apparentamenti

consulta e zecche rosse

31 marzo, 2008

Ecco qua un’altra perla...

Non passa giorno senza leggere di una nuova scempiaggine perpetrata in nome del famigerato Regietheater.

Oggi tocca a Hans Neuenfels tornare alla ribalta con una sciagurata messinscena di Tannhäuser ad Essen.

Il bello è che - regolare - il regista si becca un fiume di buu e le rimostranze del pubblico... ma poi sovrintendenti, direttori artistici, manager teatrali continuano ad affidargli la regia di opere importanti.

Vien persino voglia di dar ragione a gente bizzarra e stravagante come questa, che interpreta i classici d’opera in forma rock: anche se dicono stupidaggini (del tipo: “Mozart era in fondo un rockettaro”) almeno sono sinceri e non prendono in giro nessuno, pretendendo di insegnargli qualcosa. E sono i più lucidi critici del Regietheater, quando affermano:

“Il problema di quegli allestimenti (le moderne regie, ndr) è che quei registi hanno paura di toccare la musica (...) Ambientano la scena iniziale della Traviata come un party nel 21° secolo, ma poi in questo party si suona un walzer con una orchestra d’archi! Ed ecco che ogni sforzo fatto per modernizzare l’Opera casca miseramente a terra”.

Ben detto.

2 commenti:

mozart2006 ha detto...

Amico Daland,
ti garantisco che anche i tedeschi cominciano ad averne piene le scatole di questa roba...a me,per esempio,ha dato molto fastidio (piú del Fliegende Holländer da te giustamente deprecato)la Fanciulla del West allestita qui a Stoccarda l´anno scorso da Calixto Bieito,ambientata in un circo con Minnie che entrava appesa a un cavo in costume da trapezista!
E poi trovo deprimenti i saggi nei programmi di sala con i quali questi signori analizzano le motivazioni psicologiche dei personaggi.Pagine e pagine di scrittura fumosa in un gergo freudian-sociologico da quattro soldi...
Comunque,di questo movimento ne salverei tre:Willy Decker,Peter Konwitschny e la coppia Jussi Wieler-Sergio Morabito.

daland ha detto...

Gianguido, sia chiaro che io non intendo minimamente mettere in discussione l’acume, l’intelligenza e le capacità professionali di questi signori. E soprattutto la loro fantasia!

È il principio che non riesco proprio a digerire: quello che porta costoro a “servirsi” di opere grandi e famose, come strumento usato per trasmetterci i loro più o meno calzanti e convincenti messaggi, invece di “servire” quelle opere come si meriterebbero (le opere e gli spettatori).

I quali spettatori, mi spiace per loro, ma se “si divertono” così, dimostrano di non avere la minima conoscenza, prima ancora che la dovuta stima, per quelle opere.