, piena di sensi di colpa e combattuta da dubbi esistenziali fino
all’ultimo. Punte di diamante della sua interpretazione l’aria Come scoglio immoto resta e il Rondò Per pieta, ben mio, perdona.
Nina
van Essen
ha sfoggiato la sua brunita voce mezzosopranile per valorizzare al meglio il
ruolo della più disinibita Dorabella. Da incorniciare le sue due arie: quella
truculenta (Smanie implacabili)
e quella ammiccante (È amore un ladroncello).
Sandrine
Piau
è una perfetta Despina, voce squillante, proprio maliziosa e sbarazzina, si
direbbe, esaltata dalle due arie, la prima con la negazione della fedeltà (In uomini, in soldati) e la seconda, con
la disinibita lezione alle ragazze (Una donna
a quindici anni).
Il
poliedrico e versatile Luca Micheletti impersona Guglielmo, mettendo al
suo servizio una voce sempre ben impostata, convincente nelle sue avances
amorose (Non siate ritrosi, occhietti vezzosi)
come nella tutto sommato bonaria e fatalistica invettiva contro le donne (Donne mie, la fate a tanti).
Il
complessato Ferrando è efficacemente interpretato da Giovanni Sala, che
sfoggia voce robusta e suadente, come nella sua aria Un’aura amorosa del nostro tesoro.
Su
tutti i maschi il DonAlfonso di Gerald Finley: splendida voce baritonale
e gran presenza scenica, come si addice al personaggio-chiave di tutta la
vicenda.
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Al
termine applausi a non finire per tutti, con punte per Dreisig e Finley. Fuori luogo
davvero i buh per Carsen. Che non tolgono a questa produzione – a mio modesto
avviso – il grande merito di aver chiuso davvero in bellezza la stagione 24-25.
Questa
sera, RAI5 alle 21:15 diffonde la registrazione di ieri; che resta poi per 15
giorni disponibile su RAI Play.
Chi può non se la perda!