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25 gennaio, 2019

laVerdi 18-19 - Concerto n°14


In prossimità della Giornata della Memoria laVerdi ha voluto rendere omaggio a due compositori che furono vittime (pur con diversi esiti) della follia nazista: Hanns Eisler, la cui unica colpa fu di essere un ebreo convinto pacifista e sostenitore dell’ideologia comunista, il che lo costrinse - dopo l’avvento di Hitler - a lasciare la sua Germania esiliandosi in USA (da dove dovette peraltro andarsene dopo la guerra, proprio perchè... comunista); e l’ebreo boemo Erwin Schulhoff, pure comunista militante, morto di tubercolosi nel 1942 nel campo di concentramento di Wurzburg dove era stato rinchiuso dai nazisti che lo avevano arrestato proprio mentre cercava di riparare in URSS.

L’impaginazione del concerto sembra quasi volerci ammonire che le più grandi civiltà possono generare - se non si vigila e, appunto, non si fa tesoro delle esperienze passate - autentici mostri. Come è stato possibile che da un’epoca e da un Paese che aveva prodotto - nel campo artistico e musicale - figure come quelle di Beethoven e Wagner sia potuta nascere una barbarie come quella che insanguinò l’Europa e il mondo intero?

Domande quanto mai di attualità nel mondo di oggi che, svanita l’illusione della fine della storia e dell’avvento dell’Eden, sembra purtroppo avviato a ripiombare in un inferno dove i muri da poco abbattuti vengono ricostruiti ancor più alti e impenetrabili e dove milioni di esseri umani tornano ad essere considerati come pericoli pubblici dai quali doversi difendere, anche con la forza.

Per meditare su tutto ciò il programma presentato questa settimana in Auditorium, dopo una trascinante Ouverture e uno dei più straordinari Concerti solistici, non si chiude trionfalmente - come da tradizione - con una grande opera sinfonica, bensì con due onesti lavori usciti dalla penna di individui che furono innocenti vittime della barbarie novecentesca succeduta al glorioso ‘800.

Timothy Brock, originario dell’Ovest americano, è specialista (come studioso, esecutore e compositore) di musiche da film (per questa sua esperienza è stato già ospite in Auditorium) oltre che di musica del ‘900, il che ha a che fare in particolare con il terzo brano in programma. Ma sa ovviamente destreggiarsi con tutto il repertorio classico e così la sua lettura dell’Ouverture del Tannhäuser è davvero trascinante, mettendo efficacemente in mostra il contrasto fra la componente mistica e quella erotica del brano (contrasto che peraltro caratterizza l’intera opera).

Il giovanissimo austriaco Aaron Pilsan ci ha poi deliziato con il monumentale quanto ostico Quarto concerto di Beethoven, forse e senza forse la più alta espressione di questo genere di pianismo: lui si è portato dietro lo spartito, ma lo ha lasciato sul bordo del pianoforte, forse per sentirsi vicino a... Beethoven. La sua è stata un’interpretazione convincente, tutta leggera e come in punta di piedi, salvo il turbinoso finale.

Se a soli 24 anni mostra questa maturità, c’è davvero da aspettarsi da lui un futuro ricco di grandi cose. Per ringraziare degli applausi ci suona dapprima un Mozart proprio... turco (parodia o geniale parafrasi?) e poi un trascinante Chopin (primo studio op.10).
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Ecco poi i due brani (composti quasi contemporaneamente, fra il 1931 e il ’32) che in qualche modo ci portano all’attualità delle celebrazioni di fine gennaio. Il primo è Niemandsland di Eisler, un breve suite in quattro parti, tratta dalle musiche per l’omonimo film dai contenuti chiaramente pacifisti ed anti-militaristi. Più che un’orchestra sinfonica, qui abbiamo una band con sax e banjo, oltre al pianoforte, potenziata da qualche violoncello. Sono 10 minuti di musica accattivante, che però i puristi nazi bollavano come degenerata, bontà loro... 
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Chiude la serata la Sinfonia n°2 di Schulhoff, che risente chiaramente dell’atmosfera da realismo socialista, che l’Autore ebbe modo di respirare in URSS. Ci si sente però anche qualcosa di Mahler, oltre che dello Stravinski neoclassico. Insomma, nulla di straordinariamente originale, un po’ come la sinfonia di Schmidt ascoltata l’altra settimana: due autori ideologicamente agli antipodi che sembrano incontrarsi sul terreno musicale.

Pubblico non oceanico e ulteriormente smagritosi all’intervallo (nobbuono) che ha riservato calore e applausi a Brock e ai ragazzi. Date le circostanze, bene così.

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