intime gioje

chiuder la prigione e buttar la chiave

20 gennaio, 2012

Orchestraverdi – concerto n 16


Torna Aldo Ceccato e torna il suo amato Dvorak.

Il primo dei tre brani in programma è lo Scherzo capriccioso, un pezzo di grande effetto, dove l'attenzione dell'ascoltatore viene subito catturata da due corni (disposti da Ceccato a destra, sotto gli altri ottoni) che espongono, a mo' di introduzione in SIb, il primo tema, che verrà poi presentato dagli archi nella tonalità di impianto, REb. La sincope che precede l'inconsueta chiusa del tema, sulla sottodominante, gli conferisce un che di altezzoso, quasi di sfrontato, o donchisciottesco:
Nell'esposizione negli archi, il tema è seguito da un motivo negli strumentini, che si appoggia alla dominante LAb (lo risentiremo ampiamente nello sviluppo, dopo il Trio).

Preceduto da un'atmosfera bruckneriana, entra poi Il secondo tema, che contrasta apertamente con il primo – secondo i canoni della forma-sonata – avendo natura più femminile e contemplativa, ed è scopertamente caratteristico di danza slava (Dvorak ne musicò espressamente 16) e la sua seconda parte anticipa chiaramente il Mahler del Wunderhorn. Sono i violini ad esporlo, inizialmente in SOL maggiore:
I due temi si ripetono, con divagazioni in diverse tonalità, fino all'ingresso del Trio (caratteristico degli Scherzi delle sinfonie) il cui primo tema, in RE maggiore, è esposto dal corno inglese:
Il secondo tema del Trio, più mosso, richiama vagamente il secondo tema principale. L'intero Trio andrebbe ripetuto (cosa che raramente avviene, e Ceccato non fa eccezione) prima del ritorno del tema principale, che subisce una specie di sviluppo tipo forma-sonata, contrappuntato dal motivo secondario, svolazzante negli strumentini. Torna il secondo tema e lo sviluppo termina con un rallentando (Poco meno mosso) che presenta i due temi (il primo nei corni, il secondo negli strumentini) in tempo moderato, che porta ad una cadenza dell'arpa, su un MI tenuto dei corni. Un crescendo, sfociante poi in Presto, conduce alla trionfante conclusione, sulle note del tema principale.

Arriva adesso Benedetto Lupo per interpretare il Concerto per pianoforte. Nonostante recenti e meno recenti sponsorizzazioni (si pensi a Richter) oltre che a rimaneggiamenti vari (primo fra i quali quello di Vilèm Kurz, che apportò una serie di modifiche alla parte solistica, più che altro rimpolpandone le sonorità con raddoppi all'ottava o accordi di tre invece che due note) questa è francamente un'opera esteticamente deficitaria… e forse Dvorak per primo se ne rendeva conto. (Anche Ceccato pare non averne eccessiva familiarità, visto che per l'occasione si fa portare il leggìo con la partitura ed inforca gli occhiali…) I temi non sarebbero neanche male, come già quello introduttivo:

Ma è il loro sviluppo, insomma: la narrativa che Dvorak ne ricava, a lasciare parecchio a desiderare. Si ha l'impressione di una composizione sforzata, dove l'ispirazione scarseggia, ed è sostituita da costrutti piuttosto stucchevoli e di scarso appeal. Doverosi comunque gli applausi al solista, che ha fatto del suo meglio per indorarci la pillola!

Dopo la pausa ecco l'Ottava sinfonia, pagina certamente accattivante, che molti considerano addirittura superiore alla famosissima Dal nuovo mondo. Ceccato la dirige ovviamente a memoria, sfoggiando quel tanto di gigionerìa che gli si può perdonare… data l'età (smile!) L'orchestra risponde bene e il risultato che ne esce è di ottima qualità. Da incorniciare l'Adagio, con la bellissima melodia esposta da flauto e oboi, ma anche l'Allegretto grazioso è stato di alta qualità. Senza voler essere troppo partigiano, mi pare che si stata un'esecuzione da preferire a quella offertaci dalla Filarmonica scaligera con Noseda l'anno scorso. Il pubblico, anche questa volta non foltissimo, ha mostrato di gradire con diverse chiamate per Ceccato e applausi per tutti.

Da tutto-Dvorak a tutto-Mozart la prossima settimana.
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