Ieri pomeriggio
la Fenice - teatro ahinoi vergognosamente semideserto - ha
ospitato la seconda recita della Mirandolina di Bohuslav Martinů. Che non sarà popolare
come Traviata o Bohème o Carmen, ma che meriterebbe più... considerazione,
ecco.
Oltretutto lo spettacolo è quanto di più gradevole e godibile si possa
offrire, grazie alla spumeggiante musica del ceco, che John Axelrod valorizza al meglio - sfruttando al massimo la gran
forma dell’Orchestra veneziana - e alla scanzonata messinscena di Gianmaria Aliverta, che attualizza
simpaticamente la commedia goldoniana, trasferendola ai nostri giorni.
Ecco quindi che la locanda di Mirandolina diventa
una spa, dove necessariamente si sta
più nudi che vestiti. Così c’è modo di ammirare i vellosi petti dei nobili che
popolano saune e bagni e le curve delle due zoccole sedicenti nobili che
prorompono da (peraltro castigati) bikini. Anche la tavola della suite del Cavaliere si trasforma quindi in
una jacuzzi colma di schiuma, dalla
quale emerge magicamente, alla fine della terza scena dell’atto secondo, il
Marchese per sorprendere il tête-à-tête fra locandiera e Ripafratta.
Questi sono solo due degli aspetti frizzanti della regìa, che si avvale
di semplicissime scene di Massimo Checchetto (la solita pedana
girevole che ci presenta alternativamente un paio di scarni ambienti: vestibolo
di piscina-sauna, camera del cavaliere o lavanderia-stireria di Mirandolina) e degli improbabili
costumi – quando non sono semplicemente accappatoi e salviettoni - di Carlos Tieppo. Completa il tutto l’efficace impianto di luci di Fabio Barettin.
Silvia Frigato è una frizzante
Mirandolina: la parte non è impervia, ma richiede sensibilità interpretativa
che il soprano (specialista di barocco, quindi appropriata per un’opera che si
rifà al classicismo) ha mostrato di possedere in dosi abbondanti, caratterizzando
di volta in volta l’impertinenza, la maliziosità e la fredda determinazione che
animano il personaggio della locandiera.
Omar Montanari è un ottimo Ripafratta, voce
penetrante e mai sguaiata, convincente nel ricreare il percorso... evolutivo
della personalità del nemico delle donne che finisce per diventarne schiavo. I due
altri nobili (qui trasformati in una coppia di tamarri e sfigati) sono Marcello Nardis (Albafiorita) e Bruno Taddia (Forlimpopoli): il tenore
fa sfoggio di voce squillante e grande (e... grossa!) presenza
scenica; il basso sfoggia felice aderenza al personaggio di nobile decaduto
quanto presuntuoso.
Completano la parte maschile del cast il bravissimo Leonardo Cortellazzi (Fabrizio) e Christian Collia (che fa onestamente il suo dovere nella parte oggettivamente limitata
del Servitore del Ripafratta). Da ultimo le due comiche, Giulia Della Peruta (Ortensia) e Laura Verrecchia (Dejanira): scelta azzeccatissima di chi ha messo insieme il cast. Per le voci? Forse, ma di sicuro
per... le curve (!)
I rari nantes
che (s)popolavano la sala si son comunque fatti sentire con prolungati applausi
e ripetute chiamate per tutti i protagonisti.
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P.S. Prima dell'inizio dello spettacolo è stato osservato un doveroso minuto di raccoglimento, in memoria delle vittime di Dacca.
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P.S. Prima dell'inizio dello spettacolo è stato osservato un doveroso minuto di raccoglimento, in memoria delle vittime di Dacca.
2 commenti:
Quanto al teatro semideserto, non sarà anche per i prezzi? Sono stato per la prima volta alla Fenice ieri per l'ultimo concerto dedicato a Bruckner; avrei voluto abbinarvi anche la recita di sabato della Mirandolina, ma non ho trovato prezzi abbordabili.
Fra l'altro mi trovavo in galleria al centro e sono rimasto positivamente impressionato dall'acustica, anche se magari non adattissima a un concerto sinfonico.
Mauro
@groink
Purtroppo il problema dei prezzi non è solo della Fenice (hai presente la Scala?)
L'acustica del teatro è invidiabile, io ci ho sentito anche concerti e ne sono rimasto sempre soddisfatto.
Grazie e ciao!
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