Prima di riferire sul concerto della stagione principale, mi sembra doveroso ricordare la esemplare prestazione degli archi de laVerdi barocca che mercoledi sera, nella suggestiva cornice di Sant'Ambrogio, hanno eseguito le vivaldiane Stagioni (più il movimento iniziale del Terzo brandeburghese, come bis) in occasione di un meeting internazionale di preparazione dell'Expo 2015. Sugli allori il Direttore Ruben Jais e il violino di Gianfranco Ricci, che hanno presentato agli ospiti stranieri una delle (non tantissime, ahinoi) facce interessanti – e soprattutto pulite! - della città di Milano.
Per la terza settimana consecutiva è Gaetano D'Espinosa a salire sul podio dell'Auditorium per il quinto concerto della stagione principale (questo appuntamento era pianificato in origine, a differenza dei due precedenti, determinati dall'anticipata maternità di Zhang Xian).
Concerto che accosta due autori italiani contemporanei (in senso lato…) al vetusto Johannes Brahms che nel 2013 (7 maggio) compirà 180 anni e del quale verrà presentata nella stagione l'integrale delle sinfonie e dei concerti solistici (e anche altro).
Ad aprire la serata è una prima assoluta, una composizione per orchestra di Orazio Sciortino – siciliano come il Direttore; lui di Siracusa, D'Espinosa di Palermo; lui pianista, l'altro violinista; entrambi giovani, per non dire giovanissimi, 28 e 34 anni – opera dall'ambiguo titolo Träume (Trauer) Stimmen. Come dire che i sogni si accompagnano alla desolazione, se non addirittura al lutto! Prima del concerto l'Autore in persona ha parlato di sé e della sua opera, raccontandone l'ispirazione, la nascita, le motivazioni interiori: interessantissima presentazione, che ha svelato una personalità di grande spessore. Certo è difficile inventare qualcosa di nuovo in un campo dove pare essere già successo tutto e il contrario di tutto: tutto ciò che c'era da rompere, è già stato rotto negli ultimi 50 anni, questa una delle frasi di Sciortino che mi ha colpito di più, insieme al suo prendere le distanze da gente come Stockhausen.
Però che la sfera onirica/inconscia possa ispirare musica non è certo una novità: già 120 anni orsono un tale Gustav Mahler confidava che l'ispirazione a comporre gli veniva là dove gli si manifestavano le oscure sensazioni… Sciortino ci evoca quelle da lui vissute nottetempo con un brano di 10 minuti scarsi (per fortuna mica di 100 come Mahler, smile!) in cui sentiamo suoni più o meno gradevoli mischiati a rumori piuttosto fastidiosi: insomma i sogni e il lutto!
Applausi di incoraggiamento a lui e di premio per l'abnegazione all'orchestra.
Segue poi Domenico Nordio ad interpretare con il suo violino il Secondo Concerto (detto I Profeti) di Mario Castenuovo-Tedesco. Opera del 1933 dedicata al grande Jascha Heifetz con scoperti intenti programmatici, confessionali e financo politici: si era in tempi di crescente antisemitismo (di lì a pochi anni il compositore dovrà abbandonare l'Italia per sfuggire alle leggi razziali fasciste e lui e Heifetz si ritroveranno in California, accomunati dallo stesso destino di esuli) e Castelnuovo intendeva offrire la sua opera alla causa ebraica.
Composizione che richiama antichi canti e modi ebraici, liberamente rivisitati con la sensibilità di un uomo del '900, che peraltro si era tenuto volutamente distante dalle avanguardie più radicali (basti pensare che pochissimo dopo Alban Berg comporrà il mirabile Alla memoria di un Angelo…)
Costruito nella classica forma tripartita, ad ogni movimento è associato idealmente un Profeta: Isaia, Geremia ed Elia. È il solista ad evocarne la personalità, mentre all'orchestra è riservato – lo dice l'Autore – il ruolo del popolo, della folla con le sue diverse reazioni alle profezie.
Nel primo movimento, dopo un'introduzione lenta della sola orchestra che presenta il primo tema, il visionario Isaia è raffigurato dal solista con due temi, il primo in LA minore, il secondo in DO maggiore:
Temi che sono poi sottoposti a continue variazioni, modulazioni e sviluppi. Appare anche un nuovo motivo (espressivo e dolente) che tornerà anche nella finale ricapitolazione:
Il tempo di mezzo raffigura il profeta di sventure, Geremia. Sulla chiave di FA minore è il violino solista ad esporre subito una mesta melopea:
Che viene ripresa e ampliata dall'orchestra, ed è seguita poi da un altro motivo, caratterizzato da dolenti acciaccature:
Compare poi una terza idea, che tornerà nel corso del movimento:
Tutte vengono sviluppate in un'atmosfera sempre calma, ad eccetto di un breve intermezzo Poco agitato.
Il finale è dedicato al furore e alla severità di Elia (quello che scannò senza pietà qualche centinaio di sacerdoti di Baal, tanto per dire…) Si tratta di una specie di Rondo, dove il violino espone subito il tema principale, in tempo Fiero ed impetuoso, con frequenti folate del solista e grandiosi interventi a orchestra piena.
In uno di questi compare un motivo nei corni, poi ripreso dal solista e dai fiati, che a prima vista non ci ricorda nulla, ma poi, verso la fine, quando c'è uno squarcio in tempo Andante e il violino lo suona in primo piano, ecco che ci ricorda qualcosa di già udito (sarà solo un caso?) nel cattolico Requiem di Verdi:
E proprio riprendendo ed espandendo enfaticamente questo tema il concerto si avvia a chiudere in esultanza, in un luminoso DO maggiore.
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Effettivamente si tratta di un'opera che non merita il dimenticatoio in cui è finita in Italia e dobbiamo ringraziare Nordio per avercela proposta. Lui si dice innamorato di questo concerto - lo porta in giro per il mondo - e ne dà un'interpretazione di alto livello (che ci metta tutta la cura possibile lo dimostra lo spartito che, per sicurezza, si tiene davanti).
Il pubblico (ahinoi, non oceanico) dell'Auditorium gli tributa grandi applausi che lo convincono a concedere un magico bis bachiano. Poi, giù nel foyer, viene complimentato da una collega che è un'altra abituale ospite de laVerdi, Francesca Dego, in compagnia di Daniele Rustioni (a proposito: ma che bella coppia!)
Si chiude con la Terza di Brahms, quella che porta l'etichetta Faf (Frei aber froh) che noi potremmo tradurre – con un pizzico di apologetica nostalgia – libero e giocondo (smile!) E di sicuro è musica da cui trasudano pace (magari un filino… rassegnata, ecco) ed appagamento; forse scritta da un Brahms più sdraiato sul sofà che seduto al pianoforte!
Però, accipicchia, che musica! E non bisogna essere Clara Schumann per apprezzarla fino in fondo. Ancora una volta Gaetano D'Espinosa conferma le sue eccellenti qualità, con una direzione autorevole, a tratti fin troppo plateale nel gesto magari, ma che cava fuori tutto il meglio da questa partitura, che fra le quattro sinfoniche del burbero amburghese è forse quella che possiede l'equilibrio più mirabile.
Un bravo! a tutti quanti… ed ora ci aspetta la colossale Ottava dell'organista di SanktFlorian. (prima però anche un po' di Schönberg!)
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