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25 giugno, 2023

A Ravenna ancora malmessa tiene duro il Festival

Lo stato della pianura attorno a Ravenna è ancora ben lontano dalla normalità, mentre la politica litiga su chi debba occuparsi del problema… (se no, che italiani saremmo?)

Il Ravenna Festival sfida tutte le disgrazie e stoicamente procede nella sua programmazione. Ieri sera l’Orchestra Cherubini (del Maeschstre co-padrone di casa) ha tenuto un gran bel concerto, sotto la direzione del 49enne Julian Rachlin (austriaco di origini lituane, che alterna la bacchetta con gli archetti di violino e viola) e con la partecipazione di Yefim Bronfman, 65enne pianista uzbeko-israeliano-statunitense.

PalaDeAndré purtroppo occupato per non più di due terzi dei posti, già in partenza fortemente ridotti rispetto alla capienza nominale…  

Programma aperto da Rimski-Korsakov, con il suo breve Preludio dell’opera (del 1905) che narra della leggendaria Kitež, la città invisibile. La versione da concerto è un poco allungata rispetto a quella che apre l’opera: sono comunque poco più di 4 minuti (101 battute) di musica evocante il mistero della nebbia dorata che avvolge, rendendola invisibile e poi improvvisamente mostrandola agli occhi spaventati degli invasori tatari, la città divenuta simbolo della resistenza russa ai nemici orientali.
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Ecco poi Bronfman proporci quello che da molti è considerato (Imperatore permettendo) il più prezioso dei 5 concerti pianistici di Beethoven: il Quarto, in SOL maggiore. Lui passa per essere un demolitore di tastiere, perchè si dice usi il pianoforte come percussione… ma con questo Beethoven quasi dimesso e introverso ha mostrato quanto sia capace di leggerezza e trasparenza di suono, calcando un po’ la mano solo nella cadenza dell’Allegro moderato. Rachlin lo ha ben supportato, salvo qualche sporadico eccesso di volume, che si può perdonare, dato l’ambiente non proprio da auditorium del PalaDeAndré.

Poi Bronfman, acclamato dal pubblico, ha però tirato fuori le unghie con due bis garibaldini (qui siamo in zona…): il Rachmaninov dell’Op.23 n°5 e il rivoluzionario Chopin dello Studio n°12 Op.10.
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La serata si è chiusa sontuosamente con la tremenda (dal punto di vista di chi la deve suonare…) Quarta Sinfonia di CiajkovskiRachlin è da elogiare anche solo per aver diretto con la partitura appoggiata… nella sua memoria, il che testimonia della cura che le ha riservato.

La Cherubini dal canto suo ha mostrato di non temere prove impegnative come questa: qualche pecca, soprattutto in alcuni non perfetti impasti di suono fra le sezioni, nulla toglie ai meriti di questi ragazzi, accolti con grande calore dal loro pubblico di casa.

18 giugno, 2023

Torna al Piermarini il Macbeth di Livermore

Ieri sera la Scala ha ospitato la prima di Macbeth nella produzione che allietò (beh, insomma…) il SantAmbrogio2021, allora firmata da Chailly-Livermore. Oggi resta solo il regista, mentre il concertatore è quel Giampaolo Bisanti che poco più di un anno fa esordì brillantemente in Scala con Adriana.

Rispetto al 2021 tornano anche il protagonista Luca Salsi (per alcune recite), Ekaterina Semenchuk e Jongmin Park (allora cantarono l’ultima recita al posto di Netrebko e Abdrazakov) e la figura di contorno del Medico (Andrea Pellegrini). Più avanti si rifarà viva anche la divina Anna (cui nessuno chiede più abiure contro il macellaio Putin…)

La messinscena di Livermore (parlo per me, ovviamente) era già piuttosto deludente (e pure… vecchia) al suo primo apparire, e in questi 18 mesi non poteva certo ringiovanire, perciò lasciamola pure al suo destino e parliamo di musica.

Partendo dalla direzione di Bisanti, che evidentemente ha fatto tesoro della strada aperta nel 2021 da Chailly, mettendo in risalto, e sempre in modo appropriato, ogni dettaglio della partitura, mai andando sopra le righe anche quando vi fa capolino la proverbiale vanga di Verdi; e guidando/accompagnando le voci con equilibrio e… rispetto. L’orchestra ha confermato il suo stato di grazia, in tutte le sezioni e nei singoli.

