sarà vero?

una luce in fondo ai tunnel

28 settembre, 2025

Anna A. di Silvia Colasanti alla Scala: una testimonianza di attualità.

Questa mattina alle 11 è andata in scena in anteprima, in un Piermarini discretamente affollato, la nuova opera di Silvia Colasanti (commissionatale dal Teatro) omaggio alla scrittrice e poetessa russa (ma nata in Ukraina) Anna Andreïevna Gorenko (autochiamatasi Achmatova, dal nome di suoi pretesi avi tatari) la cui vita attraversò, nel secolo scorso, l’intero percorso storico compiuto dal suo Paese a partire dagli ultimi anni dello zarismo, poi dalla Grande Guerra e fino alla cosiddetta de-stalinizzazione e all’arrivo al potere in URSS di Leonid Brezhnev 

Pietroburghese di famiglia agiata, nata nel 1889 in una località balneare ucraina (Bolshoi Fontan) a sud di Odessa, ancora sotto lo Zar potè viaggiare in Europa (anche in Italia e a Parigi, dove incontrò ed ebbe una relazione con Modigliani) e poi passò, come molti altri ucraini famosi (Prokofief, ad esempio) gran parte della sua vita nella Russia sovietica, divenendo anche membro dell’Unione degli scrittori russi. Visse così gli anni bui dello stalinismo, contro il quale prese posizione attraverso le sue opere letterarie, che le attirarono perciò la fastidiosa attenzione delle autorità.

Durante la WWII supportò la resistenza ai nazi della sua Leningrado con sue poesie patriottiche, trasmesse dagli altoparlanti nelle vie della città, come accadde anche alla Settima Sinfonia di Shostakovich. Città dove, peraltro, suo figlio Lev Gumilëv era stato incarcerato come sovversivo, prima di finire in un Gulag. Messa al bando dal regime, a Stalin defunto ottenne una tardiva riabilitazione e fu anche candidata per due anni al Premio Nobel, poco prima di morire, nel 1966, in un sanatorio nei pressi di Mosca.

Qui una fulminante presentazione della figura di Anna, opera del grande Alessandro Barbero.

E qui la presentazione del lavoro di Colasanti, condotta a due voci dall’autrice in coppia con l’impareggiabile Fabio Sartorelli.

Un soggetto, quindi, di grande attualità (rapporto fra arte/artista e potere dispotico, ruolo della donna nella società) ideato praticamente in coincidenza con l’invasione russa dell’Ukraina.

Soggetto – liberamente ispirato alle opere letterarie e alle vicende esistenziali della Achmatova - messo in parole dall’esperto di letteratura russa Paolo Nori (affiancato da Fabrizio Sinisi) e in scena da Giulia Giammona (con scenografia di Lisa Behensky, costumi di Giada Masi, luci di Andrea Giretti, video di Martin Mallon e coreografia di Andrea Bareggi). L’Orchestra è quella degli Accademici scaligeri, diretti per le prime quattro delle nove recite da Anna Skryleva, cui subentreranno Paolo Spadaro e Bruno Nicoli. Il Coro femminile, parimenti accademico, è affidato a Dario Grandini.

L’opera (un atto unico di circa 60’ di durata) ripercorre le vicende di Anna partendo dai suoi ultimi giorni in ospedale, poi retrocedendo nel tempo (1966 > 1938 > 1911) e quindi tornando al 1966 (con tappe al 1915 > 1921 > 1933 > 1934 > 1935> 1941 > 1940). In scena sono sempre l’ultima Anna e l’amica Lidia (di 17 anni più giovane) interpretate da due attrici che recitano la prosa dei loro interventi su un sottofondo musicale discreto e normalmente assai lento e monotòno; le due sono raggiunte di volta in volta dai personaggi che animano i nove flash-back ambientati nel citato percorso nel passato, personaggi che cantano normalmente, con appropriato accompagnamento strumentale: la Anna più giovane (Anna-del-Passato) e dieci personaggi storicamente vissuti, più il personaggio allegorico del Potere, il coro delle Madri di Leningrado e un personaggio che semplicemente aleggia, il figlio di Anna, Lev, invano atteso dalla madre che morirà senza poterlo rivedere.  

