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scrivere pescivendola

22 giugno, 2014

Così fan tutti i... Guth


Ieri sera seconda recita (delle ben 12 previste, fino al 18 luglio) del mozartiano Così fan tutte alla Scala, in un teatro ancora parecchio lontano dall’affollamento che ci si aspetterebbe per un’opera come questa.

 

L’allestimento di Claus Guth è una rivisitazione di quello presentato nel 2011 a Salzburg (a sua volta una sostanziale revisione di quello del 2009, sempre nella città di Mozart).   


Per commentarlo potrei limitarmi a riproporre le stesse e identiche considerazioni che mi venne di scrivere un paio d’anni fa, in occasione dell’edizione di Damiano Michieletto alla Fenice. Di sicuro non ho nel frattempo cambiato idea sulla natura del soggetto e dei relativi personaggi: né opera comica (perché giocoso è, ma dramma) né opera pessimista (poiché dramma è, ma giocoso). O magari potremmo sì definirla pessimista, ma in senso gramsciano, in piena coerenza con il proposito che tutti esprimono alla fine: Fortunato l’uom che (…) da ragion guidar si fa (ecco l’ottimismo che fa capolino…) Succede invece che gli allestimenti tendano a presentare una sola delle due facce, ai nostri giorni solitamente più quella scura, perché questo fa tanto impegnato

Ecco, il segreto e insieme la grande difficoltà di chi mette in scena quest’opera sarebbe di saper camminare, anzi danzare e fare acrobazie, su una lama di rasoio, senza cadere di sotto e senza farsi nemmeno un taglietto alle piante dei piedi. Cosa che né Guth né il suo più giovine imitatore Michieletto provano nemmeno lontanamente a fare. Loro – con diversi accenti e, mi sentirei di dire, con minor tasso di gravità per il nostro compatriota – evitano accuratamente la lama di rasoio per accomodarsi stolidamente su una delle due opposte sponde: nella fattispecie quella nichilista, dove ai protagonisti (ergo, all’umanità) non resta altra prospettiva se non un perenne e astioso conflitto.

La base comune di queste assurde interpretazioni del capolavoro è la crassa ignoranza (o meglio: la sprezzante minimizzazione) della musica del Teofilo, oltre che del testo del suo amico librettista nonché prete.

Ora però, Michieletto si limitava – per così dire – al pessimismo della conclusione e a presentare DonAlfonso come un povero ubriacone che si diverte a rovinar famiglie, lasciando però in vita molto della freschezza e del buonumore di cui è permeata l’opera. Guth invece va ben oltre e ne distrugge con scientifica meticolosità l’intero impianto, per farlo aderire al suo lunatico Konzept nichilista, infarcito di iper-freudismo da quattro soldi.

Per tutto il primo atto i comportamenti dei protagonisti, non solo dei due maschi ma anche delle due femmine, sono determinati dagli effetti di sbornie e dai fumi dell’alcool, come dire: tutta la vicenda è un nonsenso. I due finti albanesi mai si trovano al cospetto delle due ragazze: al massimo si coprono il volto con due maschere; oppure sono loro a bendare le donne, oppure piomba un’improvvisa oscurità. Finalmente, nella scena del finto suicidio, eccoli presentarsi con i loro connotati originali, che da lì in poi manterranno fino alla fine dell’opera (?!?)

Altra trovata: alla fine del primo atto, al momento del finto suicidio, la scena si apre per mostrare un bosco, che poi si ingigantirà nel second’atto e quindi quasi del tutto sparirà alla fine. Che significa? Certo Guth-Freud avrà una risposta; di sicuro c’è che nel libretto il protagonista, non solo a livello natura, ma psiche, è il mare, che il regista non ci mostra nemmeno col binocolo!    

C’è poi un particolare apparentemente secondario, ma in realtà illuminante, che testimonia dell’indifferenza del regista per l’originale. Si tratta di un paio di tagli al libretto, che ci privano di un passo fondamentale nella caratterizzazione del personaggio di Fiordiligi e del suo tremendo conflitto interiore: prima dell’aria di Dorabella È amore un ladroncello Fiordiligi, che ha già confessato di amare anche Ferrando, ha un estremo ripensamento (Cosa dici! Non pensi agli infelici che stamane partir!) che Guth cancella; poi, e qui davvero la cosa è proditoria, il regista cassa l’intera scena in cui Fiordiligi ordina a Despina di recapitarle le uniformi dei due fidanzati per raggiungerli al campo militare, e poi sceglie per sé quella di… Ferrando! Così si salta immediatamente al duetto in cui la ragazza cede definitivamente. Ecco cosa un sedicente regista arriva a fare, pur di forzare l’originale ad aderire alla sua idea.

Insomma, ancora una volta un allestimento regista-centrico che letteralmente snatura il capolavoro originale. Complimenti davvero!
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Discreto e non più – a mio avviso – il livello della prestazione musicale.

Sopra la media l’orchestra e il coro: Barenboim forse fin troppo… wagneriano nell’agogica, ma a mio parere efficace nel mettere in risalto tutte le infinite sfaccettature della partitura; il coro di Casoni ha una presenza sporadica, ma ha risposto come sa.

Fra gli interpreti metterei in cima alla lista la Fiordiligi di Maria Bengtsson (che bene aveva fatto anche nella produzione veneziana) e Michele Pertusi, un DonAlfonso autorevole (che non merita di essere rovinato dal regista).

Rolando Villazon è Ferrando e se la cava con mestiere, gli do una onesta sufficienza.

Sotto la media mi son sembrati gli altri: dalla Dorabella di Katija Dragojevic al Guglielmo di Adam Plachetka alla Despina di Serena Malfi.

Successo moderato, in un teatro-gruviera.

2 commenti:

mozart2006 ha detto...

Dirette televisive operistiche, cantanti cani e soprattutto regie stomachevoli.
Cercasi lampade per geni. Troppi stanno vagabondando, è ora che si trovi loro casa.
Nulla di personale, ma sono diventato allergico a tutti coloro che utilizzano la parola “genio” per i registi d’ opera che pensano di essere le reincarnazioni progressiste dei musicisti e dei librettisti.
Ciao!

daland ha detto...

@mozart2006
Ti dirò che una delle pochissime cose che non invidio alla "cultura tedesca" è il Regietheater.

Qui per fortuna ne arrivano solo alcune propaggini che ci stiamo abituando a trattare come le puttanate di Berlusconi o le bischerate di Renzie: gli tiriamo dietro due smadonnate e poi... ci occupiamo di problemi e di geni più seri, come i gol sbagliati da Balotelli.

Ciao!