Lode piena ai coristi di Malazzi e alle due soliste del coro di voci bianche: in questo repertorio non hanno uguali!

Luca Salsi ovviamente non è una sorpresa, ma una certezza: non una sbavatura nella sua voce, varietà di accenti e piena immedesimazione nel ruolo. Per lui ancora un gran trionfo e apprezzamenti incondizionati.

Ekaterina Semenchuk è ormai una veterana nel ruolo, che ha cantato in giro per il mondo. Si può discutere se la sua voce da mezzo sia più o meno adatta alla parte (chi predilige una Lady autoritaria e sfacciata l’apprezzerà, chi preferisce una Lady complessata e insicura avrà qualche riserva e… aspetterà la Netrebko) ma insomma, meglio l’abbondanza che la carestia, ecco. Trionfo anche per lei.

Jongmin Park, da ex-accademico è ormai diventato quasi un veterano alla Scala (fra l’altro in questi giorni, accanto a quelli di Banqo, ha ancora nel suo camerino anche i panni di Vodnik…) ha messo in luce i suoi pregi (una voce davvero imponente) e magari il difetto di non gestirla ancora al meglio, sconfinando talora in schiamazzi poco verdiani, ecco. Certo, Abdrazakov è altra pasta, tuttavia mi sento di dare ampia sufficienza al 37enne basso coreano, che non può che migliorare ancora. E il pubblico mi pare sia stato ancor più buono con lui.

IIl Macduff di Fabio Sartori merita a sua volta un voto ampiamente positivo: la parte non è certo proibitiva, avendo solo un paio di momenti topici (l’aria e il finale) ma proprio per questo va lodata la professionalità del tenore, che ci ha messo il meglio di sé.

Malcom era Jinxu Xiahou, che mi aveva lasciato una buona impressione nel suo Tebaldo (Capuleti, 2022). E ieri l’ha pienamente confermata, guadagnandosi calorosi applausi.

Gli altri comprimari (Marily Santoro, dama; Leonardo Galeazzi, domestico; Costantino Finucci, araldo/apparizione; e il citato e redivivo Andrea Pellegrini) han fatto del loro meglio per completare l’opera.

Alla fine convinti applausi per tutti, con punte per Salsi, Semenchuk e Bisanti. 

15 giugno, 2023

Il barocco in concerto alla Scala

Ieri sera al Piermarini il lutto nazionale si è chiuso giusto in tempo per garantire l’unica recita, in forma concertante, di Carlo il Calvo di Nicola Porpora. E così scongiurare anche prevedibili contestazioni – tipo Regio di Torino - in caso di richiesta del minuto di raccoglimento. Sala per la verità con ampi vuoti (forse anche causati dai problemi di circolazione nella zona, legati agli strascichi del funerale di Stato…) poi ulteriormente cresciuti all’intervallo, ma assai ben disposta per questo barocco che mostra di avere tuttora schiere di appassionati cultori.

Per curiosa coincidenza il soggetto dell’opera, da risibile fumettone pseudo-storico, è diventato di immanente attualità, proprio a fronte della scomparsa del tycoon: la spartizione del bottino della sua colossale eredità, politica e materiale!

Come prevedibile (e già successo a Vienna in passato) l’esecuzione senza messinscena ha consigliato/comportato un’ampia sforbiciata ai recitativi secchi: il vantaggio è ovviamente la massima concisione e la prevalenza del flusso puramente musicale; ma a scapito della piena comprensibilità della trama. Certo, chi fra gli spettatori non si è adeguatamente preparato in anticipo, ha solo potuto limitarsi a godere delle note di Porpora (cosa comunque sempre gratificante); oppure ha cercato aiuto nel testo pubblicato sul programma di sala per seguire lo sviluppo del plot, in assenza del servizio (sempre precario peraltro) legato ai piccoli display in dotazione al teatro.

E ai suoni ha provveduto l’Orchestra ellenica Armonia Atenea, guidata dal suo Direttore George Petrou, indiscusso specialista del barocco, già protagonista dell’esecuzione di Bayreuth del 2020 in forma scenica (oltre che di quella di Vienna in forma di concerto). Un ensemble ieri costituito da 12 archi principali (6-3-3) più due celli e un basso per il continuo (con fagotto) e da 6 fiati (2 oboi, 2 corni, 2 trombe) cui aggiungere timpani e cembalo. In tutto quindi 24 elementi.   