La musica di Colasanti è tendenzialmente diatonica, con poche escursioni dissonanti per sottolineare le scene più crude della vicenda. L’Orchestra – 27 elementi - è sistemata ben più in alto rispetto al piano della buca; una fisarmonica serve a impreziosire alcuni passaggi tipicamente russi della partitura. Da ricordare il ruolo del Glockenspiel ad evocare il mellifluo quanto ipocrita ammiccare del personaggio del Potere, nella sua aria propagandistica.

La scena occupa sostanzialmente il proscenio, con una struttura prismatica a due piani all’interno della quale si muovono gli interpreti, in quattro ambienti contigui. Anna e Lidia si sistemano di norma ai lati della struttura, salvo entrarvi quando l’azione lo rende necessario. Sullo sfondo un grande schermo reca indicazioni delle diverse tappe della vicenda o filmati e fotografie (dell’epoca, o ritraenti gli interpreti) a supporto del fluire degli avvenimenti.

I costumi sono fedeli all’epoca storica in cui è ambientato il soggetto. Evocativo dell’attualità che viviamo oggi l’abbigliamento delle tre Anne: lunghe vesti di colore blu e scialli o sciarpe di colore giallo. In scena compaiono anche due bambini, che impersonano Lev e Anna da piccoli.


Le due voci recitanti protagoniste (Anna e Lidia) sono quelle eccellenti di Elena Ghiaurov e Carlotta Viscovo, mentre tutte quelle cantanti meritano di essere accomunate in un collettivo elogio, proprio come ha fatto il pubblico, che alla fine ha tributato lunghe ovazioni ed applausi a tutti indistintamente gli artefici di questa impresa: gli Autori, gli interpreti e gli addetti a questa produzione che davvero onora il Teatro.  
___ 
Appendice. Il soggetto dell’opera.

1966 Sanatorio di Domoedovo. Lidia assiste Anna, ormai in fin di vita. Affiorano ricordi.

1938 Carcere Le Croci di LeningradoAnna ricorda gli anni del terrore e le notti passate davanti al carcere dove era imprigionato il figlio Lev. Appaiono Le Madri dei carcerati e la Anna-del-Passato, che rievocano quei momenti, quando stavano per ore in fila sperando di poter parlare ai loro cari imprigionati. Ora Anna spera che il figlio venga a trovarla, ma lui non arriva. Ricorda, quasi in sogno, il marito Nikolaj Gumilev che torna dall’Africa, nel 1911.

1911 Pietroburgo. Gumilev è tornato dall’Africa e incita la moglie a scrivere un libro. Si profila ormai all’orizzonte la Grande Guerra, e Anna ne è impaurita, Nicolaj deve andare al fronte, ma lei allo stesso tempo è inebriata dall’amore.

1915 Pietroburgo. Anna-del-Passato legge una sua poesia (Dammi molti anni di malattiain cui si dice pronta a rinunciare a tutto, purchè sulla Russia torni a splendere il sole. Il marito le mette fretta, devono andare ad una festa. Mentre scoppia la guerra? Sì, dobbiamo ballare, fosse anche l’ultimo ballo… A casa di Zinaida Gippius c’è il fiore degli intellettuali scomodi (Pasternak fra loro). Gran festa, ma compare la figura del Potere…  Anna ricorda il marito, andato in guerra per la Patria e poi, dopo la rivoluzione, fucilato dalla Patria. Perché, se poi fu riabilitato? Per niente. Lidia però le ricorda quando lei imparava a memoria le poesie di Anna, bruciandone poi i fogli, per evitare guai con la polizia. Ma così le poesie erano potute arrivare, tramite la sua memoria, anche nei Gulag. La poetessa Marina Cvetaeva ricorda i suoi scontri con i critici asserviti al regime e la sua fuga all’estero, simile a quella di tanti artisti (Rachmaninov, Stravinski, Nabokov, Prokofiev) di cui però si era pentita, tornando in Russia [come Prokofiev, ndr] sia pure per morirvi.

1921 Pietroburgo. Anna-del-Passato ha un commovente incontro con il poeta Mandel’štam. Anna ricorda lui e gli altri, compreso Pasternak e il suo Dottor Zivago.

