L’ultima
fatica stagionale per laVerdi è stata
uno specialissimo appuntamento con l’opera: Andrea
Chénier.
Non è un
primo incontro in assoluto, chè l’orchestra già in passato si è cimentata con
il dramma di Illica-Giordano (e lo ha
inciso, con la coppia Dessì-Armiliato) ma certo
segna un importante passo nell’evoluzione dell’orchestra verso traguardi sempre
più ambiziosi.
Sul podio Jader
Bignamini, che è entrato qualche anno fa a laVerdi come strumentista (di clarinetto piccolo) e si è poi
specializzato nella direzione: oggi è Direttore
Associato dell’Orchestra, di cui è in pratica il preparatore.
L’Andrea è l’opera che diede notorietà al
29enne Umberto Giordano, con un grande successo alla prima in Scala (28 marzo 1896). Nemmeno un anno dopo (5 febbraio
1897) analogo successo arrise all’opera ad Amburgo, dove Gustav Mahler (in procinto di trasferirsi a Vienna) ne diresse la prima tedesca.
Vi si
sente l’irresistibile influsso wagneriano (il compositore ammise di essere
stato praticamente stregato da Lohengrin):
dalla melodia infinita alle
modulazioni continue (tanto che Giordano – piuttosto bizzarramente, quasi
anticipando l’atonalismo – sulla partitura evita ogni indicazione di accidenti in chiave) al richiamo di
atmosfere da Tristan e persino da Parsifal.
Splendida
l’esecuzione dell’Orchestra, che Bignamini guida col piglio di un direttore
navigato, e notevole quella del Coro di Erina Gambarini.
Sul fronte
delle voci, Marcello Giordani ci
mette tutta la sua esperienza e il suo mestiere per renderci uno Chénier appassionato
e trascinante, facendo passare in secondo piano i problemi di usura del suo
mezzo.
La sua
pupilla, l’enorme (fisicamente parlando) Natalie
Bergeron è stata una Maddalena più che discreta: è giovane e non potrà che
migliorare, perché la voce c’è e come!
Alberto Gazale, nei panni di Carlo Gérard (questo personaggio dalla
natura cangiante: servitore, poi rivoluzionario, quindi cinico approfittatore
del suo potere, un po’ come Scarpia,
ma alla fine pentito e altruista) è stato il migliore della compagnia, per
portamento ed espressione.
Bravissima
anche Clara Calanna, nella parte
piccola ma importante di Madelon; e poi, diciamo la verità, l’esecuzione in
forma di concerto ci ha dato la possibilità di ammirarne anche le procaci forme,
cosa che a teatro ci sarebbe preclusa, data la natura stessa del personaggio di
nonna vecchia e morente (smile!)
Tutti su
un livello accettabile gli altri protagonisti: in primo luogo la Bersi di Valeria Sepe; e poi Lara Rotili (Contessa di Coigny); Mattia Denti (Roucher, Fouquier Tinville e Maestro di casa); Giovanni Guagliardo (Mathieu); Francesco Pittari (Un incredibile e
Abatino); Gianluca Tumino (Fléville);
Emanuele Cordaro (Schmidt e Dumas).
Applausi a
scena aperta per Giordani, Bergeron e Gazale, dopo le rispettive arie
principali; grandi applausi al termine della prima parte (Quadri I e II) dove
Giordani ci aggiorna su Italia-Germania (1-0 del Balotelli, a quel momento).
Ovazioni a
non finire per tutti al termine dell’opera, dopo ripetute chiamate. Qui è
Bignamini a chiudere con l’annuncio del trionfo azzurro: 2-0! (Il punteggio
preciso me lo aggiornerà, affiancandomi ad un semaforo sulla circonvallazione
interna, un ragazzo filippino, sul suo scooter
attrezzato con la caratteristica cassa gialla da trasporto di pizza a domicilio…
In Corso BuenosAires, sventolio di bandiere tricolori, agitate da gente dai
tratti cinesi, cingalesi, magrebini, centroafricani e andini: insomma italiani che qualcuno, qui al nord,
insiste ancora a definire… nemici della
patria).
Chiusa la
stagione concertistica principale e dato appuntamento per la prossima (che come
al solito aprirà i battenti alla Scala
il 9 settembre) laVerdi resta aperta
per l’estate con una simpatica
iniziativa organizzata in collaborazione con il Comune di Milano (come si vede che c’è una Giunta diversa dal
passato!)
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