Ieri sera la
Scala ha ospitato la terza di Die Soldaten, quest’opera mastodontica
(quanto meno dal punto di vista dell’ipertrofia di risorse umane e materiali
che reclama) uscita dalla penna di Bernd
Alois Zimmermann or sono 50 anni: la prima esecuzione ebbe infatti luogo
lunedi 15 febbraio 1965 a Colonia, diretta da Michael Gielen.
Il soggetto –
di cui riporto più sotto una sinossi - fu tratto dallo stesso Zimmermann dal
dramma settecentesco del lettone- tedesco Jakob
Michael Reinhold Lenz di pari titolo. Assai sbrigativamente si attribuisce
pertanto all’opera un prevalente carattere di proclama o manifesto contro gli
orrori della guerra: c’è anche questo, ovviamente, ma la morale si potrebbe più
precisamente indicare con il famoso motto hippie
(divenuto di moda ai tempi e poco dopo la composizione dell’opera) fate l’amore e non la guerra, beninteso
l’Amore con la maiuscola, e non il volgare piacere che viceversa muove le
azioni dei militari (non tutti, per la verità) protagonisti del dramma.
Militari di
cui sono vittime la povera Marie e il
suo ingenuo innamorato Stolzius, due
figli del ceto borghese. Lei finirà i suoi giorni sul marciapiede; lui si
suiciderà dopo aver mandato al creatore il militare responsabile primo della
brutta fine di Marie. Lei però – come spesso accade ancor oggi, ahinoi – ci
mette anche parecchio di suo nel tirarsi addosso le disgrazie: insomma, da
quanto vediamo e sentiamo in scena, il suo comportamento non è propriamente
irreprensibile, quanto meno pare trattarsi di una ragazza assai facilmente
vulnerabile da qualunque attenzione galante sia fatta oggetto. Per di più chi
le sta vicino in famiglia (il padre, in particolare) non sembra aiutarla molto
a tenere la testa sulle spalle (la sorella maggiore è invece fin troppo
irreprensibile, ma non ha nessuna autorità su di lei). Insomma, è la tragica vicenda
di una ragazza qualunque che Lenz (quasi 250 anni fa) e più recentemente
Zimmermann ambientarono nel mondo dei militari per condannare in realtà ogni
forma di sopraffazione (di stupro
leggiamo nella didascalia a fronte del quarto atto) presente nella società e di
cui l’essere umano (la donna, in particolare) è vittima: il che è purtroppo una
costante universale, nello spazio e
nel tempo. Perché ben sappiamo che vicende di sopraffazione spesso e volentieri
si ripetono anche oggi, pur in scenari diversi da quello militare: oggi la sala
da caffè di Armentières o la casa di madame Bischof si chiamano magari social-network
o discoteca, che da spazi di svago e di incontro si trasformano per qualcuno,
militare o borghese poco importa, in terreni di caccia e di malaffare, e per
qualcuna – poco attrezzata a difendersi dalle tentazioni - in trappole
infernali che portano alla perdizione.
A ben vedere,
i primi tre atti del dramma sanno piuttosto di commedia agrodolce, di reality, con innamoramenti, tradimenti,
delusioni sentimentali, dimostrazioni di incapacità dei genitori (della
borghesia però, perché invece la nobile La Roche mostra di sapere come si
educano i figli!): vicende pienamente trasportabili anche nel nostro mondo
cosiddetto moderno (dove magari con le guerre non hanno apparenti legami di
causa-effetto); il tutto contornato da volgari scenette di bella vita di
militari disoccupati (!) e dediti, oltre che a cercare avventure galanti
(applicando l’eterno principio dell’usa-e-getta
di cui Marie farà le spese) persino a disquisire di filosofia e di massimi
sistemi.
E alla fine
del terzo atto ancora nulla di irrimediabile è accaduto: l’offerta della
contessa e il presumibile perdurare dell’amore di Stolzius (e persino la
disponibilità del capitano Mary!) potrebbero garantire a Marie un’esistenza
dignitosa: non sarà così a causa dell’ennesima illusione che porterà la donna a
subire, dopo le frustranti seduzioni, anche l’umiliazione più grande: la
violenza dello stupro. Si noti di passaggio come le seduzioni – di cui la sedotta è in qualche modo corresponsabile –
siano perpetrate da esponenti militari della nobiltà, che impiegano incruenti quanto subdoli mezzi di
persuasione (a partire dal loro status)
per attirare in trappola la preda, che poi usano per sfogare i loro bassi
istinti e subito dopo scaricano ad un collega o direttamente sul marciapiede; mentre
lo stupro – atto di pura
sopraffazione tramite impiego di violenza – è compiuto da un soldato semplice,
ergo proveniente dai ceti plebei.
Come dire: la
plebe sa solo usare la forza, mentre i nobili usano… l’ingegno: ma alla fine
sempre di sopraffazione si tratta e proprio i nobili – non appena i problemi si
fanno seri – diventano i più biechi guerrafondai. Ecco: le crude immagini e i
terrificanti suoni che rimandano alla guerra, che vediamo e udiamo nella
potentissima scena finale, in realtà ci vogliono ricordare, in modo
disturbante, come le guerre siano non la causa ma l’effetto della mancanza di
solidi valori morali nella società umana, il che porta al prevalere della
violenza sulla ragione, delle armi sul dialogo, in definitiva dell’odio
sull’amore. Messaggio quindi di assoluta attualità, non solo ai tempi di Lenz,
dove obiettivamente la casta dei militari pilotava gli orientamenti dei
costumi, ma anche ai tempi di Zimmermann (si era sull’orlo della terza guerra
mondiale, atomica!); e di attualità
ancor oggi, in una società dove non è certo il militare a dettare i trend e a forgiare i costumi, ma dove
permane una penuria di valori che continua a produrre mille Marie al giorno.