Della citata esecuzione erano presenti quattro dei sette interpreti, precisamente: il controtenore Franco Fagioli (Adalgiso); il soprano Julia Lezhneva (Gildippe); il controtenore Max Emanuel Cenci (Lottario) e il soprano Suzanne Jerome (Giuditta). Ai quali si sono aggiunti qui il mezzosoprano Ambroisine Bré (Edvige); il controtenore Dennis Orellana (Berardo); e il tenore Stefan Bonnick (Asprando).

Quanto ai contenuti musicali, oltre ai tagli ai recitativi, ieri sono state omesse alcune arie, per la precisione:
Atto I, scena 6, Berardo, Sai, che fedele io sono;  
Atto I, scena 9, Giuditta, Pensa, che figlia sei;  
Atto II, scena 1, Gildippe, Se veder potessi il core;  
Atto II, scena 4, Asprando, Temer della sorte;  
Atto III, scena 1, Edvige, Quello che sente il cuore;  
Atto III, scena 7, Giuditta, Quel che miri, o figlio;  
Atto III, scena 8, Adalgiso, Con placido contento.  

Due arie sono state ridotte alla sola prima strofa (AA’) e private della seconda e della ripetizione:
Atto I, scena 7, Edvige, Pender da’ cenni tuoi;  
Atto II, scena 9, Gildippe, Amore è un certo foco.

Mantenute le due arie auto-imprestate:
Atto II, scena 13, Lottario, Se tu la reggi al volo (da Ezio);
Atto III, scena ultima, Gildippe, Come nave in mezzo all’onde (da Siface).

L’esecuzione è stata suddivisa in due parti, abbastanza equilibrate come durata: la prima comprendeva l’intero Atto I e il secondo fino all’aria di Lottario (Quando s’oscura il cielo); la seconda il resto dell’Atto II e l’intero Atto III. Rispetto a quanto annunciato sul sito e poi in teatro (rispettivamente 2h40’ e 3h) la durata della recita (intervallo incluso) si è protratta per 3h20’ (!)
___
Interpreti tutti all’altezza, con punte di diamante la Gildippe di Julia Lezhneva e l’Adalgiso di Franco Fagioli, davvero strepitosi (mirabile il loro duetto del terz’atto, un autentico tesoro musicale). Ma sugli scudi anche il Lottario di Max Emanuel Cenci e tutti gli altri interpreti, sempre accolti da regolari applausi a scena aperta al temine di ciascuna aria.

Alla fine, molti minuti di applausi all’intera compagnia (cui si è mescolato inizialmente un isolato quanto ingiustificato dissenso dalla seconda galleria, o ho sentito male?) a testimonianza dell’interesse e del gradimento suscitati da questa coraggiosa proposta del Teatro.

11 giugno, 2023

Primizie scaligere: arriva Carlo il Calvo

Dopo la prima apparizione assoluta di Rusalka, la Scala propone un’altra primizia, nel campo del barocco, sia pure solo in forma di concerto: si tratta di Carlo il Calvo di Nicola Porpora, un’opera composta per Roma e colà rappresentata nel 1738. Siamo già ai tempi in cui, dall’originale, severo recitar-cantando della Camerata de’ Bardi e di Monteverdi, si era passati (a partire da Venezia) al recitar-gorgheggiando, con l’assoluta centralità assunta dal ruolo dei cantanti e delle loro mirabolanti evoluzioni virtuosistiche, che finivano per mettere in secondo piano anche i più mirabili e ispirati contenuti musicali.  

La produzione è mutuata da quella della Markgräfliches Opernhaus di Bayreuth (sì, lassù non c’è solo il teatro di Wagner…) che nel settembre 2020 l’ha messa in scena in forma (quasi) integrale con un team che in gran parte è anche protagonista a Milano: Direttore (George Petrou), Orchestra (Armonia Atenea) e 4 interpreti su 7.

