affinità bombarole

rinsaldato il patto atlantico

22 febbraio, 2022

La Scala si trasforma in una bisca (2)

L’opera si articola su tre Atti e 7 Quadri (2+2+3) preceduti da una breve Introduzione strumentale. Proviamo a seguire la musica affidandoci ad un interprete di indiscussa autorità: un ancor giovane (1992) Valery Gergiev, che sarà anche sul podio scaligero nei prossimi giorni. Aggiungo, per non passare per plagiaro, di aver preso spunto per questa panoramica da una preziosa pubblicazione de L’Avant-Scène Opéra.

Introduzione. Presenta alcuni dei temi dell’opera, legati ai principali personaggi (Contessa, Liza, Hermann). Dapprima ecco temi riferibili alla Contessa: 2’56” (viene dall’attacco della Quinta Sinfonia); 4’15” (la perdita al gioco) e 4’45” (l‘ineluttabilità del destino). Poi (5’19”) ecco il tema amoroso (vedi Romeo&Giulietta, Francesca da Rimini...) legato a Liza, che sfocia (5’43”) in quello della passione di Hermann (proprio come accadrà nella scena del loro incontro notturno.

Atto I - Quadro I. Giardino d’Estate a Pietroburgo.

7’06” N°1 Coro di bambini. Scena di innocente allegria, con i piccoli che, sotto gli occhi delle governanti, giocano a fare i militari (esplicito richiamo al primo atto di Carmen).

12’07” N°2 Scena e Arioso di Hermann. Cekalinskij e Surin scambiano impressioni sulla serata precedente e parlano di Hermann, della sua umile origine e della sua recente depressione. 13’02” Preceduto da un tema (nel violoncello) che lo caratterizzerà nel seguito, arriva appunto Hermann con Tomskij, che gli chiede conto (13’33”) del suo stato d’animo abbattuto. Inizia qui (14’20”) l’arioso di Hermann, che confessa di essere innamorato di una sconosciuta a lui inaccessibile. A Tomskij (17’42”) che gli consiglia pragmaticamente di farsi avanti e chiederne la mano, Hermann (18’17”) risponde di non avere più la forza d’animo per reagire alla sua condizione disperata. 19’01” Tomskij se ne va rassegnato, mentre il luogo torna ad animarsi.

19’20” N°3 Coro e Scena. Donne e uomini, giovani e anziani, tutti cantano la bella giornata primaverile, che non si vedeva da un pezzo e chissà mai quando si rivedrà.

21’06” Hermann e Tomskij rientrano in scena, l’amico prova ancora ad incoraggiarlo, ma Hermann (21’06”) canta sempre la sua disperazione e la sua volontà di suicidio!

22’00” Entra ora in scena il Principe Eletskij, che confida a Tomskij, Cekalinskij e Surin di essere fidanzato e felice. Nasce qui (22’49”) un particolare duetto a distanza fra Eletskij e Hermann, che esternano i rispettivi stati d’animo: quello inebriato del Principe, e quello sempre più tetro di Hermann. 24’00” Tomskij chiede al Principe chi sia la sua promessa sposa. E lei sta proprio sopraggiungendo, con la nonna Contessa (accompagnata dal suo tema martellante udito nell’Introduzione).

24’10” Hermann si dispera: è proprio Liza, il suo idolo, la fidanzata del Principe! A loro volta, Liza e la nonna sembrano turbate dalla vista di Hermann.

24’26” N°4 Quintetto e Scena. Ne sono protagonisti Liza, la Contessa, Hermann, il Principe e Tomskij. Ciascuno di loro esterna i propri diversi sentimenti: Liza e la Contessa il turbamento nel trovarsi ancora di fronte quello strano e misterioso individuo (Hermann, che evidentemente non stanno incontrando per la prima volta). Hermann, che è similmente impaurito di fronte a quella vecchia, che già ha evidentemente visto, ma della quale ignora tutto. Il Principe, che non sa spiegarsi il turbamento della fidanzata e sospetta chissà quali disgrazie. E infine Tomskij, che osserva le reazioni dei quattro e in particolare quella di Hermann e di Liza, che ora paiono in preda al terrore!