Sul piano estetico generale,
escluderei personalmente di definire questo un capolavoro, riservando l’impegnativo
termine ad opere che se lo meritano davvero, come quelle di Berg da cui palesemente Zimmermann ha scopiazzato - a 25-35 anni di distanza -
idee e soluzioni. Quel che è certo è che si tratta di un pezzo teatralmente
interessante e coinvolgente, che merita di essere, almeno qui da noi,
maggiormente divulgato: riprendendolo alla Scala in una prossima stagione, ad
esempio, al posto dell’ennesima riproposta di una qualche Tosca o Aida da
strapazzo…
___
Sul piano
musicale, Zimmermann abbraccia in pieno la tecnica seriale, combinandola con l’impiego di forme e contenuti da tutta
la storia della musica (dal Dies Irae ai Corali di Bach e giù fino al jazz). Le prime 12 scene (tre atti,
5-2-5) sono fondate su altrettante serie
dodecafoniche che Zimmermann ha costruito evidentemente a fronte delle sue
esigenze espressive: serie che si prestano quindi, magari impiegando
trasposizioni e i soliti metodi fiamminghi (canone retrogrado, inverso, etc.) a
supportare le più diverse situazioni sceniche. Una 13ma serie è impiegata negli
Interludi orchestrali.
Pur non
potendosi parlare di applicazione della tecnica dei Leit-motive, è stato rilevato come l’impiego di alcune serie si
possa associare a personaggi o a loro particolari atteggiamenti, come ad
esempio l’amore di Marie per Stolzius, che è formato da frammenti della serie 1, su cui poggia la prima scena
dell’opera:
Inoltre ci
sono alcune note che assumono
carattere emblematico: il RE, che un po’ come nel DonGiovanni marca i momenti
cardinali dell’opera, a partire da subito (martellare dei timpani nel Preludio)
e per finire alla chiusura (l’unisono di tutta l’orchestra); o il MIb, che
compare sempre a sottolineare l’astio di Stolzius per Desportes, il militare responsabile della brutta fine di Marie.
Altre ricorrenti figurazioni sono il totale
cromatico (tutte le 12 note della scala suonate contemporaneamente) che
apre il Preludio e poi torna assai di frequente per sottolineare momenti topici
del dramma; o le quintine di
semicrome, che vengono impiegate spesso in funzione ritmica e quasi sempre
basate su RE.
Zimmermann non
si limita ad impiegare le serie dodecafoniche, ma si spinge talvolta anche al
di là delle colonne d’Ercole del sistema cromatico, fino al dettaglio del quarto di tono (si veda nel Preludio, poco
dopo l’entrata del Dies irae
nell’organo, la prescrizione per i contrabbassi):
Poi, nella chiusa
del medesimo Preludio, fa suonare parte degli archi in RE# e parte in MI
abbassato di un quarto di tono:
Oltre ad
impiegare una batteria sterminata di percussioni più o meno tradizionali e
dislocate più che altro fuori scena, Zimmermann inventa anche percussioni da caciara, per le quali fornisce però,
con meticolosità quasi paranoica, indicazioni dettagliatissime. Eccole
qua, nella presentazione della prima scena del second’atto, quella ambientata nella
caffetteria di Armentiéres, dove non solo si descrive la disposizione dei diversi
tavoli sui due piani del locale, ma addirittura si prescrive come ciascun
avventore (solo i 6 tavoli occupati da anonimi militari ne contano 18!) debba percuotere i tavoli stessi, le sedie e
le tazze (le tazze piene e quelle vuote, si noti bene!) e con quali posate (se cucchiai
da caffè o cucchiai da the!):
L’ultima indicazione in basso riguarda
la raccomandazione dell’Autore (a scenografo e regista…) di rispettare
scrupolosamente la disposizione dei tavoli!
Ed ecco come compaiono in partitura alcuni
dei tavoli, con voci e… percussioni:
Zimmermann arriva francamente ad
eccessi di dettaglio anche nella strumentazione, come dimostra questa pagina
(scena 4 dell’atto III) dove gli archi sono divisi in non
meno di 47 (11-10-10-9-7) parti!
Il massimo della complicazione e
quindi della difficoltà per lo spettatore di afferrare compiutamente ogni
dettaglio di ciò che avviene sul palcoscenico (e in ogni dove, per la verità) è
raggiunto nell’atto finale, in particolare nella prima scena, sempre ambientata
nella caffetteria, ma arricchita da ben tre serie di proiezioni di filmati e da
voci e suoni provenienti da altoparlanti, e poi nella scena finale che prevede
l’impiego di una batteria di altoparlanti che diffondono suoni legati a manovre
militari o a diverse esternazioni di voci umane riguardo ad eventi
dell’esistenza (nascita, amore, morte).