Come si vede nel video, la pandemia a Bayreuth non aveva impedito una rappresentazione normale, anzi (più sotto è riportato lo schema dei contenuti musicali dell’opera come lassù rappresentata). Pochi giorni dopo invece, a Vienna l’opera fu presentata dallo stesso team in forma concertante e senza intervalli (per via del Covid). La durata fu portata a circa 2h20’, rispetto alle 3h40’, due intervalli esclusi (! a proposito di Wagner…) di Bayreuth (atto I: -29’ su 86’; atto II: -18’ su 72’; atto III: -26’ su 56’). I corposi tagli riguardarono quasi tutti i recitativi ed anche alcune delle arie che nell’originale (non a Bayreuth, dove una è stata tagliata e due aggiunte da auto-imprestiti da altre opere) sono 26, più un duetto e il coro finale.

È abbastanza lecito immaginare che alla Scala venga seguito lo stesso approccio di Vienna, tutt’al più (stante l’ora di inizio alle 20) ci potrà essere un intervallo (o al massimo due… ancora il sito scaligero non riporta tempi).  

Il libretto, da L’innocenza giustificata del veneziano Francesco Silvani - musicato da vari compositori, come spesso capitava a quei tempi – ha come soggetto un’intricata trama che si svolge alla corte dell’appena defunto Imperatore Lodovico, nel nono secolo. I personaggi sono sette, più il ruolo del titolo che è impersonato da un bimbetto – Carlo, appunto – che non canta (anche se il libretto – non la partitura - lo farebbe cantare proprio nelle ultime battute dell’opera). A Bayreuth per animare lo spettacolo si è fatto ricorso a innumerevoli comparse, immaginate a partire dai fatti pregressi sommariamente descritti in fronte al libretto a stampa.

A meno di non limitarsi (ma è già molto!) ad ascoltare passivamente le arie di Porpora, che sono tutte bellissime, ma ahinoi fatte – come si usava a quei tempi – con lo stampino (classica struttura AA'-B-AA') è consigliabile prendere un minimo di dimestichezza con il plot, a partire da una sommaria conoscenza con i 7 personaggi che lo movimentano.

Il controtenore Lottario (che sarebbe poi Lotario, nipote di CarloMagno) è l’Imperatore in carica. La sua matrigna Giuditta (soprano) che ha sposato suo padre Lodovico, ha avuto da quest’ultimo un figlio, Carlo appunto, che va ad aggiungersi alle sue due figlie di primo letto (Gildippe, soprano ed Edvige, mezzosoprano). Prima di morire, il vecchio Lodovico, evidentemente per contraccambiare Giuditta delle sue premure, aveva deciso che parte dell’Impero sarebbe dovuta andare al giovin Carlo, a scapito di Lottario.

Di qui l’astio di Lottario per la matrigna e il piccolo fratellastro. Ma anche per il proprio figlio Adalgiso (controtenore) che si è fatto conquistare dalle grazie di Gildippe e quindi parteggia per la di lei madre e per il piccolo ziastro.

Su questo terreno entrano poi – sui due fronti contrapposti - altrettanti disinteressati consiglieri: Berardo (controtenore) da sempre confidente di Giuditta (qualche calunniatore insinua pure che se la sia ingroppata e che sia addirittura padre di Carlo) la quale gli mette a disposizione… Edvige; e Asprando (tenore) pronto a qualunque nefandezza pur di garantirsi le grazie di Lottario.

Ecco, conosciuti i protagonisti non resta che informarci sommariamente sulla vicenda oggetto dell’opera; e per farlo si può partire dalla lettura della succinta sinossi gentilmente offertaci sul sito del Teatro. Dopodichè… buon barocco a tutti!
__        
Struttura musicale dell’Opera (recitativi esclusi) con varianti di Bayreuth

Legenda colonne: Atto/Scena – Aria/Recitativo accompagnato/Duetto/Coro – Protagonista – Titolo - Tempo inizio – Tempo fine – Durata canto – Note (Inizio e fine dal video citato)

In giallo le varianti di Bayreuth.