25’42” Tomskij cerca di rasserenare l’atmosfera, omaggiando la Contessa ed assicurandole che Hermann è suo amico. Lei non si fida e se va accompagnata dal suo protervo tema. 26’21” A sua volta il Principe Eletskij cerca di riportare Liza alla calma, magnificando le bellezze della natura, così rigogliosa davanti a loro. 26’56” Di tutt’altro stato d’animo è Hermann, che ormai augura sventure e lutti al Principe rivale.

27’16” N°5 Scena e Ballata. Uscita la contessa, Tomskij rivela agli amici Surin e Cekalinskij (ma anche Hermann sente tutto) la trascorsa vita della Dama-di-Picche, ed in particolare le sue avventure parigine. 27’59” Così narra della passione per il gioco, della perdita di tutto e dell’incontro con SaintGermain che, in cambio di un rendez-vous, le svelò il segreto delle tre carte che le permise di rivincere tutto il perduto. Lei rivelò il segreto al marito, e poi ad un bel giovane che si intrattenne con lei. Quella stessa notte uno spirito le apparve predicendole la fine il giorno in cui un terzo amante si sarebbe fatto vivo per avere il segreto. Nel corso della ballata si odono distintamente i primi due temi della Contessa apparsi fin dall’Introduzione: 28’58 (Una volta a Versailles); 29’26” (O Dio, O Dio!); da qui nasce poi il motivo delle tre-carte che tornerà più volte nel seguito, costituito da salite cromatiche (carta1-2-3) seguite dal tema che accompagnava l’ingresso di Hermann (ormai tre carte e Hermann saranno inscindibilmente connessi).    

32’54” N°6 Scena finale. Cekalinskij e Surin sembrano sarcasticamente impressionati al racconto, e ne approfittano per esortare Hermann ad approfittare dell’occasione!

33’35” Improvvisamente si avvicina un temporale e la gente fugge per mettersi al riparo.  

34’33” Hermann altrettanto improvvisamente ha rimosso ogni paura ed è pronto al tutto-per-tutto. Per quale obiettivo? Per mezzo di quelle maledette tre carte (il cui tema accompagna il suo canto) togliere Liza dalle grinfie del Principe!

Atto I - Quadro II. La stanza di Liza. Si passa dall’aria aperta all’intimità di una camera dove Liza e l’amica Pauline (presenti altre amiche) si dilettano a cantare accompagnandosi con il clavicembalo.

36’48” N°7 duetto. Dapprima ecco un testo (di Vasili Jukovski) che Liza e Pauline cantano insieme, su una melodia di sapore (anche... letteralmente) crepuscolare. 39’50” Tutte le fanciulle applaudono, apprezzano e chiedono altra musica. Così Liza invita Pauline a cantare.

40’46” N°8 Scena, Romanza e Canzone russa con coro. Pauline intona una romanza dal contenuto francamente triste (e persino premonitore per Liza, nella circostanza). 44’41” Pauline comprende di aver fatto una scelta inappropriata e se ne scusa con Liza, così si decide (45’35”) di cantare e ballare un’allegra canzone russa.

46’17” N°9 Scena e arioso. L’atmosfera è rotta dal brusco intervento della Governante, che ammonisce le ragazze a comportarsi secondo l’etichetta e non secondo volgari usanze russe!   

48’00” N°10 Scena finale. Uscite le amiche con la Governante, Pauline chiede a Liza ragione della sua tristezza, quasi minacciandola di riferirne al Principe. Liza congeda lei e la cameriera Maša e poi (50’35”) si mette in ascolto della... notte.

52’06” Liza attacca la sua aria piangendo e chiedendosi Perchè queste lacrime: le sembrava di aver raggiunto la felicità, e invece qualcosa la turba. 53’18” Ancora un richiamo, quasi un’implorazione: Ascoltami, notte.

54’27” Hermann è entrato dal balcone e sta di fronte a lei. Lui estrae una pistola e le comunica la sua intenzione di morire, se non potrà avere il suo amore. Le chiede almeno un momento di intimità e un gesto di compassione. 56’33” Mentre in orchestra nasce il tema di Liza udito nell’Introduzione, Hermann ripete che non può accettare che lei sia di un altro. 57’20” Ora il tema di Liza sfocia (come nell’Introduzione) in quello di Hermann, e il giovane le ripete che non può vivere un giorno di più se lei gli rimane estranea. Poi le chiede di poter godere accanto a lei almeno quel momento magico, nel silenzio della notte.

