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08 giugno, 2012

Orchestraverdi – concerto n°36


Corposo il programma del terz’ultimo concerto della stagione de laVerdi, in un Auditorium non proprio affollatissimo. E dal palinsesto ultra-classico: Ouverture, Concerto solista e Sinfonia; e tutto nel segno dell’ottocento, classico e romantico.

Difficile pensare a qualcosa di più romantico, nel senso proprio del termine, del weberiano Freischütz, la cui Ouverture apre la serata.
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È una mirabile sintesi del cuore filosofico dell’opera, la lotta fra il bene e il male, che abitano l’animo umano nello scenario della natura, a sua volta splendente o minacciosa.

È la melodia dei corni, da battuta 10, a introdurre lo scenario profondamente romantico di boschi e montagne:


Poi ascoltiamo un riferimento all’aria di Max, dalla quarta scena del primo atto (Doch mich umgarnen finstre Mächte), un motivo agitato, poiché Max sta subendo l’influsso sinistro di Samiel. È immediatamente seguita dal terrificante motivo del malefico Caspar, che si udrà nella gola del lupo, alla fine del second’atto:

   
Su un tremolo degli archi, adesso è il clarinetto che presenta un dolce motivo, in MIb, che deriva dall’esclamazione di Max di fronte alla gola del lupo, alla fine del second’atto (Ha! Furchtbar gähnt der düstre Abgrund!) ma qui introduce il tema che rappresenta il bene, impersonato da Agathe, e la sua aria dalla seconda scena del second’atto (Süß entzükt gegen ihm) che lei canta all’arrivo dell’amato Max:



Tornano il truce motivo di Caspar, poi ricompare Agathe, ma in un’atmosfera sospesa e poco rassicurante, che infatti lascia spazio ancora ai motivi di Max e Caspar, prima della coda finale, che è ovviamente occupata dal motivo di Agathe, a chiudere nel glorioso DO maggiore.
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Trascinante l’esecuzione di Xian dell’Orchestra, a dispetto del non impeccabile esordio dei corni.


Il bravissimo Roberto Cominati (che ha recentemente inciso l’integrale pianistico di Ravel!) torna all’Auditorium, dove è quasi di casa, per proporci un autentico monumento della classicità su tastiera: il Quarto di Beethoven.

Di cui dà una lettura, appunto, classica, senza sconfinare il romanticherie fuori-luogo. Qualche piccola sbavatura nell’iniziale Allegro moderato nulla toglie al valore della sua esecuzione, ben sostenuta da Xian, che toglie le briglie all’orchestra giusto nei momenti più caldi del finale Rondo. Rimarchevole la resa delle atmosfere quasi impressioniste dell’Andante con moto.

Gran trionfo per Cominati, che ci regala un focoso bis con DeFalla.


In chiusura, un classico dell’epoca romantica, Johannes Brahms, con la sua Quarta.
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Il cui tema principale (con cui la sinfonia si apre) è abilmente costruito manipolando due semplicissime serie di terze (maggiori e minori). La prima discendente per due ottave dalla dominante: SI-SOL-MI-DO-LA-FA#-RE#-SI, in cui Brahms inserisce due rivolti, MI-DO e RE#-SI, ottenendo una melodia, per così dire, a dente-di-sega (diagonale-verticale-diagonale-verticale) che torna al SI di partenza. La seconda ascendente: MI-SOL-SI-RE-FA-LA-DO, in cui il MI e il RE sono raddoppiati e rivoltati un’ottava sotto, ottenendo un altro dente-di-sega (verticale-diagonale-verticale-diagonale):

Insomma, un esempio di come una melodia che suona come ispirata si possa ottenere con semplici interventi su una serie di suoni banalotta e di per sé abbastanza priva di attrattive.  

Poi viene l’Andante moderato, che si articola su due motivi; il primo è quello piuttosto crepuscolare, esposto inizialmente dai corni, col supporto degli strumentini:


Il secondo, più avanti, affidato inizialmente ai violoncelli, davvero brahmsiano fino all’osso:

Il terzo movimento, Allegro giocoso, è di fatto uno scherzo senza trio. In questo, che fu l’ultimo movimento di sinfonia composto da Brahms, entra anche – per la prima e ultima volta in tutta la sua produzione sinfonica - il triangolo.

L’incipit della ciaccona che chiude la sinfonia (e che Brahms aveva già fatto balenare verso la fine dell’Allegro giocoso) è ispirato da quello che conclude la bachiana Cantata Nach dir Herr verlanget mich (BWV150) e precisamente da quello del basso (fagotto e continuo):


Dalla melodia principale (Meine Tage in den Leiden) Brahms prende spunto per lo sviluppo delle innumerevoli variazioni di cui è ricco questo ultimo movimento. In una delle quali, prima del conclusivo Più allegro, ricompare ciclicamente la prima sezione (ampliata) del tema che aveva aperto l’opera, con una sequenza di terze discendenti, che qui ha la seguente struttura: MI-DO-LA-FA#-RE#-SI-SOL-MI-DO-LA-FA#-RE#... con il dente della sega ottenuto rivoltando il SOL e innalzandolo di un’altra ottava:

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Esecuzione che mi permetto di definire straordinaria. Xian tiene tempi praticamente perfetti; nell’iniziale Allegro chiede agli archi l’attacco delle frasi quasi con timidezza, impercettibilmente ritardati; e gli strumentini da parte loro fanno mirabilie. Nell’Andante corni e violoncelli meritano la lode. Splendida la compattezza di tutte le sezioni nell’Allegro giocoso e grandiosa la perorazione della conclusiva passacaglia. Davvero una prova maiuscola, che si merita ovazioni a non finire.


Il penultimo appuntamento (ma dal punto di vista concertistico sarà l’ultimo, poi… Chénier!) vedrà ancora sul podio Zhang Xian con una full-immersion di Ciajkovski.

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