Corposo il
programma del terz’ultimo concerto della stagione de laVerdi, in un Auditorium non proprio affollatissimo. E dal
palinsesto ultra-classico: Ouverture, Concerto solista e Sinfonia; e tutto nel
segno dell’ottocento, classico e romantico.
Difficile
pensare a qualcosa di più romantico, nel senso proprio del termine, del weberiano Freischütz, la cui Ouverture
apre la serata.
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È una mirabile sintesi del cuore filosofico dell’opera, la lotta fra il bene e il male, che abitano l’animo umano nello scenario della
natura, a sua volta splendente o minacciosa.
È la melodia dei corni, da battuta 10, a introdurre lo
scenario profondamente romantico di boschi e montagne:
Su un tremolo degli archi, adesso è il clarinetto che
presenta un dolce motivo, in MIb, che deriva dall’esclamazione di Max di fronte
alla gola del lupo, alla fine del second’atto (Ha! Furchtbar gähnt der düstre Abgrund!) ma qui introduce il tema
che rappresenta il bene, impersonato
da Agathe, e la sua aria dalla
seconda scena del second’atto (Süß
entzükt gegen ihm) che lei canta all’arrivo dell’amato Max:
Tornano il truce motivo di Caspar, poi ricompare Agathe,
ma in un’atmosfera sospesa e poco rassicurante, che infatti lascia spazio
ancora ai motivi di Max e Caspar, prima della coda finale, che è ovviamente
occupata dal motivo di Agathe, a chiudere nel glorioso DO maggiore.
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Trascinante
l’esecuzione di Xian dell’Orchestra, a dispetto del non impeccabile esordio dei
corni.
Il
bravissimo Roberto Cominati (che ha
recentemente inciso l’integrale pianistico di Ravel!) torna all’Auditorium, dove è quasi di casa, per proporci un
autentico monumento della classicità su tastiera: il Quarto di Beethoven.
Di cui dà
una lettura, appunto, classica, senza sconfinare il romanticherie fuori-luogo. Qualche
piccola sbavatura nell’iniziale Allegro
moderato nulla toglie al valore della sua esecuzione, ben sostenuta da
Xian, che toglie le briglie all’orchestra giusto nei momenti più caldi del finale Rondo. Rimarchevole la resa delle atmosfere quasi impressioniste
dell’Andante con moto.
Gran
trionfo per Cominati, che ci regala un focoso
bis con DeFalla.
In
chiusura, un classico dell’epoca romantica, Johannes
Brahms, con la sua Quarta.
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Il cui tema principale (con cui la sinfonia si apre) è
abilmente costruito manipolando due semplicissime serie di terze (maggiori e minori). La prima discendente per due ottave
dalla dominante: SI-SOL-MI-DO-LA-FA#-RE#-SI, in cui Brahms inserisce due rivolti, MI-DO e RE#-SI, ottenendo una
melodia, per così dire, a dente-di-sega
(diagonale-verticale-diagonale-verticale) che torna al SI di partenza. La
seconda ascendente: MI-SOL-SI-RE-FA-LA-DO, in cui il MI e il RE sono
raddoppiati e rivoltati un’ottava
sotto, ottenendo un altro dente-di-sega
(verticale-diagonale-verticale-diagonale):
Insomma, un esempio di come una melodia che suona come ispirata si possa ottenere con semplici
interventi su una serie di suoni banalotta e di per sé abbastanza priva di
attrattive.
Poi viene l’Andante
moderato, che si articola su due motivi; il primo è quello piuttosto
crepuscolare, esposto inizialmente dai corni, col supporto degli strumentini:
Il terzo movimento, Allegro
giocoso, è di fatto uno scherzo
senza trio. In questo, che fu
l’ultimo movimento di sinfonia composto da Brahms, entra anche – per la prima e
ultima volta in tutta la sua produzione sinfonica - il triangolo.
L’incipit della
ciaccona che chiude la sinfonia (e che
Brahms aveva già fatto balenare verso la fine dell’Allegro giocoso) è ispirato
da quello che conclude la bachiana Cantata Nach
dir Herr verlanget mich (BWV150) e precisamente da quello del basso (fagotto e continuo):
Dalla melodia principale (Meine Tage in den Leiden) Brahms prende spunto per lo sviluppo
delle innumerevoli variazioni di cui è ricco questo ultimo movimento. In una
delle quali, prima del conclusivo Più
allegro, ricompare ciclicamente
la prima sezione (ampliata) del tema che aveva aperto l’opera, con una sequenza
di terze discendenti, che qui ha la
seguente struttura: MI-DO-LA-FA#-RE#-SI-SOL-MI-DO-LA-FA#-RE#... con il dente della sega ottenuto rivoltando il SOL e innalzandolo di
un’altra ottava:
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Esecuzione
che mi permetto di definire straordinaria. Xian tiene tempi praticamente
perfetti; nell’iniziale Allegro chiede
agli archi l’attacco delle frasi quasi con timidezza, impercettibilmente
ritardati; e gli strumentini da parte loro fanno mirabilie. Nell’Andante corni e violoncelli meritano la
lode. Splendida la compattezza di tutte le sezioni nell’Allegro giocoso e grandiosa la perorazione della conclusiva
passacaglia. Davvero una prova maiuscola, che si merita ovazioni a non finire.
Il
penultimo appuntamento (ma dal punto di vista concertistico sarà l’ultimo, poi…
Chénier!) vedrà ancora sul podio Zhang Xian con una full-immersion di Ciajkovski.
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