59’12” All’insistenza di Liza, che lo supplica di andarsene, Hermann adesso pare cambiar tono, abbandona le minacce di suicidio, le chiede perdono e invoca da lei pietà e compassione. Proprio mentre spuntano alcune lacrime negli occhi di lei e lui le bacia le mani, ecco (1h01’54”) l’intrusione della Contessa, annunciata dal suo tema del destino. Hermann si nasconde sul balcone, mentre la nonna impone a Liza di andarsene subito a letto.

1h03’38” Hermann rientra dal balcone, profondamente turbato, e ripete quasi in trance la profezia del terzo amante e delle tre carte. Poi (1h04’13”) si rivolge a Liza, dapprima dichiarandole la sua intenzione di vivere, poi tornando a minacciare di togliersi la vita se non potrà averla. Il tema di Liza serpeggia in orchestra, mentre la ragazza lentamente cede. E sulle parole Abbiate pietà (1h05’48”) è il tema di Hermann ad esplodere negli archi, a farci capire che Liza ormai ha deciso, ma ancora non esterna la sua decisione.

Hermann fa per lasciarla, e allora (1h06’26”) è lei a trattenerlo, chiedendogli di vivere. Mentre il suo tema adesso ribolle in orchestra, i due si abbandonano ad un lungo abbraccio. 

Atto II - Quadro III. Palazzo nobiliare. Grande ballo mascherato.

1h08’08” N°11 Entr’acte e Coro. Pomposa introduzione strumentale, nello stile settecentesco. 1h09’58” Coro che inneggia alla felicità e al benessere (testo di Gavriil Deržavin).

1h11’59” N°12 Scena e aria del Principe. Dopo che il maggiordomo ha invitato gli ospiti per i fuochi d’artificio, gli amiconi Cekalinskij, Surin e Tomskij spettegolano ancora su Hermann: chi sostenendo che ha perso la testa perchè innamorato; Tomskij invece è sicuro che il problema siano le... tre carte.

1h13’22” Alla festa sono presenti anche Liza e il Principe Eletskij: lui avverte il disagio della giovane (il suo tema sembra avvizzito) e cerca di rincuorarla, ma lei chiede di esser lasciata sola. 1h14’25” Al che il Principe attacca la sua celebre aria Io vi amo... una nobile implorazione alla fidanzata, piena di consapevolezza per lo stato d’animo di Liza, ma anche di totale disponibilità ad essere comunque al suo fianco, anche solo come amico. Poi conclude di esser pronto, per lei, subito, anche ad un gesto eroico (?!)

1h18’17” N°13 Scena. Ecco Hermann, sempre attanagliato dal dualismo Liza-trecarte: sente di impazzire, ripete a se stesso che con le tre carte (il cui tema sorge in orchestra) lui potrebbe fuggire in capo al mondo con Liza (ma qui a farsi udire è il tema della Contessa!)

1h19’36” Ripassano Cekalinskij e Surin, canzonando ancora Hermann con la profezia del terzo amante e la litania delle tre carte. Il poveraccio non fa che ripetere di sentirsi pazzo. 1h20’42” Il maggiordomo invita tutti a... teatro per lo spettacolo...

N°14 Intermezzo - Sincerità di pastore.

1h20’54” A) Coro dei pastorelli. L’introduzione strumentale prepara l’ingresso (1h22’10”) del coro dei pastorelli, che si presentano al pubblico.

1h23’20” B) Danza di pastorelli e pastorelle. Sarabanda.

1h25’50” C) Duetto Priliepa-Milovzor (Dafnis e Chloe). I due motivi del duetto sono presi di peso da Mozart (secondo tema dell’Allegro Maestoso del K503 e secondo tema dell’Allegro del K406).

1h29’05” D) Finale. Arriva anche Zlatogor (Pluto) a portare ricchi doni, per procacciarsi l’amore di Chloe. É introdotto da un motivo che Ciajkovski ha mutuato da un oscuro compositore russo, Dmitrij Bortnjanskij (opera Le Fils-Rival ou La Moderne Stratonice). Il vecchio depravato però non ha successo, e i due innamorati gli danno il ben servito. 

1h32’56” Riprende e si conclude il duetto Dafnis-Chloe, suggellato (1h33’28”) dal coro di pastorelli e pastorelle.

