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14 gennaio, 2011

Stagione dell’OrchestraVerdi - 18



Un concerto del tutto tradizionale, quello che si dà in questi giorni. Che accorpa Brahms e Haydn, mettendo in risalto alcune radici del primo che affondano, più o meno profondamente, nel secondo.

Subito da segnalare la disposizione dell'orchestra, un ibrido poco consueto fra layout alto-tedesco e moderno: contrabbassi in linea frontale, sul fondo; ottoni tutti a destra; viole al proscenio e violoncelli arretrati; e soprattutto timpani (e triangolo) all'estrema destra, sul tavolato, quasi in primo piano.

 
I legami fra Brahms e Haydn emergono a partire dal primo brano in programma, le brahmsiane Variazioni (per orchestra, poichè ne esiste una versione per due tastiere) su un tema di Haydn (o presunto tale, per la verità…) Un tema – detto Corale di Sant'Antonio - di 10 battute suddivise in due sezioni di 5:
e sottoposto ad otto variazioni, cui segue la chiusa.

 
Zhang ha rispettato scrupolosamente tutti i ritornelli, e ha dato una lettura proprio settecentesca (evitando enfasi fuori luogo) di questo lavoro che Brahms usò come ultimo test prima di decidersi al grande passo: entrare nel mondo della sinfonia (la Prima seguirà 3 anni dopo).

 
Arriva adesso Alison Balsom (una bella mammina, non c'è che dire, anche se ieri – peccato – aveva le gambe coperte da un lungo scarlatto, certo per evitare al pubblico ogni distrazione dalla musica) a cimentarsi nel celebre Concerto per tromba di Haydn. Che è in pratica l'unico pezzo classico da concerto che un(a) solista di tromba abbia a disposizione; il che dovrebbe però permettergli(le) di padroneggiarlo alla perfezione. Concerto dalla Balsom già interpretato con Zhang a Berlino tempo fa. Qui invece (1., 2-3.) una sua esibizione ai PROMS 2009, quando ancora la bella Alison non era diventata mamma.

 
Nel primo movimento c'è spazio per una cadenza, normalmente lasciata all'inventiva dell'interprete: la Balsom ne ha una sua propria (vedi youtube) e anche ieri ce l'ha riproposta. Non arriva a toccare il MIb super-acuto (come fa il negretto Wynton Marsalis, qui a 6:05) ma insomma ci accontentiamo!

 
Il tema del bellissimo Andante, in LAb maggiore, ha l'incipit che ricorda quello – poi divenuto famoso come inno nazionale – del Poco adagio cantabile del terzo Quartetto dell'Op. 76, il famoso Imperatore, composto a ridosso del concerto per tromba. E di cui si ricorderà – guarda caso - proprio Brahms al momento di aprire il suo Requiem:
Alison lo espone con grande pathos, forse la parte migliore della sua interpretazione.

 
L'ultimo tempo presenta un tema, pure famoso, nella tonalità base di MIb:
Qui purtroppo non sono mancate un paio di imprecisioni, ma le perdoneremo volentieri. Come la piccola libertà che la Balsom abitualmente si prende: quella di chiudere il concerto (le ultime 8 battute) un'ottava sopra di quanto Haydn ha scritto in partitura. Cosa che è di sicuro effetto, ma insomma…

 
Gran trionfo per lei, che ci regala come bis una sua trasposizione per tromba di Syrinx, che Debussy scrisse per il flauto.

 
Ha chiuso il concertone la decima di Beethoven, come un ammiratore (pro-tempore) di Wagner ebbe bizzarramente a definire la Prima sinfonia di Brahms.

 
Zhang ne ha dato, per me, un'interpretazione assolutamente classica, à la Giulini, come dire, calandosi perfettamente nella rigorosa severità del burbero orso amburghese. Già dallo stacco di tempo dell'introduzione, scandito dai decisi, ma mai enfatici, colpi del timpano della brava Viviana Mologni. Poi ci ha opportunamente risparmiato il ritornello dell'esposizione (che in effetti pochi oggi si ostinano ad eseguire) per condurre l'Allegro con grande pulizia e precisione di gesto.

 
Delicato e sottovoce l'Andante sostenuto, chiuso dalla mirabile cadenza in cui spiccano il corno di Giuseppe Amatulli e il violino di Luca Santaniello.

 
Il terzo movimento, Poco allegretto e grazioso, presenta un tema lungo ed effettivamente aggraziato, che pare il prodotto di una mirabile ispirazione. Poi, se lo si esamina da vicino, si scopre che si tratta di due sezioni, di 5 (ancora!) battute ciascuna, dove la seconda è ottenuta semplicemente rovesciando a specchio la prima!
Insomma, una semplice operazione meccanica che produce un risultato esteticamente brillante! E Brahms era maestro in questi – diciamo pure – trucchi (fiamminghi?) come si può constatare in altri suoi passi famosi, come l'inizio della Quarta sinfonia, una banale sequenza di terze discendenti, ma con qualche inversione di intervalli… Ed era ciò che di Brahms piaceva ad Hanslick, che vi vedeva confermate le sue teorie sulla musica principio e fine di se stessa.

 
Grandiosa l'introduzione del Finale, dove udiamo il famoso richiamo del corno, che cade da mediante a dominante, che Brahms aveva annotato parecchi anni prima, riportandolo su una cartolina postale inviata dalla Svizzera a Clara per il compleanno, il 12 settembre 1868:

Sulla cartolina si legge:

 
Also blus das Alphorn Heut:
Hoch auf'm berg, tief im thal; Grüß ich dich, viel tausend mal!

 
(Così suonò il corno alpino oggi:
dall'alto monte, dalla profonda valle; ti saluto, mille volte)

 
Peraltro il motivo è qualcosa che già si era udito nel teatro musicale:
Come si vede, le note sono proprio poche! Ma di queste ci accontentiamo, quando vengono disposte in modo geniale.

 
Tutti in trionfo alla fine, come si sono ampiamente meritati.

 
A proposito di geni: fra una settimana grande appuntamento verdiano.
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