In qualunque locandina del Tristan troveremo, nell’elenco dei personaggi e interpreti, Ein Hirt (un pastore). L’interprete - un tenore - ha il “sovrumano” compito di cantare quanto segue (tutto nell’Atto III):
- 4 misure, subito dopo il Preludio, sui versi:
“Kurwenal! He! / Sag’, Kurwenal! / Hör’ doch, Freund! / Wacht er noch nicht?”
- 9 misure, poco dopo, sui versi:
Eine andre / Weise hörtest du / Dann, so lustig als ich sie nur / Kann. / Nun sag’ auch / Ehrlich, alter / Freund: was / Hat’s mit unserm / Herrn?
- 3 misure, ancora poco dopo, sui versi:
Öd’ und / leer das / Meer!
- 2 misure, all’inizio della Scena III, sui versi:
Kurwenal! Hör! / Ein zweites Schiff.
Francamente, una parte secondaria (18 battute in tutto, di cui forse 4 un poco impegnative!)
C’è però un altro interprete dello stesso personaggio, il cui nome non vedrete mai stampato sulla locandina, e che invece vi si meriterebbe un posto di primo piano, almeno al livello di Marke o Brangäne: è il suonatore di corno inglese che - sulla scena - deve sostenere una delle parti solistiche più straordinariamente difficili e impegnative mai scritte per quello strumento (invero reietto dai compositori di concerti classici, che hanno scritto per oboi, clarinetti, flauti, trombe, corni, fagotti... ma nulla di importante per il corno inglese!)
Un impegno da far tremare i polsi, un poco come l’incipit del Till di Strauss, su cui cadono miseramente e invariabilmente 9 cornisti su 10... o l’acuto del Posthorn nella Terza di Mahler (ricordo come fosse ieri la stecca di chi suonava quella parte alla prima uscita della Filarmonica con Abbado, quel lontano 25 gennaio 1982) o ancora - per restare a Wagner - l’assolo del corno nell’Atto II di Siegfried (incipit bucato in pieno persino dal cornista di Bayreuth alla prima dello scorso 30 luglio!)
Oltre a ciò che deve fare standosene giù nel “golfo” (e nel Tristan non è nè poco, nè facile) il nostro interprete fantasma deve salire - nel terzo atto - in palcoscenico, e suonare:
- 42 misure di puro solo, all’inizio dell’Atto (proprio a ridosso della prima breve entrata del tenore) costellate nientemeno che da una cinquantina (!!!) di indicazioni dinamico-agogiche;
- 18 misure, dopo la terza entrata del tenore,
- poi ancora 31 misure e altre 11, dopo il delirio di Tristan e accompagnando i di lui luttuosi ricordi di padre e madre,
- e altre 10 misure e poi ancor 5 a cavallo del “Die alte Weise sagt mir's wieder...“
- e infine le 25 misure, sull’avvistamento del vascello di Isolde, ancora 9 al suo approssimarsi e infine altre 9 all’arrivo: qui Wagner prescrive che lo strumento non solo debba suonare fortissimo (ff), ma addirittura dare l’effetto di un alpenhorn.
Dopodichè - per premiarlo o punirlo? - Wagner mette l’interprete fantasma a tacere proprio nelle ultime tre battute dell’opera... e così possiamo immaginare il nostro che, esalato per l’ultima volta - sotto lo sguardo penetrante di Barenboim - il motivo della sehnsucht, appoggia lo strumento sulle ginocchia, chiude gli occhi, e ascolta tutti i suoi colleghi orchestrali produrre il celestiale accordo di SI maggiore.
Insomma, se si stampa il nome di chi interpreta “Ein Steuermann“ (12 parole declamate, in tutto...) si fa un gran torto - tacendone l’identità - a quel musicista che magari passa notti da incubo, pensando alla sua parte...
Ma chi sarà costui, il 7 dicembre?
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Prof. Renato Duca.
Nel 2004 ha già sostenuto brillantemente la parte a Santa Cecilia, con Chung... quindi: forza e auguri!