1h36’29” N°15 Scena finale. Hermann continua a rimuginare la profezia del terzo amante della Contessa, che in quel momento gli passa vicino e lo fissa intensamente. Anche Surian lo stuzzica di nuovo, indicandogliela. Lui ne rimane sconvolto, si sente maledetto dagli uomini. 1h37’44” Arriva Liza, che lui accoglie con grande sollievo, rinnovandole i suoi sentimenti di amore. Lei però si limita a consegnargli una chiave che gli permetterà di arrivare da lei, passando per la camera della nonna. Ha deciso di fuggire con lui l’indomani, ma lui anticipa tutto a quella sera stessa. Così - pensa - finalmente avrà il segreto delle tre carte (e il tema della Contessa imperversa in orchestra).

1h39’10” Il maggiordomo annuncia l’arrivo della Zarina. Gli invitati si rallegrano e si preparano esultanti ad accoglierla. 1h40’07” Il coro che acclama la Zarina è mutuato da Ossip Kozlovski, compositore vissuto fra il ‘700 e l’800, che nel 1791 aveva dedicato una polacca alla vittoria russa sui turchi.

Atto II - Quadro IV. La camera della Contessa.

1h42’10” N° 16. Scena e Coro. Il preludio strumentale (soli archi divisi, con ostinato di viole) serve ad evocare l’atmosfera cupa, per non dire rabbrividente, del luogo dove Hermann si è introdotto. Lo caratterizza un motivo opprimente, che forse descrive anche lo stato d’animo del giovane, davanti ad una prospettiva non proprio rassicurante. 1h44’30” Davanti al ritratto della Contessa, Hermann ha un presentimento: uno di loro due morirà per mano dell’altro/a. Ma lui è deciso a tutto e si prepara al confronto con la terribile avversaria.

1h47’44” Ecco la Contessa che arriva con il seguito di accompagnatrici e serve.

1h48’58” Ed ecco arrivare anche Liza, che mette al corrente la cameriera Maša della sua relazione con Hermann, che dovrebbe arrivare fra poco.

1h50’58” La Contessa sembra infastidita da tutte le attenzioni delle donne e si abbandona ai ricordi di gioventù, a Parigi. Sorge in orchestra un tema che stranamente (o no?) richiama il Caro nome di verdiana memoria...

1h54’11” Adesso, in lingua francese, su una melodia settecentesca, ricorda una voce che le parla nella notte e le dice ti amo e le fa battere il cuore (è il terzo amante della misteriosa premonizione di Tomskij?)

1h56’17” Adesso caccia via tutte le donne; poi, sul ritorno reiterato nei legni e quindi nei archi del... Caro nome, torna a ricordare la voce che le sussurra nottetempo ti amo...

1h59’28” N° 17. Scena finale. Hermann (è ancora il primo tema udito nell’introduzione a farsi largo) si presenta davanti alla Contessa cercando innanzitutto di tranquillizzarla. Poi (2h01’46”) le fa quasi una dichiarazione d’amore sperando di ottenerne in cambio il segreto. Infine, di fronte al mutismo totale della donna (2h03’46”) perde completamente l’autocontrollo, estrae una pistola e la minaccia, provocandone la morte da colpo apoplettico. Non gli resta che disperarsi per aver mancato l’obiettivo!

2h05’54” Adesso accorre Liza che scopre l’amara verità: Hermann non era lì per lei, ma per il segreto! Gli dà dell’assassino e lo scaccia via.

Atto III - Quadro V. La stanza di Hermann in caserma. Notte di luna e vento forte.

2h08’08” N° 18. Entr’acte e Scena. Si ode in orchestra un corale ortodosso (Innalzerò la mia preghiera al Signore) rotto da squilli di tromba, contrappuntati dal Kyrie Eleison di tromboni e corni. A 2h10’01” subentra in archi e oboe un tema implorante ma agitato che poi fa posto al ritorno del corale e delle strombazzate.

2h12’11” Hermann legge una lettera di Liza. Lo vuol perdonare e gli chiede un incontro entro mezzanotte sulla riva del canale. Lui è un uomo distrutto, avvilito, non si dà pace, vorrebbe poter dimenticare tutto. 2h13’50” Torna il tema implorante dell’Entr’acte, mentre si ode da lontano un coro che canta il corale ortodosso. Hermann rivede quasi allucinato i funerali della Contessa, quando salì a guardare la salma, che gli oppose un ghigno beffardo!

2h15’19” N° 19. Scena. Qualcuno bussa alla finestra. Hermann è terrorizzato. Ribussano. Lui corre per sbarrare la porta, ma si trova davanti (2h16’30”) il fantasma della Contessa!