E a proposito di tempi del dramma, già
Lenz aveva rifiutato la regola del teatro aristotelico (unità di tempo, luogo e
azione) per presentare contestualmente eventi distanti fra loro di spazi e
tempi i più disparati. Zimmermann raccoglie in pieno il testimone dello
scrittore settecentesco e lo traduce in una serie di accorgimenti narrativi che
vanno – nel caso più semplice – dalla giustapposizione di scene che si svolgono
in luoghi e tempi diversi (ma legate da qualche nesso diretto di causa-effetto)
alla presentazione contemporanea di scene che si riferiscono a situazioni
almeno apparentemente indipendenti l’una dall’altra, ma che in realtà
rappresentano contestualmente passato, presente e futuro. Esempio del primo tipo:
le prime due scene dell’opera, che ci mostrano in rapida successione ciò che
avviene a casa Wesener (la scrittura di una lettera) e ciò che avviene a casa
Stolzius al ricevimento della stessa. Esempio del secondo tipo: la seconda
scena del second’atto, dove assistiamo in parallelo alla fatale seduzione di
Marie da parte di Desportes, insieme ai cupi presentimenti della nonna di Marie
sulla sorte della nipote e alla disperazione di Stolzius nell’apprendere del
tradimento dell’amata. Infine, la prima scena dell’atto conclusivo tocca, come
detto, il culmine della sfericità
dello spazio-tempo di Zimmermann, che ricorre all’impiego di tre proiezioni
contemporanee e alla diffusione elettronica di suoni (musica concreta) registrati
su nastro per renderci partecipi del tremendo destino di Marie.
Le citazioni.
Le chiamo impropriamente così, per rendere l’idea. In realtà sono riferimenti
concreti a musiche del passato che Zimmermann impiega per rinforzare il suo
messaggio. Del Dies Irae ho già
accennato a proposito del Preludio, ma esso torna, sempre (e non a caso)
nell’organo anche nell’Intermezzo del second’atto, quasi ad anticipare l’ira
divina per ciò che sta per accadere alla povera Marie. E nello stesso brano
troviamo anche una delle citazioni (alla lettera, leggi: tonalità) di Bach,
precisamente il Corale Komm, Gott, Schöpfer, heiliger Geist, che sembra quasi un’implorazione all’Onnipotente
perché impedisca il misfatto che si materializzerà di lì a poco ai danni della
(complice?) ragazza:
E Bach torna appropriatamente nella
scena in questione (sezione Corale)
dopo che Desportes ha sedotto Marie, a sottolineare un duplice tradimento: quello della donna nei
confronti di Stolzius e quello dello stesso seduttore nei confronti della
povera ragazza, destinata ad essere usata-e-gettata
senza misericordia. E allora cosa udiamo qui di Bach? Nella stessa tonalità e
riprendendone puntualmente le quattro voci, flauto in SOL, oboe, clarinetto
basso e trombone citano dalla Matthäus-Passion
un frammento del Corale Ich bin’s ich sollte büßen, che segue precisamente l’annuncio di Gesù del tradimento di uno dei 12!
Tutte le scene dell’opera hanno un
attributo che riporta ad antiche forme musicali: ciaccona, ricercare, toccata,
notturno, capriccio, corale, rondino, rappresentazione, tropo. Si tratta di
riferimenti abbastanza labili, che indirizzano più che altro verso personaggi o
situazioni fra loro legate. Così ad esempio la ciaccona caratterizza le scene in cui è (co)protagonista Stolzius
(seconda scena degli atti I, II e IV); la toccata
è prevalentemente attribuita alle scene che hanno per protagonisti i militari (quarta
dell’atto I e prima degli atti II e IV) e i due ricercari sottolineano altrettanti incontri galanti di militari con
Marie (terza scena degli atti I e III).
Quanto alle voci, le tessiture sono
spinte all’estremo: come il FA sovracuto per Marie, ma anche i DO acuti per i
due mezzosoprani di Charlotte e La Roche e per i tre tenori: o i LAb che
toccano i due baritoni di Stolzius e Mary. L’emissione comprende, oltre al
canto puro, anche il parlato puro, il mezzo
canto mezzo parlato, lo Sprechstimme,
l’urlato, il tonus rectus: insomma,
alle voci è richiesto un impegno davvero improbo.
Come detto, le masse orchestrali sono
enormi e soltanto le percussioni richiederebbero una seconda fossa orchestrale:
vengono quindi posizionate di norma in palchi o addirittura in altri locali del
teatro e il loro suono diffuso da altoparlanti. A proposito di diffusione,
l’ultima scena dell’opera comporta – secondo dettagliatissime disposizioni
planimetriche presenti in partitura - la dislocazione in diverse posizioni
della sala di ben 10 gruppi di altoparlanti, ciascuno con specifiche
destinazioni, quanto a contenuti sonori da diffondere:
Beh, ce n’è abbastanza per dubitare
dell’equilibrio mentale del compositore (smile!)
che sembra aver pensato a bella posta soluzioni tali da rendere ineseguibile il suo lavoro. Ed infatti,
ineseguibile fu in un primo momento giudicato dal Teatro che lo aveva
commissionato, anche se poi il tempo è stato galantuomo con Zimmermann,
portando la sua opera ad essere più volte rappresentata con successo in vari
teatri europei ed americani.
___
Passiamo ora
ad esaminare la struttura e i contenuti dell’opera. Una curiosità: per le prime
9 delle 15 scene abbiamo una regolare alternanza di luogo fra Lille e
Armentières (in realtà nella settima scena vedremo sovrapporsi i due luoghi).
