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11 marzo, 2011

Stagione dell’OrchestraVerdi - 26


Siamo nell'anno di Mahler, e il ciclo prosegue con la Quinta Sinfonia, diretta da Xian Zhang e degnamente introdotta, nell'ambito del meritorio ciclo di conferenze sulle sinfonie del boemo, da un intervento di Maurizio Corbella, eclettico musicista-musicologo-compositore-attore-ed-altro-ancora.

Ma come prologo abbiamo un pezzo assai poco eseguito, e non solo perché venuto alla luce nel 1989 (la caduta del muro però non c'entra…) Si tratta di Rendering, opera che Luciano Berio ricavò da abbozzi di Schubert per quella che avrebbe potuto essere la sua decima sinfonia in RE maggiore. Molti di noi hanno in mente il motivo dell'Allegro finale, per essere da anni impiegato come sigla di un container di Radio3:


Qui una registrazione di Eschenbach. Questa (supposta) sinfonia è stata anche completata da Brian Newbould, che ha dedicato una vita a ricostruire opere di Schubert a partire da schizzi e abbozzi. Qui la sua versione diretta da Marriner.

La peculiarità di Rendering consiste nel singolare approccio con il quale Berio ha affrontato l'impresa di portare alla luce la sinfonia. A differenza di Newbould, che si è messo nei panni di Schubert e ha prodotto un lavoro compiuto, ma ovviamente apocrifo (un po' come il suo compatriota Derick Cooke si comportò con un'altra Decima, quella di Mahler) Berio ha invece evitato di comporre à la Schubert, ed ha riempito i tasselli mancanti al mosaico del manoscritto originale con proprie e perfettamente distinguibili tessere (in cui c'è del materiale schubertiano) che di volta in volta sfumano da Schubert verso Berio (atonalità, dissonanze, suono della celesta) e viceversa. Insomma, non ha completato, né ricostruito, ma ha appunto portato alla luce ciò che Schubert ci ha lasciato, non solo rendendo udibili le parti originali, ma mostrandoci chiaramente anche le lacune che l'ormai quasi moribondo compositore non fece in tempo a colmare. Insomma, un approccio a sua volta non poco narcisistico, se si vuole, ma almeno originale. (Personalmente trovo insopportabile la ricostruzione di Newbould.)

Si è ampiamente notato come l'atmosfera dell'Andante abbia un sapore mahleriano: e certo da Schubert il boemo prese innumerevoli spunti. Ma a me colpisce anche il secondo tema dell'iniziale Allegro maestoso, in LA, che sembra un germoglio da cui sboccerà quasi 30 anni dopo il primaverile Winterstürme:


(Certo Wagner nulla poteva sapere di quello schizzo schubertiano, ma la somiglianza balza all'orecchio, anche nell'armonizzazione.)

Delicata e misurata l'interpretazione di Zhang, che fa proprio emergere le tracce di Schubert da una specie di nebbiolina beriana.

Ecco poi la Quinta di Mahler, eseguita anche nella stagione scorsa (con Damian Iorio). Ieri è sembrata uscire irrobustita dalle mani di Zhang. Che evidentemente sta lasciando sempre di più sull'orchestra la sua precisa impronta interpretativa. Lo Scherzo e l'Adagietto (lentissimo, ma mai sdolcinato) mi son parsi al limite dell'eccellenza, ma tutta la sinfonia è uscita in modo splendido, negli insiemi e nelle parti solistiche, la tromba di Caruana e il corno di Ceccarelli in testa a tutti. Insomma, un'esecuzione di quelle che ti lasciano davvero qualcosa dentro.

Prossimamente ancora romanticismo, maturo e …tardo.
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