2h17’02” Il tema delle tre carte ha accompagnato l’arrivo del fantasma, che comunica ad Hermann di essere lì perchè comandata a farlo. Gli impone di sposare Liza e poi scandisce, due volte, la serie delle tre carte: Tre, Sette, Asso. Poi sparisce nel nulla.

2h18’18” Hermann passa dal terrore ad una gioia ebete e ripete balbettando i nomi delle carte magiche.

Atto III - Quadro VI. Presso un canale, la notte stessa.

2h19’19” N° 20. Scena e Arioso di Liza. L’introduzione strumentale presenta il motivo conduttore di questo quadro: tutto carico di amarezza e rassegnazione.

2h20’17” Liza arriva nel luogo indicato a Hermann e lo attende ansiosa. Non può credere che lui sia davvero un assassino, pensa sia vittima di circostanze avverse.

2h21’35” (arioso-a) Poi si dispera: la vita improvvisamente, da felice e serena si è trasformata in un inferno, colma di dolore e infelicità.

2h24’52” N° 21. Scena e Duetto. In realtà la scena comprende una seconda parte del precedente arioso, prima dell’arrivo di Hermann. Liza comincia a perdere la fiducia, pensa che Hermann sia davvero un assassino. L’orologio della torre batte le ore e ancora Hermann non arriva.

2h26’04” (arioso-b) Adesso Liza è davvero disperata, convinta di essersi consegnata corpo ed anima ad un criminale, maledetta per sempre. 2h27’20” Sta per andarsene quando sopraggiunge Hermann. Lei torna a vivere, si abbracciano.

2h28’11” (duetto) In questa prima parte i due si abbandonano alla felicità di essersi ritrovati, di poter dimenticare gli affanni e le preoccupazioni. La melodia che sostiene l’intrecciarsi delle loro esternazioni è dolce e cullante, come si addice alla circostanza,

2h29’29” Ma ora accade (almeno per Liza) l’imprevisto. Lui le dice che non c’è tempo da perdere, che devono fuggire. Lei gli risponde, tutta eccitata, di esser pronta a seguirlo anche in capo al mondo!

2h29’50” E invece scopre dalle parole di Hermann che la loro destinazione è... la casa da gioco! Il dolce incontro d’amore si trasforma, anche musicalmente, in uno scontro disperato fra due persone che non hanno più nulla in comune. Perchè in lui l’amore ha lasciato il posto ad un’ossessione. Così le racconta della visita del fantasma che gli ha finalmente rivelato il segreto, per cui ora ci sono montagne d’oro che lo attendono.

2h31’21” Liza (ri-)scopre la tremenda verità: lei si è affidata ad un assassino. L’ultima parte del duetto vero e proprio vede i due esternare contemporaneamente due stati d’animo stellarmente distanti: lei disperata per aver messo la sua vita e il suo futuro nelle mani di un criminale; lui bestialmente euforico per aver conquistato, anche a prezzo di un omicidio, l’oggetto della sua ossessione.

2h32’20” Qui ha inizio la parte finale dell’incontro fra i due: lei che cerca ancora disperatamente di trattenerlo e farlo rinsavire; lui che è ormai schiavo della sua ossessione (i temi delle tre carte e della Contessa lo accompagnano in orchestra) fino ad arrivare a ripudiare la donna amata, divenuta ora un ostacolo da togliere di mezzo. 

2h33’07” A Liza non resta che prendere atto che Hermann (e con lui il suo amore) è morto, morto... Mentre in orchestra ora esplode in forma proterva il motivo presentato mestamente nell’Introduzione, Liza va a gettarsi nelle gelide acque della Neva.

Atto III - Quadro VII. Una casa da gioco.

2h34’10” N° 22. Coro e Scena. Tipica atmosfera da carpe-diem (per chi se lo può permettere...) accompagnata da musica di circostanza, frivola quanto irresponsabile.

2h35’43” I soliti amiconi giocatori incalliti (Surin, Caplitskij, Narumov e Cekalinskij) sono al tavolo di... lavoro. 2h35’56" Arriva anche il Principe Eletskij, la qual cosa sorprende Tomskij, meravigliato di vederlo in quel luogo, che il Principe normalmente evita. La spiegazione di Eletskij è semplice e convenzionale (quanto insincera): pensa di vincere al gioco, essendo sfortunato in amore (in realtà cerca vendetta su Hermann). E annuncia la rottura del fidanzamento con Liza. 2h36’58" Cekalinskij e poi tutti invitano Tomskij, che si schermisce, a cantare.

