Il concerto di questa settimana è davvero particolare, per contenuti e… brevità quasi aforistica. Sul podio John Neschling, la cui sospetta combinazione nome-cognome ne
tradisce la nazionalità: brasiliana. Pubblico limitato agli irriducibili
intimi: fra le numerose assenze, notata quella di Nicola Campogrande, che ormai da mesi saliva regolarmente sul podio per ricevere gli
applausi di prammatica per i suoi divertimenti targati EXPO.
Si apre quindi con Il Cigno di Tuonela, la cui prima stesura, seguita da qualche aggiustamento, causa cambi di destinazione del brano, risale al 1893. È il secondo (o terzo, a seconda della collocazione) dei quattro numeri della suite titolata Lemminkäinen, dal nome di un personaggio della principale mitologia finnica, la Kalevala (alter-ego delle Edda norrene).
Il cignone nero protagonista del brano è quello che maestosamente circumnaviga l’isola di morti di Tuonela, e che il prode quanto incallito sciupafemmine Lemminkäinen dovrebbe far secco per ottenere la mano di una principessa. Invece è lui che fa la fine del cigno del Parsifal, trafitto con una freccia avvelenata da un pastore cieco che poi lo riduce pure a spezzatino. Però sua madre recupera i pezzettini galleggianti sull’acqua (prima che il cigno se li ingoi) e li re-incolla con l’attak, rimettendolo in sesto meglio di prima (!? evabbè… i miti.)
Sono meno di 10 minuti di musica proprio… nordica, in cui ha una parte di spicco il corno inglese, che Paola Scotti mostra di saper suonare divinamente. A lei vanno i meritati applausi di pubblico e colleghi.
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Ecco poi Ballata delle
gnomidi (1920). Il testo letterario che Respighi musicò è un poemetto di 13 strofe in settenari a rima
incrociata, vergato dall’avvocato-musicomane partenopeo Carlo
Clausetti, un dirigente della Ricordi.
Il soggetto è assai curioso e un tantino macabro, con risvolti hardcore. Siamo in una comunità di
gnomi, dove si svolge una specie di rituale sadico-erotico: due
Mah, forse Respighi doveva pagare un debito all’editore, o magari dovette
sottostare ad una qualche forma di ricatto da parte del Clausetti, chissà: non
altrimenti si spiega un’iniziativa così bizzarra. Che però fa il paio con il
bartokiano Mandarino, composto 7 anni
più tardi.
Che la musica evochi puntualmente le
improbabili vicende uscite dalla fervida fantasia di Clausetti sarebbe tutto da
dimostrare: certo ci troviamo una prima sezione rapida (saranno gli gnomi che
si agitano quando le due ninfomani sequestrano la vittima?); poi una sezione
più lenta che con poca fantasia possiamo immaginare riguardi ciò che accade
nell’alcova, dai preliminari di petting
alle… ehm, effusioni orgasmiche; un improvviso Allegro con intervento di ottavini, flauti e violini, seguito da un
crescendo concluso da alcuni schianti
dell’orchestra potrebbe ricordarci il grido selvaggio dello gnomo che tira le
cuoia. Ad esso segue l’unica sezione esplicitamente sottotitolata in partitura
(la marcia funebre) che potrebbe
benissimo evocare un’avanzata di panzer (o, trattandosi di Respighi, di legioni
romane sulla via Appia?); quindi un tonfo che magari accompagna il corpo dello
gnomo scaraventato in mare, con gli immancabili colpi di timpano a dargli il…
colpo di grazia. Infine la danza delle gnome-sado-ninfomani seguita dal sabba
selvaggio che chiude la storiella. Possiamo anche riconoscere alcuni temi che
tornano a mo’ di Leit-motive, ad
evocare i diversi personaggi.
Ma in sostanza non sorprende che il brano – a dispetto del magistero di Respighi in fatto di strumentazione - sia caduto presto nel dimenticatoio, nel quale per quanto mi riguarda (lo considero più fumo che arrosto) potrebbe tornare rapidamente, eccola. Ai ragazzi va l'encomio per l'abnegazione dimostrata.
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Ma in sostanza non sorprende che il brano – a dispetto del magistero di Respighi in fatto di strumentazione - sia caduto presto nel dimenticatoio, nel quale per quanto mi riguarda (lo considero più fumo che arrosto) potrebbe tornare rapidamente, eccola. Ai ragazzi va l'encomio per l'abnegazione dimostrata.
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Chiude la serata Metamorphoseon
(1930) una composizione di circostanza, commissionata dalla Boston Symphony di Koussevitsky per celebrare i 50 anni dalla sua fondazione. Come il
successivo bartokiano Concerto per
Orchestra, composto 14 anni dopo per la stessa Boston Symphony, è il
pretesto per far risaltare le qualità solistiche delle sue prime parti. Il che di conseguenza si ripercuote sugli interpreti
ad ogni nuova esecuzione: così anche qui sono i bravissimi ragazzi de laVERDI a
mettersi in gran mostra.
Il titolo tradisce vagamente la struttura dell’opera, che è un tema con (12) variazioni, che Respighi chiama modi, con un’abile ambiguità terminologica, che serve anche a indicare il ricorso a modi musicali antichi (sappiamo della predilezione dell’Autore per il canto gregoriano). Anche questo brano pare più ricco di affettazione e pedanteria scolastica che di genuina ispirazione: insomma, lascia un retrogusto come di vino… maderizzato, cioè invecchiato male.
Il titolo tradisce vagamente la struttura dell’opera, che è un tema con (12) variazioni, che Respighi chiama modi, con un’abile ambiguità terminologica, che serve anche a indicare il ricorso a modi musicali antichi (sappiamo della predilezione dell’Autore per il canto gregoriano). Anche questo brano pare più ricco di affettazione e pedanteria scolastica che di genuina ispirazione: insomma, lascia un retrogusto come di vino… maderizzato, cioè invecchiato male.
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