Il Regio di Torino riprende in questi
giorni l’allestimento del Tell di Graham Vick presentato all’ultimo ROF. Solo l’allestimento, chè ogni
altro ingrediente del minestrone è totalmente diverso: là il Guillaume originale di de Jouy e Bis, qui il Guglielmo in versione Calisto Bassi (per fortuna ripulito da Paolo Cattelan); là l’orchestra del
Comunale di Bologna con Mariotti, qui
quella del Regio con Noseda; e
(quasi) tutto il cast cambiato.
Anche i
contenuti musicali divergono non poco fra le due proposte: a Pesaro andò in
scena l’opera (quasi) come da edizione critica della compianta M. Elizabeth C. Bartlet per la
Fondazione Rossini (un paio di tagli, rispetto alla prima di Gelmetti del 1995, comunque
furono perpetrati anche là: il Pas de
deux e l’invocazione degli austriaci a Tell, nella scena della tempesta
dell’atto finale). Mentre a Torino si è sostanzialmente seguita la versione Muti (Cattelan) del 1988, che è comunque basata – lingua del testo a parte - sulla
versione critica, ma non ne accoglie al 100% i contenuti: quindi esclusa,
rispetto a Pesaro, anche l’aria di Jemmy, prima del tiro-alla-mela; in più
Noseda ha (forse per coprire manchevolezze degli interpreti?) tagliato alcune
ripetizioni alla fine di duetti (Matilde-Arnoldo) e concertati (Giuriamo): beh, diciamo che sono sempre
dolorosi ma non proprio… scandalosi, ecco.
Dalibor Jenis è
un Tell discreto ma non di più (secondo me, ovviamente): gli manca quel tocco
di autorità che sarebbe richiesto per la parte. Insomma, le note le canta, ma
non… incanta.
John Osborn è stato il trionfatore della serata, in virtù della sfilza di DO acuti
che ha sciorinato: l’ultimo, sull’all’armi,
proprio à-la-Duprez (acuto che Rossini aborriva come verso di bestia sgozzata, e
infatti non lo scrisse) emesso con
piglio addirittura irridente. Evidentemente, dopo la catastrofe a Santa Cecilia
di qualche anno fa, il nostro deve averne fatto un punto d’orgoglio:
diamogliene atto!
Angela Meade (Matilde) è davvero una cantante a-tutto-tondo
(stra-smile!): ha mostrato buona
impostazione, acuti ben portati; mi è parsa un filino meno efficace nelle note
basse.
Luca Tittoto (il bieco Gessler) è l’unico superstite del ROF-2013: per me ha
confermato la discreta prova di allora.
Anna Maria Chiuri come Edvige si è ben distinta: voce calda e bene impostata. Lodevole
anche la prova di Mirco Palazzi (Gualtiero)
un basso che mi pare in continua crescita.
Fabrizio Beggi è un buon Melcthal. Nel video del quarto atto, evidentemente portato da
Pesaro, si doveva vedere l’interprete di allora, Simone Alberghini. Invece il proiettore, proprio come Jemmy, è
rimasto fermo e immobile: chissà,
forse perché Alberghini ha chiesto troppo per i diritti di immagine… (smile!)
Marina Bucciarelli mi è parsa, come Jemmy, un filino sotto la media: voce piccola, poco
penetrante ed espressione incerta.
Bravo nella sua parte piccola ma impegnativa Mikeldi Atxalandabaso, assai sicuro nei DO acuti cui è chiamato, per di più proprio a… rompere
il ghiaccio.
Luca Casalin (capo degli arcieri) Ryan Milstead
(Leutoldo) e Giuseppe Capoferri (un
cacciatore) hanno degnamente completato il cast.
Ottimo come sempre il Coro di Claudio
Fenoglio.
Quanto a Noseda, ha ancora una
volta mostrato grande sensibilità e cura dei particolari. Merito anche dei
ragazzi dell’orchestra; peccato che l’assolo iniziale del violoncello di Lukic sia stato rovinato da interventi
sconsiderati di alcuni percussionisti dislocati in platea (all’ingresso
andrebbe fatto a tutti un test di idoneità delle vie respiratorie…)
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Sulla regìa di Vick ho già scritto abbastanza peste-e-corna in occasione del ROF-2013, quindi mi limiterò a
re-citare le due fondamentali negatività di questa produzione. La prima
riguarda la scelta, tutta ideologica, del simbolismo (vetero-comunista)
impiegato per presentare una lotta di popolo per la libertà e l’indipendenza:
il pugno chiuso e le bandiere rosse (purtroppo, dobbiamo ammetterlo) hanno
perso ai nostri occhi il loro originale e nobile contenuto, dacchè l’esperienza
storica ci ha detto inconfutabilmente che essi non hanno mai portato ai popoli
né libertà, né indipendenza, al contrario hanno prodotto sempre dittature e sovranità limitata. Per cui, sostituirle
alla gloriosa bandiera rosso-crociata è un autentico delitto.
La seconda negatività riguarda lo spregio dei contenuti testuali e
soprattutto musicali dell’opera, come ho
esemplificato a suo tempo. Non a caso anche ieri alla fine dei balletti del terzo atto, accanto ai
doverosi applausi per l’esecuzione musicale c’è stata una chiara manifestazione
di dissenso fra il pubblico del Regio, indubbiamente rivolta contro le
efferatezze di cui Vick ha infarcito quella scena.
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In ogni caso, ancora una volta, è la musica
ad aver colpito l’immaginazione del pubblico (assai folto) che ha lungamente applaudito
tutti i protagonisti.
La produzione
– in forma di concerto, quindi significativamente senza il contributo di Vick – verrà portata il 7 dicembre (proprio
SantAmbrogio!) alla Carnegie Hall con lo stesso cast (primo-secondo)
di questi giorni.
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