2h37’28” Tomskij alla fine canta un paio di strofe allusive (fanciulle, uccelli e rami robusti...) su un testo di Deržavin, accompagnato dai compagni. Che poi decidono di esibirsi in una canzone dedicata al gioco.

2h40’08” N° 23. Canzone e Coro. I versi della canzone sono presi, con qualche aggiustamento, da quei dodici posti da Pushkin in testa al suo racconto. La musica richiama il folklore tipicamente russo.

2h41’26” N° 24. Scena finale. Le giocate (e le bevute...) riprendono fino a quando non arriva anche Hermann (2h41’26”) che il Principe squadra come lo stesse aspettando; e gli altri amici, al solito, canzonano.

2h42’29” Hermann va subito al sodo (si ode il tema della Contessa) e chiede di puntare su una sola carta. Tutti commentano con piacere la sua richiesta e Cekalinskij accetta la sfida, domandandogli qual’è l’ammontare della posta. 40.000 risponde Hermann, fra lo stupore, l’incredulità e il sospetto generale (ma del Principe in particolare) mentre si odono i temi della minaccia e della Contessa. Hermann dichiara la carta, il tre; Cekalinskij cala le sue: il tre vince. Perplessità dei presenti, mentre Hermann chiede di continuare il gioco. 2h43’58” Cekalinskij accetta ancora la sfida. Hermann dichiara il sette, e rivince, fra lo stupore di tutti.

2h44’50” Hermann, evidentemente turbato, canta ora un autentico inno nichilista alla vita e alla fortuna. 2h47’06” Quindi insiste a voler giocare. Cekalinskij adesso rinuncia, in compenso si fa avanti Eletskij (2h47’25”) pur sconsigliato da tutti dall’accettare la sfida. Ma il Principe pare proprio sicuro di sè. 2h47’45” Hermann sembra sorpreso, quasi avesse un presentimento. Poi gioca, prende la carta. Cekalinski cala quelle del Principe. 2h48’07” Hermann dichiara l’Asso, ma il suo rivale gli fa notare che in mano ha in realtà la Donna, di Picche.

2h48’26” Appare per un attimo - sulla musica udita già al momento della sua precedente apparizione - il fantasma della Contessa, che Hermann maledice, consegnandole la sua vita con una pugnalata al petto.

2h49’08” L’ultima esternazione musicale è per lui, che chiede perdono al Principe e poi ricorda Liza, chiedendo perdono anche a lei, della quale si ode il tema d’amore (ma... doloroso) che ancora sfocia in quello di Hermann. 2h50’56” Perdono che chiedono per lui al Signore gli astanti, mentre il sipario cala, ancora sulle note redentrici di Liza.
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Mercoledi la prima (anche in TV, su RAI5 in leggera differita).

20 febbraio, 2022

La Scala si trasforma in una bisca (1)

Non è detto che questo non sia il destino del teatro...

Intanto sta arrivando alla Scala un’opera che al Piermarini si presenta in media (parlo del dopoguerra) una volta ogni 15 anni: è la ciajkovskiana Pikovaya Dama (per gli amici: la donna-di-picche) che negli ultimi 62 anni è andata in scena in quattro produzioni: 1960-63-89-04, l’ultima agli Arcimboldi diretta dal venerabile (ora pensionato...) Temirkanov.   

É la penultima opera composta da Ciajkovski, dieci anni dopo Onegin e due prima di Iolanta. Opera che ha un sapore anche italiano, essendo stata composta fra il gennaio e il marzo 1890 a Firenze, dove Ciajkovski aveva fatto tappa nel mezzo del suo nuovo viaggio in Italia.

Il libretto, opera del fratellino Modest, fu derivato dall’omonimo racconto di Pushkin ma, come accade a quasi tutte le esperienze di questo tipo, non senza pesanti - ma anche ineluttabili, come vedremo - manipolazioni.

Partiamo quindi da Pushkin. Il racconto, scritto in campagna, a Bol'shoe Boldino (600Km a est di Mosca) nel 1833, si suddivide in sei Capitoli, più un’Introduzione in versi e un Epilogo (fra parentesi quadre miei commenti).