A/S
R/A/a
Prot
Contenuto/Titolo
Inizio
Fine
Dur
N
 
 
 
Overtura - Allegro
50”
3’02”
2’12”
 
 
 
 
Overtura - Lento
3’24”
4’34”
1‘10”
 
 
 
 
Overtura - Contradanza
4’35”
5’25”
50”
 
I-2
A
LOT
Vado nello splendore
8’50”
14’45”
5’55”
 
I-3
A
ASP
Col passeggiar talora
16’05”
20’45”
4’40”
 
I-4
A
ADA
Tornate tranquille
22’10”
28’30”
6’20”
 
I-5
A
GIL
Sento che in sen turbato
29’20”
35’00”
5’40”
 
I-6
A
BER
Sai, che fedele io sono
36’55”
42’25”
5’30”
 
I-7
A
EDV
Pender da’ cenni tuoi
43’10”
48’00”
4’50”
 
I-8
A
LOT
Se rea ti vuole il cielo
51’55”
55’35”
3’40”
 
I-9
A
GIU
Pensa, che figlia sei
57’20”
1h01’50”
4’30”
 
I-10
A
GIL
Se nell’amico nido
1h02’50”
1h13’20”
10’30”
1
 
 
 
Marcia
 
 
 
2
I-11
A
GIU
Vorresti a me sul ciglio
1h16’15”
1h19’10”
2’55”
 
I-13
R-acc
ADA
O cieli! O cieli!
1h19’33”
1h20’28”
55”
 
 
A
ADA
Saggio nocchier
1h20’30”
1h27’10”
6’40”
 
 
 
 
Fine Atto I
 
1h27’10”
57’17”
 
 
A/S
R/A/a
Prot
Contenuto/Titolo
Inizio
Fine
Dur
N
II-1
A
GIL
Se veder potessi il core
1h31’25”
1h33’55”
2’30”
 
II-2
A
ADA
Taci, oh Dio!
1h35’40”
1h42’40”
7’00”
 
II-3
A
LOT
Quando s’oscura il cielo
1h44’45”
1h53’20”
8’35”
 
II-4
A
ASP
Temer della sorte
1h55’40”
1h59’50”
4’10”
 
II-7
R-acc
GIU
Misera! O cielo!
 
 
 
2
 
A
GIU
Tu m’ingannasti, oh Dio
 
 
 
3
II-8
A
BER
Per voi sul campo armato
2h01’25”
2h05’30”
4’05”
 
II-9
A
GIL
Amore è un certo foco
2h06’20”
2h12’20”
6’00”
 
II-10
A
EDV
Il provvido cultore
2h13’00”
2h20’15”
7’15”
 
 
A
GIU
Tu m’ingannasti, oh Dio
2h21’35”
2h24’50"
3’05”
3
 
 
 
Marcia
 
 
 
2
II-11
R-acc
BER
Guerrieri, ecco l’arena
 
 
 
2
 
A
LOT
Se tu la reggi al volo
2h27’35”
2h31’50"
4’15”
4
II-14
A
ADA
Spesso di nubi cinto
2h32’10”
2h39’30”
7’20”
 
 
 
 
Fine Atto II
 
2h39’30”
54’15”
 
 
A/S
R/A/a
Prot
Contenuto/Titolo
Inizio
Fine
Dur
N
III-1
A
EDV
Quello, che sente il cuore
 
 
 
2
III-2
A
BER
Su la fatal arena
2h41’30”
2h45’15”
3’45”
 
III-3
R-acc
ASP
Misero, e dove sono
2h45’28”
2h46’40”
1’12”
 
 
A
ASP
Piena di sdegno in fronte
2h46’40”
2h49’50”
3’10”
 
III-4
D
ADA GIL
Dimmi che m’ami, o cara
2h54’25”
3h07’05”
12’40”
 
III-6
A
LOT
So che tiranno io sono
3h14’40”
3h18’55”
4’15”
 
III-7
A
GIU
Quel che miri, o figlio
3h19’30”
3h21’35”
2’05”
5
III-8
A
ADA
Con placido contento
3h22’30”
3h27’20”
4’50”
 
 
A
GIL
Come nave in mezzo all'onde
3h29’25”
3h33’40”
4’15”
6
III-11
C
 
Ecco alfin che il fosco orrore
3h34’25”
3h35’55”
1’30”
 
 
 
 
Fine Atto III
 
3h35’55”
29’42”
 

 Note:

1. Come da partitura; testo nel libretto: Vedersi togliere l’amato bene
2. Taglio
3. Spostata dopo la Scena 10
4. Dall’opera Ezio    
5- Aria troncata dopo la sezione AA'
6. Dall’opera Siface