Uno degli ospiti fissi de laVerdi, il venerabile Helmuth Rilling, torna sul podio per dirigere un programma interamente mozartiano, in un Auditorium abbastanza gremito (si sa, Mozart: un nome, una certezza, smile!)
Si inizia con la celeberrima K550 in SOL minore. Rilling schiera proprio l'orchestra come doveva essere ai tempi di Mozart: archi ridotti all'osso ad affiancare i soli 7 fiati previsti dalla partitura (flauto, 2 oboi, 2 corni e 2 fagotti, niente trombe nè clarinetti – che Mozart impiegherà in luogo degli oboi in una seconda versione - e pure niente timpani). Ne esce un'esecuzione precisamente settecentesca, dal suono cameristico e leggero. Chi è abituato a truci interpretazioni romanticheggianti, con orchestre di stazza mahleriana magari non ne esce soddisfatto, ma il vero Mozart è questo!
Invece, a proposito di Mozart non propriamente genuino, si passa alla Sinfonia concertante K297b per oboe, clarinetto, corno e fagotto con accompagnamento di archi, oboi e corni.
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Quest'opera è tuttora oggetto di dispute e diatribe, quanto alla sua autenticità. Si sa che Mozart (in gita nel 1778 a Parigi con la mammina, che purtroppo di lì a poco vi morirà e vi verrà sepolta, dopo un misero funerale cui assistettero solo Wolfgang e un amico) si era impegnato a comporre una Concertante per quattro solisti di Mannheim (col flauto al posto del clarinetto). Ma né un originale, né copie autentiche o attendibili sono mai emersi e ciò che abbiamo a disposizione - e che ha dato il nome (francamente usurpato) all'opera - è soltanto un manoscritto di dubbia provenienza, scovato e fatto ricopiare a Berlino da tale Otto Jahn quasi un secolo dopo la presunta composizione e, guarda caso, proprio mentre costui si apprestava a pubblicare una sua biografia di Mozart!
C'è comunque chi sostiene sia musica troppo grande (escludendo magari il modesto accompagnamento orchestrale…) per non essere del Teofilo; chi invece ipotizza sia un pastiche (tre movimenti, tutti nello stesso MIb, orrore!) messo insieme da sconosciuti sulla base di ricordi di qualche concerto; chi pensa sia stata effettivamente scritta da Mozart a Parigi (col flauto al posto del clarinetto) ma poi andata davvero perduta, e quindi riscritta – a memoria – dal compositore per il nuovo organico di solisti; chi invece sospetta che a Parigi Mozart non abbia composto proprio un bel nulla di quel pezzo (tant'è che il concerto dei solisti di Mannheim per i quali era stato commissionato non ebbe luogo…) dopodichè si sarebbe inventato per papà Leopold la scusa del manoscritto non restituitogli dallo sbifido committente (LeGros) e solo successivamente avrebbe buttato giù qualcosa (la parte solistica) senza portarlo a termine; e così via immaginando. Quanto alla pratica, la versione che si esegue normalmente è quella rinvenuta da Jahn e pubblicata nel 1886 da Breitkopf col titolo Concertantes Quartett, che è entrata ed uscita dal catalogo Köchel come in una porta girevole: dapprima inserita fra le opere perdute; poi nel 1936 (Einstein) immessa nel catalogo principale; infine, dagli anni '60 (6a edizione del catalogo) relegata al ruolo di appendice, dentro una specie di limbo di opere di incerta paternità, mentre la 297b è tornata ad assumere lo status di non-parvenu.
Insomma, una storia lunga, travagliata e certamente non ancora chiusa. Ad esempio, il solito (ultimo in ordine cronologico di una lunga serie) primo della classe (Robert D.Levin, nella fattispecie, autore del saggio Who Wrote the Mozart Four-Wind Concertante?) ha provato a ri-arrangiare il brano sulla base di complesse ricerche statistiche sulle tecniche compositive di Mozart. Intanto ha riesumato il flauto (in luogo dell'oboe, che prende il posto dell'espunto clarinetto); poi ha fatto intervenire i solisti da subito, già sulla prima esposizione dei temi dell'Allegro (di cui ha riscritto completamente la cadenza); ha tagliato molta parte orchestrale (dove effettivamente si incontrano bizzarrìe formali assai poco mozartiane…) e anche qualche sezione di quella solistica, ugualmente ritenuta fuori-forma (sempre mozartianamente parlando); ha redistribuito qua e là le linee degli strumenti solisti; ha tagliato le 4 misure introduttive orchestrali dell'Adagio; nel conclusivo Andantino con variazioni ha espunto totalmente le 10 apparizioni dell'interludio orchestrale (che precede le altrettante variazioni al tema, trasformandosi effettivamente quasi nel tema principale di un rondò…) introducendo al loro posto la ripetizione di tutte le (22) linee melodiche dei solisti. Ecco un'interessante esecuzione di Neville Marriner e della St.Martin con Aurele Nicolet al flauto, Heinz Holliger all'oboe, Herrmann Baumann al corno e Klaus Thunemann al fagotto: parte1, parte2, parte3, parte4. Effettivamente va dato atto a Levin di aver messo in piedi un prodotto di tutto rispetto, di qualità e godibilità non certo inferiori a quelle del comunque spurio e apocrifo originale. Ma, diciamolo francamente, a questo punto qualunque Allevi di passaggio (smile!) potrebbe inventarsi la sua propria variante della ricetta, con lo stesso grado di (in)credibilità.
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Qui in Auditorium restiamo invece ancorati alla tradizione (quindi col clarinetto) e i solisti sono quattro prime parti dell'Orchestra Verdi: Emiliano Greci all'oboe, Raffaella Ciapponi al clarinetto, Sandro Ceccarelli al corno e Andrea Magnani al fagotto. Quindi, dopo la Concertante di Haydn di un paio di settimane fa, ecco un'altra occasione di mettersi in mostra per i bravi strumentisti de laVerdi. Che non se la lasciano sfuggire di certo e fanno la loro bella figura, calorosamente applauditi da pubblico e colleghi.
Chiude degnamente la serata la K543, già diretta qui dallo stesso Rilling quasi due anni orsono.
Il quale Rilling sarà ancora protagonista la prossima settimana, salendo sul podio per dirigere il colossale Elias di Mendelssohn.
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