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08 ottobre, 2010

Stagione dell’OrchestraVerdi - 5

 
Salvatore Accardo, in veste anche di Kapellmeister, ha presentato due opere di Mozart, nel quinto concerto all'Auditorium.

Senza podio né bacchetta per l'intero concerto, ha dapprima eseguito la Serenata Haffner. Imbracciando anche il violino - à la Boskovsky – nel secondo, terzo e quarto brano degli otto che costituiscono questa lunga e mirabile opera di un Mozart ventenne, e quindi già avviato verso il periodo della piena maturità. Complesso ridotto agli archi o poco più: i fiati classici. Esclusi invece i clarinetti, come pure i timpani (che un refuso del programma di sala cita nell'organico).

La prima parte della serenata comincia con l'Allegro maestoso, in RE maggiore, dove fa subito capolino, in corni e oboi, un frammento che anticipa scopertamente il Se vuol ballare delle Nozze.

Il secondo tempo (Andante, in SOL maggiore) chiama per la prima volta in causa il Violino principale, e qui Accardo comincia ad esibire la sua alta maestrìa, culminante nella cadenza, quasi concertistica, posta a 5 battute dalla conclusione.

Il terzo brano è un Menuetto in SOL minore, il cui incipit ci fa già intravedere quello – celeberrimo - della Sinfonia n°40. Emozionante qui il Trio, col Violino che guida la melodia, e i fiati – corni in evidenza - che lo accompagnano con garbo e delicatezza. Un gioiellino!

Ecco poi lo straordinario Rondò (Allegro) in SOL maggiore, col suo tema principale di semicrome in staccato. Sulle corone puntate che separano il tema principale da quelli secondari Accardo non manca di infilare delle mini-cadenze. Al termine depone lo strumento, e da qui in poi si limiterà a dirigere. Il pubblico - chi sa se per ammirazione o perché giudica finita la Serenata (che invece è solo a metà) - applaude calorosamente e Accardo ringrazia.

La seconda parte inizia con un nuovo Menuetto, aggettivato galante, in RE maggiore, con Trio in RE minore (e FA maggiore). Poi segue il secondo Andante in LA maggiore. Quindi il terzo Menuetto, che è in RE maggiore, con ben due Trii (SOL e RE).

Da ultimo, il Finale (Adagio, Allegro assai) in RE maggiore, tonalità d'impianto (come usano dire gli accademici). Qui è il fagotto che ha modo di mettersi in luce, chiamato a esaltanti, quanto difficili svolazzi di semicrome.

Esecuzione davvero impeccabile da parte del Maestro, ma anche di tutti i componenti dell'Orchestra, specie i fiati, qui a suonare, in pratica, come solisti. E meritati consensi da parte del (non proprio oceanico) pubblico.

Chiude il concerto la Sinfonia Linz (n°36, K425). Dove Mozart sposa il modello Haydn-iano, che prevede una introduzione in Adagio, prima dell'Allegro spiritoso, rigorosamente in forma-sonata. L'orchestra è ancor più leggera che nella Serenata: oltre ai clarinetti, qui vengono espulsi anche i flauti, ai cui leggìi si trasferiscono i fagotti, lasciando i loro posti alle trombe, per compattare l'ottetto dei fiati. In compenso appaiono i timpani, ma quella della brava Viviana Mologni è una presenza assolutamente discreta.

Nel Presto finale compare il secondo tema, nella tonalità di SOL maggiore (dominante del DO di impianto) che risentiremo nel Larghetto dell’ultimo concerto mozartiano, ma che sarà citato alla lettera – consciamente? - da Beethoven in una delle sue Sonatine per pianoforte:

Brillante e fresca – e rispettosa di tutti i ritornelli - l'esecuzione di Accardo, che trascina il pubblico in un lungo e strameritato applauso.

Prossimamente si torna all'accoppiata Schumann-Mahler, con un appuntamento tragico.

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