Ore 15:39: a Wolfgang succedono le figlie.
Archiviata l’edizione 2008 del Festival più esclusivo del mondo, oggi si è riunito a Monaco di Baviera lo Stiftungsrat, il Consiglio di Amministrazione del Festival medesimo, per aprire un nuovo capitolo nella ormai secolare vita del teatro fermamente voluto da Richard Wagner, e da lui inaugurato con la prima rappresentazione completa del Ring nel 1876.
Perchè inizia un nuovo capitolo? Perchè il venerabile Wolfgang Wagner, nipote di Richard, a 89 anni suonati e dopo aver guidato il Festival per 58 (di cui 41 da solo) ha (finalmente) lasciato il suo posto il 31 agosto scorso.
Si fanno quindi oggi i bilanci della sua lunghissima gestione, iniziata nel 1949 - allorquando, a denazificazione compiuta, a lui e al fratello maggiore Wieland, poco più che trentenni nipoti di Richard, fu affidata la riapertura (avvenuta poi nel 1951) del teatro del nonno - e proseguita in solitudine dal 1966, anno in cui Wieland scomparve prematuramente.
Che dire? Come in tutte le vicende umane, non esistendo la prova contraria (che sarebbe successo se il Festival fosse stato tolto alla famiglia Wagner dopo la caduta di Hitler? e se Wieland non fosse morto così presto? e se la Fondazione non si fosse mostrata troppo arrendevole, nel 1987, allorquando concesse a Wolfgang la direzione-a-vita del Festival? e se, nel 2001, la figlia di primo letto di Wolfgang, Eva, avesse potuto subentrare al riottoso padre, come stabilito dallo Stiftungsrat? e se Wolfgang non avesse divorziato per sposare la segretaria Gudrun e questa non avesse dato alla luce, nel 1978, la piccola Kathi, naturale candidata alla successione? ...) non resta che prendere atto quanto meno delle capacità di galleggiamento che Wolfgang ha mostrato in tutti questi anni, riuscendo bene o male a tirare avanti la carretta del Festival in mezzo a tante bufere.
A suo merito (o scorno, a seconda dei punti di vista) va ascritta la costante ricerca dell’innovazione, necessaria ai suoi occhi per garantire una vita ed un futuro (finanziamenti inclusi) al Festival. In fondo, l’applicazione ai drammi wagneriani del cosiddetto Regietheater nacque proprio a Bayreuth, e per mano di Wieland, che ricorse al minimalismo e alla presentazione strettamente concettuale delle opere del nonno: un po' per necessità materiali (gli scarsi mezzi tecnici a disposizione) e un po' per necessità morali (ridare a Bayreuth una verginità dopo gli anni di compromissione con il nazismo). Scomparso Wieland, Wolfgang ne ereditò la spinta all’innovazione, senza averne però la sensibilità e la misura, e così a Bayreuth approdarono, dall’allora DDR, registi schierati politicamente, allevati alla scuola di Walter Felsenstein, come Götz Friedrich, responsabile dell’orrendo, irriconoscibile, becero-marxista Tannhäuser del 1972 e poi, nel 1976, per il Ring del Centenario, un regista (Patrice Chèreau) allora trentenne di belle speranze e di grande inventiva, ma del tutto ignorante di Wagner, di Tetralogia e di musica in generale, che mise in scena un Ring socialista, che sarebbe piaciuto forse a G.B.Shaw, ma che con Wagner non aveva alcunchè da spartire. E da lì è stato poi - con rari intervalli - un susseguirsi di allestimenti (inclusi i recenti Meistersinger di Kathi) il cui obiettivo pare essere la dissacrazione dei drammi wagneriani, cioè l’esatto contrario della ragione unica dell’esistenza del Festspielhaus e del Festival.
Piuttosto, stante che il Festival è regolarmente in perdita (ciò è perfettamente normale, per carità) e che sono i contribuenti tedeschi a finanziarlo, dovranno essere loro a giudicare se ciò che Wolfgang gli ha propinato in cambio dei loro quattrini è stato di livello accettabile o meno. Francamente si deve riconoscere che Bayreuth è tuttora una meta esclusiva e come tale ambitissima (le prenotazioni regolari hanno tempi biblici - 7/8/10 anni! - per essere onorate) anche se viene il dubbio che lo sia in quanto reliquia, santuario e non in quanto teatro in cui si possano godere le migliori rappresentazioni in assoluto dei drammi wagneriani (il che - va detto e ridetto - era e dovrebbe essere la ragione unica dell’esistenza del teatro sulla collina verde). In sostanza, la gente va al Festspielhaus come in pellegrinaggio, per poter dire “io ci sono entrato”, mentre se vuol assistere alle migliori rappresentazioni di Wagner, allora va alla Staatsoper di Vienna, o a Berlino, o a Monaco, o al Met, o a Salzburg, o ad Aix, o magari - un pochettino, poco-poco - anche in Italia. Insomma, Bayreuth resta un mito, ma non certo per la qualità di interpreti e allestimenti che vi si danno. E di questo - volente o nolente - è Wolfgang che deve pur rendere conto.