Introduzione. Dodici versi che preparano l’atmosfera generale del racconto: si gioca a carte, per soldi.

Capitolo I. Pietroburgo. A casa dell’Ufficiale di Cavalleria Narumov si gioca a carte fino all’alba. Chi vince, chi perde e chi, come Hermann (ingegnere del Genio) sta a guardare interessato. Un ufficiale, tale Tomskij, racconta una strana storia di sua nonna, la Contessa, ormai ultra-80enne, che da giovane aveva fatto furore a Parigi, attirando persino le attenzioni di Richelieu. Avendo però perso ingenti somme al gioco e rifiutandosi suo marito di continuare a ripianare i suoi debiti, era ricorsa all’aiuto del Conte di SaintGermain, noto avventuriero, alchimista e stregone, il quale le aveva consentito di recuperare le somme perse suggerendole tre carte magiche da giocare in sequenza, al faraone.  

[Pushkin qui non precisa quale fosse stato il compenso richiesto dal Conte, certo non denaro nè altri beni materiali, cosa esclusa dal medesimo. Il Capitolo V ci darà però una possibile quanto inequivocabile risposta.]

La Contessa, dopo il ritorno a Pietroburgo da Parigi, non aveva mi rivelato il segreto delle tre carte nemmeno ai suoi figli e nipoti, salvo che ad un tale Caplitskij, un giovane che aveva evidentemente attirato le sue simpatie, rimasto sul lastrico a sua volta per le perdite al gioco.

Capitolo II. [Dato che trattasi di un capitolo piuttosto prolisso su aspetti non fondamentali del plot e per di più complicato da un flash-back di non immediata comprensione, preferisco sfrondare gli aspetti secondari e invece rimettere in sequenza temporale gli avvenimenti.]

Dunque: l’indomani della nottata di gioco, il baldo Hermann non aveva fatto altro che rimuginare sulla questione del segreto delle tre carte. Lui, che fino ad allora aveva sempre resistito alla tentazione del gioco, preferendo vivere del suo modesto ma onesto compenso da militare, cominciò a pensare a come avrebbe risolto con una sola seduta di gioco tutti i problemi del suo futuro.

[Partendo da una puntata di 47.000 rubli (la somma ereditata dal padre defunto) e giocando tre mani consecutive puntando tutto ogni volta, si sarebbe trovato alla fine con 47.000 x 8 = 376.000 rubli in tasca!]

E avrebbe potuto vivere di rendita. Ma come fare? Il caso gli diede una mano, facendolo capitare proprio davanti alla residenza della Contessa, ad una finestra della quale scorse una giovin fanciulla (Liza, di fatto la dama di compagnia della Contessa) al tavolo da lavoro. Da quel giorno aveva passato ore fuori dalla casa a fissare quella ragazza e contemporaneamente aveva chiesto al commilitone Tomskij di introdurlo presso la nonna.  

Capitolo III. É occupato all’inizio dalla lunga descrizione degli approcci di Hermann a Liza: biglietti d’amore e richieste di appuntamenti, ai quali la ragazza per qualche giorno non rispose, poi rispose opponendo dinieghi sempre meno convinti, fino a fargli pervenire finalmente una dettagliata descrizione di come introdursi in casa e raggiungerla nella sua camera, una notte in cui la Contessa e lei sarebbero state fuori fino alle due del mattino. Hermann seguì a puntino le indicazioni ma, invece di salire nella cameretta di Liza per attenderne il ritorno, si fermò in quella della Contessa! E quando costei rimase sola e in procinto di coricarsi, le si presentò davanti chiedendole, con giustificazioni e pretesti umanitari (far del bene ad un bravo giovane...) di rivelargli il segreto. Al rifiuto di lei, dapprima le rinfacciò il suo diverso atteggiamento tenuto con tale Caplitskij e poi, spazientito, tirò fuori la pistola (scarica) e ciò bastò a far... secca la povera vecchia.

Capitolo IV. Liza era nella sua stanza, perplessa per non aver trovato il suo amante, del quale aveva conosciuto il nome e anche una fama non proprio raccomandabile dal nipote della Contessa (Tomskij) alla festa da cui era reduce. Proprio in quel momento Hermann entrò nella stanza e rivelò a Liza ciò che era accaduto poco prima. Lei capì in quale tranello lui l’aveva attirata: lui mirava al segreto e non a lei! Gli consentì di allontanarsi da un passaggio secondario: Hermann immaginò come da lì potesse essere uscito - 60 anni prima - anche Caplitskij dopo il proficuo incontro con la Contessa. E ci fa anche sapere come il giovane avesse... ringraziato la Contessa per il favore cartaceo concessogli.

