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29 giugno, 2022

Ravenna stregata da Iván Fischer

Ieri sera l’immenso Pala DeAndré – ma con capienza ridotta rispetto al passato - ha ospitato la prestigiosa Budapest Festival Orchestra, guidata dal suo fondatore Iván Fischer, per un concerto di quelli davvero tosti. 

La Budapest fu immaginata (quasi 40 anni fa) da Fischer su basi innovative: invece di un insieme di professionisti agli ordini del Direttore che esprime (e impone magari) la sua volontà, è un gruppo di interpreti ciascuno dei quali porta all’esecuzione la sua propria sensibilità e il suo gusto: un po’ come nel teatro (o nel cinema) dove c’è un regista che cerca (perché vuole o deve) trarre il massimo dalle specifiche qualità di ciascun interprete.

Orbene, come tutto ciò non si traduca in totale anarchia e disordine, ma produca risultati a dir poco mirabili è il miracolo che Fischer riesce a ripetere ad ogni concerto, e che si è puntualmente ripetuto anche ieri.  

Concerto che presentava nella prima parte la Terza di Johannes Brahms (qui una recente incisione, che bene esalta il rigoroso approccio interpretativo del direttore magiaro e dei suoi professori). Grande portamento e seriosità nell’iniziale Allegro con brio; serena contemplazione nel variegato Andante; crepuscolare e pudica la visione del celeberrimo Allegretto; perfetto l’equilibrio del multiforme Allegro conclusivo, con il suo sotterraneo agitarsi, la sua eroica perorazione e il ritorno finale all’atmosfera dell’inizio della sinfonia, degradante verso la sognante conclusione.

Un difetto in tutto ciò? Sì, quello di averci risparmiato il da-capo dell’esposizione nel movimento iniziale!  

Poi ecco la straordinaria Scheherazade di Rimski, interpretata dal… violino di Tamàs Major. Qui è davvero il festival dei colori, del rubato, delle mille e una sfaccettature di cui il mago Rimski ha infercito e arricchito questo autentico gioiello. E qui davvero sono emerse le caratteristiche somatiche dell’Orchestra, dove le parti solistiche (primo violino a parte) abbondano e dove tutti, dai corni al fagotto all’arpa, ma proprio tutti si sono messi in luce.

Meritatissimi gli applausi e le ovazioni che hanno salutato la Principessa che si infila languidamente, senza tema di… ritorsioni, sotto le lenzuola accanto al Sultano, ormai neutralizzato.

E il successo clamoroso è ripagato da due bis, chiusi dal Brahms della Danza ungherese n°6.

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