Sappiamo che Zhang Xian è venuta su (musicalmente
parlando) in casa di Lorin Maazel (a
NewYork) e che dal Maestro e mentore ha mutuato approccio e stile direttoriale.
Così deve aver deciso di festeggiare le sue (di lui!) recenti 84 primavere per
metterne in programma il pastiche sul Ring.
Solitamente
questa trovata del simpatico Lorin viene condannata senza appello per i reati
di vilipendio e scempio di capolavoro.
Raro invece che gli stessi reati vengano imputati a registi che impiegano il Ring (o altri consimili capolavori) per
farsi i cazzi loro i loro belli affari a buon mercato e a spese di
tutti: opera, autore e pubblico. Amen.
Detto ciò
bisognerà pur riconoscere a Maazel almeno l’onestà intellettuale di non
pretendere di spiegarci in 75 minuti di soli suoni ciò che Wagner racconta in
15 ore di musica, canto, testi e didascalie (gli ultimi due sostantivi
sono per i registi di cui sopra). Lui ha semplicemente messo insieme una suite del Ring pescando i brani di
musica che più riteneva appropriati. E sulle sue scelte si può ovviamente
discutere e dissentire, salvo il proporre di… vietarle!
Insomma,
nessuna pretesa di surrogare l’originale, ma solo l’opportunità offerta al
pubblico di ascoltare della musica che è grande di per se stessa e – perchè no!
e per chi il Ring lo conosce almeno un filino – di vivere un piacevole amarcord, riandando mentalmente alle emozioni
che si provano quando si ascolta un Ring vero. Immagino (potrei sbagliare) che
proprio pensando a quest’ultima fascia di ascoltatori Maazel abbia voluto
rispettare rigorosamente, nella sua antologia, la sequenza drammaturgica
originale: considerandomi appartenente a quella fascia, gliene sono sommamente
grato.
E allora
vediamo cosa ha scelto per noi il maestro
della Xian (lo specchietto sottostante riassume in modo sintetico le
componenti principali del lavoro, con riferimento sonoro ad un’incisione dello
stesso Maazel con i Wiener, ascoltabile
sul tubo):
Intanto,
un’occhiata alla distribuzione dei tempi (per quanto possa valere,
intendiamoci): dei 75 minuti totali, Rheingold
ne occupa meno di 12; Walküre
meno di 17; Siegfried circa 7 e Götterdämmerung i restanti 40 minuti.
Che dire? Che Maazel ha sfacciatamente privilegiato il Crepuscolo a scapito
degli altri drammi, e soprattutto di Siegfried?
Possiamo
intanto notare come l’inizio e la fine dell’universo
wagneriano vengano presentati praticamente nella loro completezza; così come il
Rheinfahrt e la Trauermarsch, che sono classici pezzi da antologia.
Dal punto di vista
strettamente musicale, Maazel ha cercato di cucire
i pezzi nel modo più… indolore possibile: qua e là peraltro emergono inevitabilmente
delle soluzioni di continuità, avvertibili anche da un non-esperto-wagneriano.
In definitiva,
un lavoro che non ha pretese stratosferiche e che va – secondo me – apprezzato per
quel che è e non disprezzato per ciò che non è e non avrebbe mai potuto essere.
___
In questa occasione,
chissà, forse per non… esagerare, Xian
ha pensato bene di proporre un bigino-del-bigino!
Rispetto ai contenuti elencati più sopra, ha cassato tutta la parte del primo atto
della Walküre e le ultime battute (tema del Patto) dopo l’addio di Wotan. Poi ha
anche eliminato tutta la parte derivata dall’Atto I del Siegfried. Infine, del terz’atto
di Götterdämmerung, niente Rheintöchter e niente ultimo accorato saluto di Siegfried
a Brünnhilde, si è in pratica partiti dalla Trauermarsch. Il tutto è quindi durato
meno di un’ora.
Quanto ai ragazzi,
loro si sono impegnati al massimo e il risultato è stato più che dignitoso… date
le circostanze. Del resto il gene
wagneriano non è qualcosa che si possa acquisire dall’oggi al domani: una
interessante esperienza per loro e una serata tutto sommato rilassante per noi
che li siamo stati ad ascoltare.
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