ricongiungimenti

Maurizio & Claudio

25 gennaio, 2011

Temirkanov con la Mariella e la Filarmonica della Scala


Il venerabile Yuri Temirkanov e la beata Mariella Devia (siamo ormai a custodire come preziose reliquie simili uomini e donne di musica…) hanno deliziato gli ascoltatori di questo concerto della stagione sinfonica del teatro scaligero.

La stagione sinfonica del Teatro (5 titoli per 15 concerti nel 2010-2011) non è da confondersi con la stagione della Filarmonica della Scala (nel 2011: 12 concerti in Scala e 12 fuori-sede) anche se capita che qualche concerto delle due stagioni abbia contenuti simili (e gli stessi protagonisti). Entrambe le stagioni sono peraltro coperte dalle prestazioni dell'Associazione Filarmonica della Scala, fondata nel 1983 da un'idea di Abbado e per imitazione dei Wiener. Sarebbe interessante fare un confronto approfondito fra l'esperienza (160ennale!) dei Wiener e quella (28ennale) dei Filarmonici scaligeri: personalmente ho l'impressione che dal modello – come molte cose fatte all'italiana - siano stati copiati puntualmente i problemi, senza invece conseguirne i benefici.

Ma veniamo al concerto di ieri. Programma tutto novecentesco, ma… diatonico, toh (tanto per fare un dispetto ad Alex Ross, smile!)

Les Illuminations di Britten è del 1939. Scritta per soprano (fu dedicata a Sophie Wyss, il soprano svizzero che ne fu la prima interprete) è però entrata anche nel repertorio dei tenori (primo fra tutti ad interpretarla, il compagno di vita di Britten, Peter Pears). Si tratta di 10 numeri, i cui testi sono tratti da 8 dei 54 (o 46, 44, 43, 42, a seconda di diverse edizioni critiche) poemi intitolati Illuminations (all'inglese!) di Arthur Rimbaud. Britten ha aggiunto l'iniziale Fanfare e Interlude che comprendono un unico verso, preso da Parade. (Qui - 1. 2. 3. - un interpretazione della Aikin con Marriner e i radio-bavaresi.)

Domenica sera il concerto era stato irradiato da Radio3 e, dopo questo brano, alcune critiche erano state mosse alla pronuncia francese della Devia. Francamente mi son parse speciose, a fronte di una prestazione davvero ragguardevole. Caso mai mi sentirei – proprio a voler trovare il pelo nell'uovo – di giudicare fin troppo aggraziato e poco selvaggio l'approccio tenuto dalla brava Mariella, in particolare in Villes e in Parade. Mariella che ha comunque dimostrato – ma non ce n'era certo bisogno – come una grande professionista possa far bene anche quando si allontana – e di parecchio! – dal suo repertorio tradizionale.

Seconda parte con la Quarta di Mahler.

Temirkanov mostra un buon rispetto per la partitura, l'unico piccolo neo che mi permetto di segnalare è che lui pare tenere in poco conto le virgole (o gli apostrofi, insomma quei segni di piccola pausa di respiro che Mahler mette spesso all'interno delle sue frasi musicali). Per il resto, il maestro russo mette bene in risalto anche i minimi particolari, come questo, che ci mostra la chiara ascendenza straussiana del primo tema della sinfonia:


Il tema, nella sua forma principale, sale da dominante a tonica e scende alla mediante. Ma subito prima della cadenza conclusiva della ricapitolazione compare, come inciso, nell'oboe, una sua variante, dove dalla tonica si scende sulla dominante, esattamente come nel love-theme del Don Juan (guarda caso, anch'esso nell'oboe e nella stessa tonalità!) È anche questo un piccolo, ma importante segno della reciproca influenza fra i due maggiori protagonisti della civiltà musicale mitteleuropea dell'epoca.

In generale, il vegliardo direttore circasso trapiantato a SanPietroburgo – sempre senza bacchetta, ma con partitura sul leggìo, e attentamente seguita - ha tenuto un approccio soft, quasi sempre cameristico, come giusto che sia, mettendo bene in risalto la cantabilità dei temi (splendido in ciò il Ruhevoll). Un appunto, ma di natura logistica, che mi sento di avanzare è l'aver fatto entrare la Devia a Lied già attaccato: oltre che elemento di distrazione per il pubblico, credo non abbia giovato alla concentrazione del soprano, costretta ad arrivare al proscenio e quasi subito mettersi a cantare; cosa che peraltro ha fatto benissimo, a parte una difficoltà a farsi udire sul SI sotto il rigo del Tod, a metà della seconda strofa.

Sempre emozionante la chiusa, con la bravissima Luisa Prandina ad esalare, sul MI grave dei contrabbassi, il MI gravissimo dell'arpa. Pubblico educato, che ha rispettato qualche secondo di raccoglimento, prima di liberare il meritato applauso.

Un ultimo dettaglio organizzativo: sarebbe poi così difficile o costoso impiegare gli schermini in dotazione per presentare i testi di ciò che viene cantato, come si fa per l'opera? Evitando così agli spettatori di sfogliare il programma di sala (magari usando i telefonini come abat-jour…)?
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