Le restanti 6 scene si svolgono così: 3 consecutive a Lille e 3 consecutive ad
Armentières.
Preludio
Prepara lo
spettatore allo scenario tragico che caratterizzerà poi la conclusione
dell’opera. Ne sono emblemi il totale
cromatico che lo apre e i lugubri e spaventevoli colpi di timpano che ne
sottolineano la gran parte, oltre al Dies
Irae che compare nell’organo verso la fine.
Atto I
Introduzione: è caratterizzata da quintine di
semicrome (inizialmente in MIb nei corni, a riprendere il RE# su cui si era
chiuso il Preludio) che vagano alle trombe e alle percussioni.
Scena 1 (Strofe): siamo a Lille, in casa
Wesener (commerciante di moda) dove troviamo le due figlie (Charlotte, la
maggiore, e la più giovane Marie) dedite rispettivamente a cucire e a scrivere
una lettera. Il sottotitolo della scena si spiega con la presenza di 4 strofe
cantate da Charlotte (che evoca le pene del cuore) e che sono intervallate da
interventi di Marie che chiede aiuto alla sorella sulla forma da usare in una
lettera che sta scrivendo alla madre di Stolzius, per ringraziarla
dell’ospitalità da questa recentemente offerta a lei e sorella (e che ha fatto
nascere l’amore fra Marie e Stolzius medesimo). Dopo un battibecco fra le due
sorelle, dovuto alla reticenza di Marie sulla parte della lettera che
evidentemente contiene espressioni dirette all’uomo di cui è innamorata, la
scena si chiude sulla quarta strofa di Charlotte, con il suo ennesimo e
pessimistico filosofeggiare.
Scena 2 (Ciacona I): siamo ad
Armentières, a casa di Stolzius (commerciante di stoffe) dove altre quintine
(del flauto in SOL) sul RE introducono l’uomo che dice alla madre di non
sentirsi bene. Lei immagina siano pene d’amore, per quella Marie (una ragazza
da quattro soldi…) che era stata ospite a casa loro. E della quale ha in mano
una lettera (precisamente quella che Marie stava scrivendo nella scena
precedente) che subito Stolzius le strappa di mano, in viva eccitazione, mentre
la madre lo richiama al dovere (preparare la stoffa ordinata dal colonnello del
Reggimento).
Tratto I
È un
Interludio piuttosto burrascoso, che tende a sottolineare l’atmosfera della
fine della scena precedente (il
subbuglio nell’animo di Stolzius) più che preparare quella della scena
successiva, che invece è di carattere leggero, anche se scopriremo poi che vi
si annida la scintilla da cui si innescherà il colossale falò che
caratterizzerà il seguito dell’opera.
Scena 3 (Ricercari I): siamo tornati a
Lille, casa Wesener. La scena è suddivisa in tre parti: dapprima si presenta
Desportes, il barone che subito si mette a corteggiare Marie. La quale respinge
sì le cortesie del militare, ma lo fa con atteggiamento tutt’altro che fermo.
Il colloquio fra i due avviene su canoni a specchio, da cui il sottotitolo
della scena. Arriva poi Wesener, che subito mostra la sua autorità negando a
Desportes il permesso di portare la figlia a teatro. Desportes se ne va seccato
e, nella terza parte della scena, Wesener spiega alla figlia le ragioni del suo
diniego: dei militari c’è poco da fidarsi, con loro una brava ragazza rischia
di fare una brutta fine! Marie lamenta fra sé l’eccessiva invadenza del padre:
lei non è più una bambina…
Scena 4 (Toccata I): siamo lungo il
fossato che circonda Armentières ed incontriamo l’ambiente militare, con il colonnello
e i capitani Mary e Haudy, attorno ai quali troviamo il giovane conte La Roche,
il cappellano Eisenhardt e un altro capitano, Pirzel (una specie di filosofo)
più tre giovani ufficiali. La presenza massiccia di ottoni, che ovviamente si
presta ad evocare l’ambiente marziale, giustifica anche il sottotitolo della
scena. Scena divisa musicalmente in tre parti: all’inizio i militari discutono
sulle funzioni, ehm… maieutiche del teatro (toh, quello dove Desportes voleva condurre
Marie). È Haudy a sostenere la tesi, scontrandosi con Pirzel e col cappellano.
Nella sezione centrale della scena le voci dei militari si sovrappongono,
mentre la discussione si anima e tocca il tasto femmine: ad un’affermazione del colonnello in difesa delle ragazze
messe incinte controvoglia, Haudy sbotta con la lapidaria sentenza: una puttana sarà sempre una puttana! Nella
sezione finale (che ricalca musicalmente la prima) la discussione si chiude
senza risultato: Haudy chiede retoricamente al cappellano se per caso intenda sostenere
che dei nobiluomini si mutino in altrettante bestie per il solo fatto di
entrare nell’esercito; il cappellano ribatte che non cambierà opinione finchè
tante ragazze borghesi saranno ridotte in condizioni d’infelicità.