Il nuovo capitolo.
È necessario fare qui una premessa doverosa. Wolfgang aveva in mente un disegno (avete presente Wotan?) assai preciso: far passare ancora qualche anno, in modo da dare alla piccola Kathi il tempo e l’opportunità per acquisire le necessarie credenziali, e poi presentarla - magari in vista della fatidica data del 2013, bicentenario della nascita del maestro - come sua naturale erede alla guida del Festival. Ma, proprio come a Wotan, anche a Wolfgang le cose non sono girate per il giusto verso. Lui pensava - pur essendo ormai rincoglionito - di poter continuare a dirigere il Festival per interposta persona (verrebbe da dire... usando il Tarnhelm del nonno): la seconda moglie Gudrun. Come ex-segretaria, poi trasferitasi dalla scrivania direttamente nel letto del direttore, l’indubbiamente intraprendente Gudrun era ormai da anni di fatto alla guida della baracca e preparava (come ogni mamma che si rispetti) la figlioletta Kathi al suo importante destino. La sfiga ha voluto che, lo scorso novembre, entrata in un ospedale per una piccola operazione di routine, Gudrun ne sia uscita a bordo di un carro funebre (e nessuno che suonasse per lei la Siegfrieds Totenfeier). Davanti all’inebetito Wolfgang si è spalancato un abisso (il primordiale Ginnungagap, stupendamente musicato dal nonno nel preludio del Rheingold). E per evitare di precipitarvi, il vecchio ha dovuto sull’istante correre ai ripari: proclamare la sua intenzione di lasciare a fine Festival-2008, proponendo allo Stiftungsrat l’unica soluzione (per lui) in grado di salvare il salvabile: la coppia inedita formata dalle due figlie-sorellastre, Kathi ed Eva (incompatibili come cane-gatto, tanto per essere chiari!)
Manco a dirlo, lo Stiftungsrat ha oggi benedetto (22 voti e 2 astensioni) la coppia delle figlie di Wolfgang, preferendola all’altra coppia, formata da Nike Wagner, figlia di Wieland (il fratello “buono” di Wolfgang) e da Gérard Mortier, campione come lei - e come la piccola Kathi - di Regietheater, tanto per cambiare.
È abbastanza ovvio immaginare che - data la differenza di età (Eva 63, Kathi 30) il futuro arrida alla piccola. Eva, incoronata dallo Stiftungsrat nel 2001 ma avversata dal padre (meglio: dalla matrigna...) ha comunque l’opportunità di rientrare (fisicamente o solo virtualmente) almeno per qualche anno in quella villa Wahnfried da cui fu di fatto estromessa ai tempi del divorzio del padre e della nascita della sorellastra... una prospettiva del tipo “piuttosto che niente, meglio il piuttosto”; Kathi si mette comunque al posto di guida, sia pure momentaneamente in comproprietà, ma sa benissimo che il tempo lavora per lei. Dietro le quinte (anzi, giù nell’Orchestergraben) c’è poi, al suo supporto, tale Christian Thielemann, il novello Furtwängler, che deve essersi posto l’obiettivo di togliere a Daniel Barenboim il primato di direzioni a Bayreuth e che ha già annunciato di co-produrre, con Kathi alla regia, il prossimo Tristan, nel 2015.
Cosa ci dobbiamo aspettare dal nuovo management? Eva, già assai navigata nella direzione artistica (ad Aix-en-Provence, per la precisione) si occuperà verosimilmente dello “staffing” di cantanti e direttori, mentre la vulcanica Kathi, oltre a impegnarsi in qualche regia “geniale” (appunto, il Tristan 2015... ma incombe prima ancora il Ring del bicentenario, 2013) dovrebbe procedere sulla strada delle innovazioni, in particolare su alcuni binari: l’espansione del business mediatico del Festival (iniziato quest’anno con la trasmissione a pagamento, in streaming, dei Meistersinger e la diffusione della stessa opera su schermo gigante, per 20.000 spettatori, in una piazza di Bayreuth); l’iniziativa “Wagner per i piccoli” (che sia uno “zecchino d’oro del reno”?); l’introduzione invero rivoluzionaria nei cartelloni del Festival di altre opere del bisnonno, prima fra tutte Rienzi (che Kathi dirigerà in ottobre a Brema), ma magari anche Die Feen.
L’incarico di direttore del Festival viene d’ora in avanti assegnato per tempi certi (5, massimo 7 anni) e non più “a vita”, come fu il caso di Wolfgang, e quindi le manager dovranno lavorare sodo, se vorranno garantirsi la riconferma per periodi successivi. Ma tutto lascia pensare che il giorno in cui alla guida del Festival non ci sarà più un, o una, Wagner sia ancora molto, molto lontano.