ricongiungimenti

Maurizio & Claudio

02 agosto, 2009

Il Ring di Bayreuth09 (IV)

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Götterdämmerung

Che dire… Uno scampato pericolo? Poteva andar peggio? Salvata la faccia?

Era cominciata come era finito Siegfried, con i due protagonisti a mostrare l’aspetto peggiore delle loro qualità. Poi, miracolosamente, le cose sono lentamente migliorate e alla fine ne è uscito un Crepuscolo dignitoso, pur nel livello non eccelso che da anni caratterizza il lato C (quello del canto, cioè il più importante!) di Bayreuth.

Christian Franz ha continuato a urlacchiare per tutto il prologo e il primo atto. Nella scena con Gunther, dopo l’assunzione del filtro, addirittura in modo sguaiato, avendo evidentemente travisato del tutto l’effetto della pozione: che non è un superalcolico che fa ubriacare, ma soltanto un anestetico della memoria, lungi dal revocare per l’interprete il dovere di cantare. Poi ha cominciato a migliorare nel secondo atto, e nel terzo ha raggiunto un livello di dignitosa decenza, fino alla nobile esposizione del ricordo di Brünnhilde.

La quale Linda Watson nel prologo e primo atto, per me fu disastrosa: voce chioccia, urlati gli acuti, stonacchiamenti vari, il tutto culminato nel finale della scena con Siegfried(Gunther), dove mi sono segnato un improperio che non riporto per decenza. Poi anche lei, col passare del tempo, sempre meno peggio e diciamo pure benino, nella scena madre del secondo atto e poi, con König e Lukas, in un efficacissimo terzetto della camera di consiglio che decreta la morte di Siegfried. Ma la gradevole sorpresa arriva nel finale, dove Brünnhilde deve prendere in mano la situazione e torreggiare su tutti: qui devo dire che la Watson se l’è cavata più che onorevolmente, legando bene ed evitando urla e emissioni forzate. Il che dimostra che – se vuole e si impegna – può anche essere una buona Brünnhilde.

Brava la Waltraute di Christa Mayer, che ha cantato con grande pathos, e nella scena con Brünnhilde spiccava ancor più a confronto delle manchevolezze della Watson.

Gutrune e Gunther (Edith Haller, che fa anche la 3a Norna e Ralf Lukas, già udito come Donner) mi sono piaciuti abbastanza: voci solide e piene, niente (o pochissimi) urli o sgradevoli vibrati.

Hans-Peter König è un grande Hagen. Devo dire che al Maggio, nell’allestimento Fura-Mehta lo avevo assai apprezzato anche dal punto di vista della presenza scenica.

Anche in una parte ristretta, Andrew Shore ha dato il meglio: un Alberich davvero impeccabile!

Norne e Ondine dignitose, senza infamia nè lode, ad eccezione della citata Haller, che ha avuto però la chance della parte solistica.

E ora Thielemann che, nella generale eccellenza della sua direzione, non riesce ormai più a rinunciare ai suoi effetti speciali, ottenuti scrivendo di suo pugno sulla partitura originale dei segni (generalmente di pausa o rallentamento) che Wagner non si era minimamente sognato di annotare. Alcuni (come il chiaro rallentamento alla prima entrata del tema dell’eroismo di Siegfried, nei 6 corni, nel Prologo o quello in prossimità dell’apertura del primo atto) si possono anche tollerare, perché non guastano poi più di tanto l’atmosfera generale. Ma altri personalmente non li digerisco, e non per un malinteso principio di censura a chiunque si macchi del delitto di lesa maestà verso l’autore, ma perché li ritengo musicalmente dannosi, o addirittura fuorvianti nella comprensione dell’intero Ring. Vediamo.

Nella cosiddetta marcia funebre Thielemann rallenta vistosamente al momento di suonare il terzo inciso (tema della morte) subito prima dell’esposizione della seconda sezione del tema dei Wälsi: una scelta invero arbitraria, chè potrebbe allora applicarsi a molti altri passaggi. Ma peggio accade poco dopo, laddove ricompare il tema dell’eroismo di Siegfried (una variante appesantita del tema di Siegfried giovane) già udito – con carattere appena un po’ meno enfatico - nel Prologo. Orbene, nella seconda sezione, poderosamente esposta da ottoni e fagotti, Thielemann introduce un’arbitraria e per nulla impercettibile pausa dopo il primo quarto (LAb-SOL/FA in corni e trombe) e le due successive terzine (SIb-LAb-SOL / LAb-SOL-FA): un effetto per nulla gradevole all’orecchio e carico di un’enfasi retorica del tutto pleonastica e per me controproducente.

Ma il peggio è la pausa di una semiminima che il nostro si inventa prima delle fatidiche ultime sette misure, cioè in corrispondenza della fine del tema del Crepuscolo e l’inizio del tema cosiddetto della Redenzione. Lì c’è condensata l’essenza dell’intero Ring: un mondo muore, nel rogo del Walhall e nell’esondazione del Reno, e un altro mondo nasce, appunto sperando di redimersi. Wagner, dopo la discesa crepuscolare negli strumentini e prima del tema della redenzione, si limita a non mettere alcun segno di legato con le note precedenti. Ma non scrive né una pausa, né tanto meno una corona puntata, e neanche una piccola virgola di respiro. Evidentemente a significare che fra il vecchio mondo che muore e il nuovo che rinasce speranzoso non c’è soluzione di continuità, come ci conferma l’analisi delle prime 4 delle ultime 7 misure, dove sono condensati tutti i cromosomi del mondo morente. C’è poi un altro riferimento inquietante legato al tema della Redenzione: che era apparso molto prima (Walküre, atto III) in SOL e adesso chiude il Ring in REb. Cioè degradato di un tritono, il fetente diabolus in musica! E non è finita; un rapido censimento dei sopravvissuti al grande amba-aradam ci dice che, a parte l’insignificante Gutrune e la folla anonima dei Ghibicunghi, lì restano a cominciare il nuovo corso: le Figlie del Reno e Alberich! Ecco perché quella pausa è per me filosoficamente inaccettabile, come sarebbe far eseguire testo e musica del 1852 o quelli del 1856.

Quanto all’accoglienza in teatro, è stata assai perplessa – è parso di cogliere – alla fine del primo atto… poi, col progredire della carburazione dei due protagonisti, grande trionfo. Meglio così.
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