Scena 5 (Nocturno I): il sottotitolo
rinvia egualmente all’atmosfera materiale (è notte) ed anche a quella
spirituale della scena, che si svolge in casa Wesener, protagonisti padre e
figlia minore. La scena è divisa in due sezioni: nella prima i due sono a
colloquio a proposito delle avances di
Desportes; Wesener chiede alla figlia se il barone le ha parlato di Amore. Lei risponde che Desportes le ha
recapitato una… poesia! Una poesia, letta stentoreamente da Wesener, tanto
delirante quanto insincera! E il colmo della situazione non è che a cadere in
trappola sia l’ingenua Marie, ma il di lei preteso responsabile paparino! Che
beve fino in fondo il calice di melassa di Desportes e augura ogni bene alla
figlia. La quale (secondo colmo,
oltre che seconda parte della scena) comincia ad avere dubbi poiché - come
recita in una vera e propria aria –
ammette di amare tuttora Stolzius e chiude con un’espressione tanto angosciata
quanto disperata: che Dio mi strafulmini pure… e i fulmini puntualmente
arrivano, sotto forma di un gran temporale, di cui Zimmermann ci dà la sua
versione dodecafonica.
Atto II
Introduzione: di chiaro stampo militare, è aperta da una quarta ascendente (RE-SOL) che
è tipica di marce o cori a carattere militaresco. Di sole 17 battute, serve ad
introdurre l’atmosfera della scena successiva.
Scena 1 (Toccata II): il sottotitolo già ci
indirizza verso l’ambiente militare, che nella fattispecie non è una caserma
(dove verosimilmente stazionano scomodamente i soldati semplici) ma un elegante
locale da caffè di Armentières, gestito da madame Roux e frequentato quasi
esclusivamente da ufficiali e da borghesi in qualche modo legati al mondo dell’esercito.
Vi troviamo riuniti tutti i militari già incontrati nella scena 4 dell’atto I, più
il contino La Roche; poi vi arriverà il borghese Stolzius; infine c’è una
danzatrice andalusa, più una squadra di 18 anonimi ufficiali che occupano 6 tavoli
sui due piani del locale. Ed ancora altri militari sparsi (un ufficiale
ubriaco, tre alfieri). La scena, come la precedente Toccata I, è strutturata su tre sezioni, dove la terza ricalca la
prima. Si è già accennato al colossale armamentario di percussioni da tavola previsto qui da Zimmermann.
Anche questa scena si divide in tre parti: nella prima abbiamo la caciara
globale, con grida e percussioni; su essa spiccano poi le entrate del
cappellano e di Pirzel, che stigmatizzano le espressioni irridenti dei militari
nei confronti di Stolzius. Segue poi una scena di danza, protagonisti tre
ballerini: sono 5 strofe e un ritornello. Poi segue una band di jazz che
accompagna la danza della ragazza andalusa. Infine arriva Stolzius, che viene
impertinentemente interrogato ed apostrofato dai presenti a proposito di Marie
e di Desportes: lui cerca di negare tutto, ma poi i suoi nervi saltano, quindi
maledice (sul MIb!) Desportes e se ne va via sdegnato.
Intermezzo: è una specie di compendio degli avvenimenti testè accaduti, e di
premonizione per ciò che accadrà tra poco. Si è già ricordato che comprende le
citazioni del Corale di Bach Komm, Gott
e del Dies Irae.
Scena 2 (Capriccio, Corale e Ciacona II):
siamo tornati a Lille, a casa Wesener. I tre sottotitoli caratterizzano
altrettante sezioni della scena: dapprima Marie è sola in casa e viene
raggiunta da Desportes, proprio mentre legge una lettera di Stolzius, nella
quale l’innamorato che si sente (ormai quasi) tradito le fa le sue rimostranze.
Marie è in lacrime, ed è anche tanto sciocchina da far leggere la lettera a
Desportes! Il quale si mette ad insultare Stolzius e vorrebbe scrivere lui la sprezzante
risposta. Marie resiste per un po’, ma poi – involontariamente o no? – è
proprio lei a mettersi a stuzzicare il barone, arrivando persino a fargli il
solletico e facendosi poi rincorrere per tutta la casa come una preda…
consenziente? E qui Zimmermann fa precipitare la situazione nel tragicomico, o
nel surreale: mentre vediamo la nonna di Marie attraversare la scena per poi esporre
le sue preoccupazioni per il futuro della figlia - intonando un vero e proprio
Lied (Rösel aus Hennegau) tolto di peso dal dramma
di Lenz - sul fondo si intravedono, da una parte, Marie e Desportes ormai in
fase di aperta consumazione dell’atto sessuale, e dall’altra, in casa Stolzius,
l’innamorato tradito che si dispera leggendo una lettera di Marie, mentre sua
madre cerca invano di convincerlo a dimenticare quella puttanella. Ma lui
(supportato dal MIb tenuto degli archi) giura di farla pagare cara a quel
bastardo di Desportes!
Atto III
Preludio: abbastanza breve (38 battute) è tutto giocato sul dialogo fra le diverse
sezioni orchestrali. Crea un’atmosfera di incertezza, di attesa per il
successivo evolversi dell’azione.
Scena 1 (Rondino): siamo tornati lungo
il fossato che circonda Armentières, dove il cappellano Eisenhardt e il
capitano Pirzel passeggiano, come sempre discutendo e filosofeggiando. Il
cappellano commenta il trasferimento a Lille del capitano Mary, domandandosene
la ragione (sapremo presto che la ragione è… Marie!) Poi continua ad esternare
comprensione per la condizione della donna, che invece il filosofo Pirzel
paragona alla pecora (!)