1933 Pietroburgo, casa di Anna. Mandel’štam recita versi di Chlebnikov, che irridono il potere; Pasternak dissente, e allora Mandel’štam declama una sua ode a Stalin, piena di sarcasmo, al punto che Anna-del-Passato tura le orecchie al figlio Lev! Nuova apparizione del Potere! Anna e Lidia ricordano le tristi vicende di loro mariti, parenti e amici, messi a morte dal potere e magari poi riabilitati. Perché? Per niente!

1934 Mosca, casa di Pasternak. Suona il telefono: è Stalin! Che gli imputa l’amicizia con Mandel’štam, arrestato come sovversivo. Pasternak si schermisce e Stalin gli mostra tutto il suo disprezzo. Anna ricorda di aver scritto a Stalin per implorare la liberazione del figlio Lev e del marito Punin, imprigionati dal regime.

1935 Mosca. Anna-del-Passato chiede aiuto a Bulgakov perché interceda presso Stalin, consegnandogli la lettera. Bulgakov la avverte che Stalin sa tutto, legge tutto, anche i pensieri della gente! Anna-del-Passato e Anna (che intercala) leggono la supplica a Stalin. Supplica che Stalin esaudirà! Anna ora chiede se il figlio Lev è per caso arrivato. Arriva invece Marina Cvetaeva, che recita i versi di Anna (Dammi molti anni di malattia) scritti nel 1915. Ecco, la Russia si salvò, ma adesso ti hanno preso figlio e amico: ciò che si scrive in poesia, poi si avvera! Si presenta anche Mandel’štam, che recita, insieme ad Anna-del-Passato, versi di serena rassegnazione.

1941 Leningrado. I nazi sono alle porte, ma dagli altoparlanti nelle strade esce la voce di Anna-del-Passato (Tutta la mia vita è stata unita a Leningrado[Si ode la vera voce registrata di Anna, ndr]. Lidia ricorda come la ascoltavano alla radio, da Tashkent dove erano sfollati. La ricorda Pasternak, pure sfollato; la ascoltava anche Bulgakov, dalla sua tomba a Novodevice; la ascoltava anche Marina Cvetaeva, dalla fossa comune dove era sepolta; la ascoltava Mandel’štam, anche lui in una fossa comune. Si avanzano alcuni uomini emaciati; il poeta Gorodecki ricorda come orientavano gli altoparlanti verso il nemico, per fargli ascoltare la Settima di Shostakovich [dall’orchestra ne salgono, allargate, le note iniziali, ndr]: Noi siamo ancora vivi perché non uccidiamo, no: cantiamo.

Ma ora si fa avanti il Potere. Che arringa il pubblico, rimproverandogli la sua sete di libertà, che ha portato gli orribili frutti della guerra. No, il Potere vi darà la felicità, tutto ciò che desiderate; ma ad una condizione, di prendersi la vostra libertà!

A Lidia che domanda se solo in Russia c’è un simile potere, Anna risponde che l’antidoto è la poesia! E, ricordando le interminabili e fredde notti di quel 1938 trascorse davanti al carcere sperando di aver notizie del figlio, lei ha trovato la poesia e le donne (In Russia, voi lo sapete, tolte le donne non resta più niente). Anna spera ancora che Lev venga a tm trovarla, ma Lidia la disillude.

1940 Leningrado, le carceri. Anna-del-Passato e le Madri ancora pregano per tutte le donne che passavano intere giornate davanti a quel carcere. E Anna risponde a sua volta con il ricordo di quei giorni, che resterà indelebile [nei suoi versi di Requiem, ndr]; e se la sua bocca verrà messa a tacere, ebbene, saranno loro, quelle Madri, a ricordarla. E se poi qualcuno pensasse di farle un monumento, ecco, lo innalzi lì, davanti a quelle rosse mura carcerarie.   

E dalle immobili palpebre di bronzo,

la neve che si scioglie scorra come lacrime,
e il colombo delle carceri tubi, lontano,
e vadano, tranquille, le navi lungo il fiume.
___

Nessun commento: