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da stellantis a stallantis

30 aprile, 2009

Götterdämmerung del Maggio (per ora) alla radio

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Qualche battuta sulla prima di ieri sera, ascoltata su Radio3.

Una prima nota di biasimo per la presentazione: visto che (poco, magari) li paghiamo, gli esperti di Radio3 che commentano questi collegamenti dovrebbero meritarsi la parcella, evitando di raccontare banalità o - peggio - stupidaggini o imprecisioni apparentemente piccole, ma in realtà gravi. Ne cito alcune.

1. Prologo: “Siegfried e Brünnhilde non conoscono cosa si cela (la maledizione) dietro l’anello”. Scusate, ma vuol dire non conoscere nulla del Ring: poichè Siegfried, effettivamente, nulla sa della maledizione di Alberich, ma Brünnhilde sì che lo sa, e molto bene, avendolo appreso nientemeno che dal padre, nel secondo atto della Walküre.

2. Atto I (scena II): “Siegfried racconta ai Ghibicunghi la sua vita, la lotta col drago, il possesso dell’anello e la conquista di Brünnhilde”. Falso, della Valkiria non parla proprio, si limita a brindare a lei, nominandola fra sè e sè, ma nulla di lei rivela a Gunther e Gutrune (Hagen sa già tutto dal padre...).

3. Atto II (scena I): “Scena onirica: Hagen sogna il padre Alberich”. Invenzione bella e buona: Hagen è inizialmente nel dormiveglia, ma Alberich è lì, aggrappato alle sue ginocchia, e il loro colloquio è tutto fuorchè un sogno.

4. Atto III, scena II, racconto di Siegfried: “Siegfried è sempre più inorridito da ciò che ha fatto, ricordando Brünnhilde”. Inorridito? La didascalìa recita: “esaltandosi sempre di più”.

Insomma: superficialità francamente incredibili ed imperdonabili.

Venamo al merito:

Ryan/Siegfried all’inizio è piatto e dalla cantata volgare, aperta; piccolo, ma importante particolare: quando fa Gunther, ha sempre la stessa voce di Siegfried (!?) Migliora un pochino con l’andare del tempo, ma poi alla fine imbrocca a malapena il suo DO acuto e chiude con grande fatica e assai poca poesia.

Wilson/Brünnhilde potente, precisa, ma apparentemente senza quell’autorevolezza da protagonista assoluta del dramma, che il personaggio richiederebbe.

Hönig/Hagen e Kapellmann/Alberich impeccabili, come canto ed espressione.

Stoll/Gunther onesto, senza infamia nè lode.

Flaitz/Gutrune davvero modesta, urlatrice più che cantante.

Wyn-Rogers/Waltraute bravissima, voce e portamento sontuosi.

Norne e ninfe oneste, nulla più.

Coro molto compatto e preciso, anche nella prescritta sguaiataggine.

Mehta ha festeggiato al meglio i suoi 73 (forse non è lecito pretendere di più?): qualche libertà nei tempi (Rheinfahrt, introduzione atto II); lodevole peraltro l’equilibrio con cui ha condotto la Trauermarsch, dove anche specialisti tipo Thielemann cadono a volte in gratuite gigionerìe. E soprattutto il finale, il famoso passaggio alle ultime sette misure, dove Wagner ha semplicemente omesso segni di legatura, ma non ha notato alcuna pausa o corona puntata, che invece maestri anche famosi si inventano, secondo il presupposto arbitrario che quelle ultime misure debbano rappresentare la nascita di un mondo completamente nuovo e migliore di quello che crolla e brucia.

Professori bene in genere, con qualche sbavatura qua e là, ma in un quadro ampiamente positivo.

Vedremo prossimamente dal vivo, in particolare l’allestimento furioso.
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