Scena 2 (Rappresentazione): ci troviamo
a Lille, alloggiamenti del capitano Mary, dove arriva improvvisamente un quasi
irriconoscibile Stolzius, che si è arruolato nell’esercito (per potersi
vendicare di Desportes, evidentemente) e viene a proporsi come aiutante del
capitano, che lo accoglie con grande calore e lo nomina suo attendente (col
nome di Kaspar, come si scoprirà presto). Il sottotitolo fa pensare ad una
scena di canto monteverdiano
(recitar-cantando).
Scena 3 (Ricercari II): restiamo ora a Lille,
casa Wesener, dove Charlotte e Marie sono come sempre ai ferri corti: dalle
parole che le rivolge la sorella (che senza mezzi termini le dà anche della
sgualdrina) siamo portati a pensare che Marie si sia messa con Mary, che la
riempie di regali, e anche perché lei stessa confessa che Desportes se n’è
andato. Arriva Mary con l’attendente Stolzius, non riconosciuto, e si porta a
spasso la ragazza, che però lo costringe anche a rimorchiare la sorella (?)
Sull’attendente le donne mostrano di avere qualche dubbio; e lo stesso Mary fa
una chiara allusione al rifiuto a suo tempo opposto da Marie alle offerte di
Stolzius, ma anche alle colpe di Desportes, che Marie conferma. Il sottotitolo,
e anche il canone a specchio, rimandano alla scena 3 del primo atto, in
occasione del corteggiamento di Desportes a Marie.
Romanza: è di fatto un interludio, dal carattere sognante, tutto giocato sulle
sonorità delicate di arpa, tastiere e percussioni… tintinnanti. Serve ad introdurre
la scena successiva, che si svolge in casa di un personaggio che incontriamo
per la prima volta.
Scena 4 (Nocturno II): sempre a Lille,
casa della contessa La Roche, che dopo aver mandato a letto il suo vecchio
servitore canta un lungo arioso, caratterizzato
dall’accompagnamento degli archi minuziosamente divisi. Lei è preoccupata per
il figlio (che avevamo già incontrato in precedenza, anche al locale del caffè)
poiché lui pare aver preso una sbandata per… indovina chi? Marie! Così, quando
il contino rientra, lei lo convince ad accettare uno scambio: lui se ne andrà
lontano da Marie, e lei si prenderà cura della povera ragazza! Ciò che si
potrebbe dedurre dal testo e dalla musica di Zimmermann (in questa scena
davvero diversa dal resto) è un suo
occhio di riguardo per la nobiltà (per lo meno la parte più aperta, impersonata
dalla contessa) che sovrasta eticamente – pur ligia a principii di natura
conservatrice - sia il mondo dei militari che quello dei borghesi.
Scena 5 (Tropi): Lille, casa Wesener.
Charlotte, sempre più irritata dalla condotta della sorella, ci fa capire che
anche Mary si è dileguato per correr dietro ad altra preda, mentre la povera
Marie adesso spera nel contino La Roche! Arriva a proposito la contessa che,
dopo aver chiaramente denunciato la cattiva fama di cui gode Marie insieme alle
sue fallaci pretese di accasarsi con un nobile, reca tuttavia la sua caritatevole
proposta di prendere le due sorelle come dame di compagnia, in cambio della
rinuncia di Marie a suo figlio, del resto già promesso. Qui abbiamo una filosofica esternazione della contessa
sulle tristezze della vita, che viene ripresa nientemeno che da un terzetto femminile in piena regola. Poi
ecco la conclusione ambigua, che ci fa sospettare che per Marie i guai non
siano purtroppo finiti.
Atto IV
Preludio: introduce in modo davvero truculento questo ultimo atto, in cui si tirerà
l’amara morale di tutte le vicende narrate in precedenza. Chiuso il Preludio,
il primo atto visibile, anzi udibile, è la comparsa del servitore della
contessa che urla drammaticamente: Marie
fuggita!
Scena 1 (Toccata III): la didascalia
avverte che si tratta di una scena onirica.
Siamo tornati nel locale da caffè ad Armentières, adesso ulteriormente
affollato, ospitando tutti i protagonisti, nessuno escluso ed anche loro controfigure.
La scena però è buia e rischiarata solo da lampi di luce, tipo psichedelico. In
più ci sono tre serie di 6 film ciascuna che vengono contemporaneamente
proiettate su altrettanti schermi, con tempi variamente sfalsati, i cui
contenuti rievocano avvenimenti passati, o presenti? o futuri? Le voci emettono
semplici lamenti, salvo alcune che cominciano a pronunciare due frasi che poi
si ripeteranno: E gli unici a godere
sarebbero coloro che commettono ingiustizie? / E dovrebbero tremare coloro che subiscono l’ingiustizia?
Mentre nella
sala da caffè continua il tourbillon, ecco i filmati. La prima serie di film
(muti) mostra Desportes in carcere, mentre scrive una lettera, poi Marie che
fugge dalla casa della contessa per incontrare il fuciliere di Desportes,
infine il fuciliere che aspetta Marie per consegnarle la lettera. La seconda
serie (sonori) presenta Desportes che balla il twist ad una festa, poi Marie inginocchiata davanti alla contessa e
infine ancora il fuciliere che scruta Marie in fuga e comincia a concupirla. La
terza serie (sonori) presenta la danza dell’andalusa (come nell’atto II) poi il
vecchio Wesener che si dispera, quindi ancora il fuciliere che punta Marie. La
quarta serie (muti) mostra Marie che si rende conto della trappola in cui la
lettera di Desportes la sta attirando, poi Marie e Mary colti in flagrante
dalla contessa in giardino, infine Stolzius che va a comprare veleno per topi e
Marie che viene violentata dal fuciliere. La quinta serie (muti) mostra Marie
che fugge, Mary a cavallo, poi Wesener e Charlotte che tornano a casa disperati
per non aver trovato Marie e infine il servitore della contessa che chiede
notizie di Marie alla sorella, che alza le spalle. L’ultima
serie di film (sonori) sull’attacco di secchi colpi di timpano sul RE, mostra
il fuciliere che si avvicina a Marie, poi Desportes che balla il twist, infine
Marie che ormai ha capito che sarà preda del fuciliere. Ora siamo nel locale di
madame Bischof (un bordello in realtà) dove si ballano i più diversi balli di
ogni epoca, mentre continuano ad udirsi le due frasi sull’ingiustizia. Si passa
poi ad un’ambientazione virtuale in un tribunale, con i tre schermi che
contemporaneamente proiettano lo stupro di Marie da parte del fuciliere; le due
frasi sull’ingiustizia si ripetono, mentre i diversi personaggi esternano i
rispettivi sentimenti di orrore; contemporaneamente si muovono in luoghi e
tempi diversi: Marie che fugge verso Armentières, Charlotte che torna a casa,
la contessa e la madre di Stolzius che si chiedono cosa fa Desportes con Marie,
Desportes in carcere che teme di incontrare Marie, Stolzius che va in farmacia
per acquistare veleno per topi… La scena si chiude sull’ennesima proposizione delle
frasi sull’ingiustizia.
Tratto II: sono soltanto 11 battute affidate all’organo e a poche percussioni; si
chiudono su un totale cromatico.
Scena 2 (Ciacona III): siamo sempre ad
Armentières, a casa del capitano Mary, dove troviamo anche il suo attendente
Stolzius e Desportes. Mary e Desportes discutono della vicenda di Marie, che il
primo in qualche modo difende (l’avrebbe quasi voluta sposare!) mentre il
secondo continua a considerare null’altro che una puttana, di cui vorrebbe perdere
persino il ricordo. Stolzius ascolta tutto e mette veleno per topi nella
minestra destinata a Desportes, di cui lui stesso ingurgita una parte prima di
servirla in tavola. Desportes muore, Mary si avventa su Stolzius che lo
previene avvertendolo del suo suicidio, prima di morire pronunciando il nome di
Marie.
Scena 3 (Nocturno III): siamo sulla
sponda della Lys, lungo la quale sfilano interminabili colonne di caduti in
guerra, mentre un film proietta il passaggio di carri armati; si odono dagli
altoparlanti comandi di esercitazioni militari in diverse lingue (tedesco,
francese, russo, inglese, polacco, americano, italiano); dall’altra parte ufficiali
dell’esercito si dirigono verso il locale della Bischof. Si fa sera e lì vicino il padre di
Marie si aggira impietrito e senza meta, mentre il cappellano Eisenhardt recita
il Paternoster e gli altoparlanti diffondono 6 gruppi di suoni legati a diverse
fasi della vita: nascita, amore e morte. Una donna (Marie, che lui non
riconosce) chiede a Wesener l’elemosina; lui la scaccia. Mentre il
cappellano continua il Paternoster una tromba intona un motivo jazz e un altro
gruppo di ufficiali va verso il locale della Bischof e alcuni jazzisti
circondano Marie ballando. Dagli altoparlanti ora
risuona in lingue di diversi Paesi (Germania Ovest, DDR, Inghilterra, USA, URSS
e Cecoslovacchia) il comando di corsa! Marie chiede ancora qualcosa
da mangiare, mentre si odono dagli altoparlanti rumori di cingoli di carri
armati in avvicinamento; l’andalusa arriva di corsa, inseguita da jazzisti
ubriachi, e si mette a ballare attorno a Marie. La musica tace improvvisamente,
ora gli altoparlanti diffondono suoni di detonazioni di bombe, pallottole e
razzi, spari di cannoni di carri armati. Wesener si commuove e dà una moneta a
Marie, che si accascia. Il cappellano termina il Paternoster, Wesener se ne va
dietro ai caduti, di cui si ode solo il martellante passo di marcia, per circa
150”. Tutto si fa buio, si smorzano i rumori e suona – su un unisono di RE e
per 49” - l’intera orchestra (archi e fiati) sul fondo di strazianti voci umane
diffuse dagli altoparlanti: gli strumenti tacciono progressivamente, a partire
dai gravi verso gli acuti, fino al totale silenzio. La scena viene invasa dalla
nube di un’esplosione atomica.
Ecco: qui, in
questa specie di
buco nero di RE, che tutto si è inghiottito,
è concentrata la morale della storia.
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Alvis
Hermanis,
che è un… nipotino di Lenz (lettone come il drammaturgo da cui Zimmermann
trasse il soggetto) firma questo allestimento, proveniente da Salzburg. Lassù,
causa la planimetria del larghissimo palco della Felsenreitschule, lui aveva disposto tutta scena su un unico piano,
anche laddove (la caffetteria di Armentières) i piani dovrebbero essere due.
Ora, dato che la Scala ha un proscenio largo sì, ma non sconfinato, ecco che
regista e scenografo hanno dovuto (di malavoglia oppure no) diventare più rispettosi
delle indicazioni di Zimmermann, e portare tutto su due piani.
