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29 giugno, 2012

Orchestraverdi – concerto n°38 – Andrea Chénier (+Balotelli)


L’ultima fatica stagionale per laVerdi è stata uno specialissimo appuntamento con l’opera: Andrea Chénier.

Non è un primo incontro in assoluto, chè l’orchestra già in passato si è cimentata con il dramma di Illica-Giordano (e lo ha inciso, con la coppia Dessì-Armiliato) ma certo segna un importante passo nell’evoluzione dell’orchestra verso traguardi sempre più ambiziosi.

Sul podio Jader Bignamini, che è entrato qualche anno fa a laVerdi come strumentista (di clarinetto piccolo) e si è poi specializzato nella direzione: oggi è Direttore Associato dell’Orchestra, di cui è in pratica il preparatore.

L’Andrea è l’opera che diede notorietà al 29enne Umberto Giordano, con un grande successo alla prima in Scala (28 marzo 1896). Nemmeno un anno dopo (5 febbraio 1897) analogo successo arrise all’opera ad Amburgo, dove Gustav Mahler (in procinto di trasferirsi a Vienna) ne diresse la prima tedesca.

Vi si sente l’irresistibile influsso wagneriano (il compositore ammise di essere stato praticamente stregato da Lohengrin): dalla melodia infinita alle modulazioni continue (tanto che Giordano – piuttosto bizzarramente, quasi anticipando l’atonalismo – sulla partitura evita ogni indicazione di accidenti in chiave) al richiamo di atmosfere da Tristan e persino da Parsifal.

Splendida l’esecuzione dell’Orchestra, che Bignamini guida col piglio di un direttore navigato, e notevole quella del Coro di Erina Gambarini.

Sul fronte delle voci, Marcello Giordani ci mette tutta la sua esperienza e il suo mestiere per renderci uno Chénier appassionato e trascinante, facendo passare in secondo piano i problemi di usura del suo mezzo.

La sua pupilla, l’enorme (fisicamente parlando) Natalie Bergeron è stata una Maddalena più che discreta: è giovane e non potrà che migliorare, perché la voce c’è e come!

Alberto Gazale, nei panni di Carlo Gérard (questo personaggio dalla natura cangiante: servitore, poi rivoluzionario, quindi cinico approfittatore del suo potere, un po’ come Scarpia, ma alla fine pentito e altruista) è stato il migliore della compagnia, per portamento ed espressione.

Bravissima anche Clara Calanna, nella parte piccola ma importante di Madelon; e poi, diciamo la verità, l’esecuzione in forma di concerto ci ha dato la possibilità di ammirarne anche le procaci forme, cosa che a teatro ci sarebbe preclusa, data la natura stessa del personaggio di nonna vecchia e morente (smile!)

Tutti su un livello accettabile gli altri protagonisti: in primo luogo la Bersi di Valeria Sepe; e poi Lara Rotili (Contessa di Coigny); Mattia Denti (Roucher, Fouquier Tinville e Maestro di casa); Giovanni Guagliardo (Mathieu); Francesco Pittari (Un incredibile e Abatino); Gianluca Tumino (Fléville); Emanuele Cordaro (Schmidt e Dumas).

Applausi a scena aperta per Giordani, Bergeron e Gazale, dopo le rispettive arie principali; grandi applausi al termine della prima parte (Quadri I e II) dove Giordani ci aggiorna su Italia-Germania (1-0 del Balotelli, a quel momento).

Ovazioni a non finire per tutti al termine dell’opera, dopo ripetute chiamate. Qui è Bignamini a chiudere con l’annuncio del trionfo azzurro: 2-0! (Il punteggio preciso me lo aggiornerà, affiancandomi ad un semaforo sulla circonvallazione interna, un ragazzo filippino, sul suo scooter attrezzato con la caratteristica cassa gialla da trasporto di pizza a domicilio… In Corso BuenosAires, sventolio di bandiere tricolori, agitate da gente dai tratti cinesi, cingalesi, magrebini, centroafricani e andini: insomma italiani che qualcuno, qui al nord, insiste ancora a definire… nemici della patria).   

Chiusa la stagione concertistica principale e dato appuntamento per la prossima (che come al solito aprirà i battenti alla Scala il 9 settembre) laVerdi resta aperta per l’estate con una simpatica iniziativa organizzata in collaborazione con il Comune di Milano (come si vede che c’è una Giunta diversa dal passato!) 

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