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24 novembre, 2010

Barenboim tutto austriaco alla Scala


Prima di metter mano alla Walküre, con la quale aprirà la stagione a SantAmbrogio, Daniel Barenboim torna sul podio della Filarmonica per un concerto tutto austriaco: tre opere, che in comune hanno il labile legame della tonalità DO (maggiore per Schubert e Bruckner, minore per Mozart).
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Si comincia con Schubert e il suo Gesang der Geister über den Wassern. Goethe venne ispirato per questa poesia dalla vista mozzafiato della Staubbach-Wasserfall, nell'Oberland bernese:


 
E la chiuse con questi versi: Anima dell'uomo come somigli all'acqua! Destino dell'uomo come somigli al vento!

 
Una poesia che, pur nella sua brevità, rappresenta un autentico compendio della natura e dell'esistenza umana: l'acqua che viene dal cielo e ad esso ritorna, come l'uomo ha natura terrena, ma spirito celeste; la cascata, che rappresenta l'efficienza dell'uomo; la trasformazione dell'acqua in vapore acqueo, simbolo della creatività e dell'arte umana; il suo movimento rallentante, che rappresenta l'invecchiamento dell'uomo; le rocce, simbolo degli ostacoli che l'uomo deve superare; il torrente di montagna, simbolo dei pericoli che ci trascinano verso l'abisso; le stelle che si rispecchiano nel lago, che rappresentano l'incontro dell'uomo con la trascendenza e l'eternità; il vento che rimescola le acque, simbolo dell'esistenza umana soggetta a mutamenti a causa di influssi esterni.

 
Schubert - che adorava Goethe (come dimostra la gran quantità di musica scritta sui versi del poeta) mentre stranamente era da questi del tutto ignorato (!?) - la musicò in varie versioni successive, dalla prima per baritono e pianoforte, fino all'ultima per 8 voci maschili (4 tenori e 4 bassi) e quintetto d'archi (2 viole, 2 violoncelli e un contrabbasso) che viene eseguita qui. Barenboim – dato che siamo nell'enorme Piermarini, e non nell'ambiente raccolto di una sala di musica - moltiplica praticamente per sei l'intero organico (strumenti e voci) il che forse toglie al lavoro un pochino della sua intimità, ma va bene così. Tutti bravi nel porgere questo non facile lavoro: precisamente 72 misure in 4/4, senza accidenti in chiave, ma che si allontanano spesso rispetto al baricentrico DO maggiore, in un proliferare di modulazioni che bene rappresentano lo spirito dell'opera di Goethe.

 
Poi Daniel si mette al pianoforte per interpretare – e contemporaneamente dando gli attacchi all'orchestra – il K491 di Mozart. Lavoro davvero tosto e difficile, che il Maestro abborda con gesti ed espressioni quasi di contrarietà, ma poi esegue da par suo (comprese le sue due cadenze) meritandosi applausi unanimi e convinti, che gli fanno tornare il sorriso. Un bravo ai legni, che in questo concerto fanno quasi squadra a sè, nel dialogare con il solista, specie nel finale Allegretto.

 
Si chiude con Bruckner e il suo TeDeum.


 
Si noti nel manoscritto la mancanza della parte dell'Organo, che è invece presente sulla partitura a stampa, sia pure indicata come "ad libitum". Barenboim ne ha fatto a meno, disponendo poi l'orchestra secondo l'usanza alto-tedesca (come già prima in Mozart) e facendo accomodare i solisti (Dorothea Röschmann, Ekaterina Gubanova, Joseph Kaiser e Kwangchul Youn) fra l'orchestra e il coro di Casoni. Onorevole prestazione per i solisti (Youn su tutti, direi) e grande, al solito, quella del coro.

 
Il motivo ostinato a quartine di crome discendenti negli archi è il supporto di gran parte dell'opera, uno di quei pilastri tipici del Bruckner sinfonico, che non a caso (DO-SOL-SOL-DO) apre e chiude la partitura:


E gli archi hanno mostrato compattezza e precisione. Menzione particolare per il primo violino (Daniele Pascoletti, credo) che nel Te ergo e nel Salvum fac ha una parte di rilievo (sulla scia del Benedictus nella Missa beethoveniana).

Gran trionfo alla fine per Barenboim: speriamo sia un buon viatico per dicembre…
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