L’ambientazione è apparentemente ai
tempi della Grande Guerra, in uno sfondo di caserma di cavalleria (in omaggio
al luogo della rappresentazione di Salzburg) e quindi con balle di paglia
ovunque; le diverse scene si svolgono in quest’unico ambiente che ospita, di
sotto, poche suppellettili delle 4 dimore (di Marie, di Stolzius, della
contessa e di Mary) e al piano superiore prevalentemente tavoli dove stazionano
i militari. La scena unica ha vantaggi e svantaggi rispetto alla presentazione
di avvenimenti paralleli:
efficacissima all’inizio (Lille a sinistra illuminata, Armentières a destra, in
penombra, poi il contrario per la seconda scena); del tutto fuorviante nella
seconda scena dell’atto II, dove Stolzius appare per primo e poi assiste di
persona alla seduzione di Marie da parte di Desportes e sua madre pare abitare
a Lille, mentre la nonna di Marie pare abitare ad Armentières: insomma, tutti i
5 personaggi recitano una medesima scena, in totale confusione, cosa che
finisce per disorientare uno spettatore non ben preparato. Dopo le due scene
iniziali, quando compaiono i militari, ecco che avremo una continua presenza
di… estranei anche in scene che la dovrebbero escludere, col risultato di
distrarre lo spettatore dall’azione principale; alludo ad esempio al maneggio
con cavalli in circolazione, nel terzo atto, nella cui prima scena poi sono
presenti (e disturbano) tutti i militari, invece dei soli Eisenhardt e Pirzel.
L’atto conclusivo viene totalmente
stravolto: niente proiezioni (quindi impossibile capire ragioni e particolari
dello stupro di Marie) e niente visione onirica nella prima scena: tutto si
svolge come in una scena normale, con luci normali invece dei lampi
intermittenti. Niente musica concreta registrata, impossibile distinguere il
riferimento al locale della Bischof e al Tribunale. Lo stupro di Marie viene
spostato nella seconda scena, sotto gli occhi di Desportes, Mary e Stolzius.
Niente filmati né suoni bellici anche nella scena conclusiva, che perde tutta
la sua potenza evocatrice, con i militari che semplicemente giacciono sul
terreno (niente sfilata dei caduti). Eliminati i suoni di azioni belliche, è
quindi ridotto a due soli diffusori ai lati della sala il colossale
armamentario previsto da Zimmermann: di conseguenza c’è anche un chiaro
accorciamento dei tempi della conclusione.
Discutibile anche la presentazione
materiale dei personaggi. I militari, che nell’originale sono solo ufficiali (o di grado ancor superiore) e per lo più nobili
e di aspetto attraente (l’uniforme!)
qui sembrano soldati semplici reduci dalla trincea, feriti, macilenti,
malvestiti: non si capisce proprio come possano far colpo sulle ragazze!
Sarebbero stati adattissimi a sfilare, come caduti, nell’ultima scena. Alla
fine del primo atto poi, quando Marie si corica, dietro la parete li vediamo
spiare e masturbarsi (?!) Ecco, a me pare proprio che Hermanis abbia frainteso
del tutto il senso della presenza dei militari, che Zimmermann ha splendidamente
sintetizzato proprio nella scena finale dell’opera: dove dovremmo veder sfilare i
caduti (soldati semplici, figli del popolo) mentre gli ufficiali (gli stessi
che abbiamo conosciuto nei primi tre atti) continuano a far la loro bella vita,
andando al bordello della Bischof o inseguendo la ballerina andalusa!
Charlotte e Marie ci vengono
presentate a letto e… uguali come due gocce d’acqua, quando invece
nell’originale si capisce immediatamente che Charlotte ha la testa sulle
spalle, mentre la sorellina ce l’ha tra le nuvole! Idea davvero cervellotica e
velleitaria quella di mostrarci Marie incinta (ultima scena dell’atto III)
salvo poi sgravarsi di… un mucchio di paglia che si portava sulla pancia (!)
Insomma, un’interpretazione registica
a dir poco strampalata e soprattutto inefficace a far emergere la durezza del
messaggio di Zimmermann: tutto finisce (quasi) come è iniziato, manca
completamente lo stacco fra lo scenario da commedia dei primi tre atti e quello
(atto IV) che ci dovrebbe mostrare le conseguenze spaventose dei comportamenti
umani (dei maschi in particolare). Per me, quindi, una delusione.
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Meglio è andata sul piano musicale,
dove lo specialista Ingo Metzmacher
ha guidato con autorità le masse orchestrali, che hanno risposto bene in tutti
i frangenti, sia nelle sonorità disturbanti dei totali cromatici, che in quelle
ovattate dove sono protagoniste le percussioni leggere e le tastiere.
Le voci mi son parse mediamente
all’altezza, a partire da Laura Aikin
(Marie) che ha una parte oggettivamente proibitiva. Efficaci Thomas E.Bauer (Stolzius) e Daniel Brenna (Desportes). Ottimo il
Pirzel di Wolfgang
Ablinger-Sperrhacke e rimarchevole (data… l’età, va verso i 70) la
prestazione di Gabriela Beňačková
(contessa La Roche, che è una parte quasi da soprano). Ma tutti quanti hanno
collaborato alla riuscita (musicale) dello spettacolo.
Spettacolo presentato in un Piermarini con tasso
di occupazione di poco superiore al 50%, e accolto alla fine da consensi
praticamente unanimi.