Capitolo V. Ai funerali della Contessa, dopo averne visto la salma composta nella chiesa, Hermann ha un mancamento e stramazza al suolo. Contemporaneamente anche Liza sviene. E qui ecco una rivelazione sensazionale: un vecchio maggiordomo della Contessa rivela ad un inglese lì presente che Hermann è figlio illegittimo della defunta! Hermann, riavutosi, si ubriaca, poi va a casa ed ha una diabolica visione: è la Contessa che gli reca i segni delle tre carte: 3, 7 e Asso! Dice di essere stata obbligata a farlo, poi gli ingiunge di giocarne una sola al giorno, quindi di non giocare mai più e di sposare la sua Liza.

Capitolo VI. Hermann pensa e ripensa a dove sfruttare il suo segreto, vorrebbe persino andare a Parigi, poi il caso lo aiuta: il commilitone Narumov lo introduce presso tale Cekalinskij, un riccone (arricchitosi con il gioco) che ospitava regolarmente una bisca. Hermann gioca da solo, al faraone, i 47.000 rubli dell’eredità del padre; prende una carta e il banco cala le due carte (a destra - pro-banco - un 9 e a sinistra - pro-puntatore - un 3). Hermann scopre la sua carta, un 3, e vince, portandosi a casa 94.000 rubli. La sera successiva, stessa scena: Hermann punta i 94.000 e pesca una carta; Cekalinskij cala a destra un Fante, a sinistra un 7; Hermann scopre la carta: è un 7, ha rivinto e se ne va con 188.000 rubli. La sera successiva prende una carta e vi punta i 188.000; Cekalinskij cala a destra una Donna, a sinistra un Asso: Hermann, senza neppure guardare la sua carta, convinto fideisticamente sia quella indicatagli dalla Contessa, annuncia la vittoria dell’Asso, ma apprende dal risollevato Cekalinskij di avere in mano una Donna, di Picche!

Epilogo. Hermann è impazzito e vive rinchiuso in manicomio: continua a ripetere 3, 7, Asso; 3, 7, Donna... Liza si è felicemente sposata, Tomskij ha avuto una promozione e si è a sua volta accasato.
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Prima di passare al libretto faccio qualche considerazione sul racconto. Cominciando dall’ambientazione temporale della storia. Dal contesto si evince che siamo praticamente contemporanei allo scrittore, diciamo all’inizio del 1800. Ma ecco subito una clamorosa fake (e relativa contraddizione): descrivendo le avventure giovanili (60 anni addietro) della Contessa, già nel primo capitolo Pushkin cita come contemporanei tre personaggi di cui solo due lo possono essere: tale Richelieu e tale Duca d’Orleans (presumibilmente Gastone). Fosse tutto qui, saremmo indiscutibilmente nella prima metà del 1600 (sotto Luigi XIII) quindi non 60, ma 160 anni addietro! In compenso 10 righe più sotto Pushkin cerca di rimettere le cose a posto facendo entrare nello stesso scenario il Conte di SaintGermain, vissuto appunto in pieno ‘700.

C’è poi in Pushkin quell’elemento (che ho messo in bella evidenza nel Capitolo V) assolutamente inquietante e allo stesso tempo poco plausibile. L’aspetto inverosimile riguarda l’età dei due protagonisti (Contessa e Hermann): lei è ormai ben oltre gli 80 (86, dice Hermann) mentre lui è un baldo giovane, diciamo parecchio sotto i 30, e anche a quei tempi la menopausa non dava scampo, nè esistevano ancora gli odierni miracolosi strumenti che consentono a nonne di divenire madri... Del resto, i due soli casi (SaintGermain e poi Caplitskij) che Pushkin ci notifica di tresche extraconiugali della donna potenzialmente sfociate in una (indesiderata?) maternità risalgono a 50-60 anni addietro, il che stride appunto con l’età del giovane del Genio. Infine: com’è possibile che un vecchio maggiordomo sia certo del rapporto di sangue fra Contessa e Hermann, quando invece la diretta interessata, ancora in vita, mostra di esserne all’oscuro? E infatti: lei è fermissima nel non rivelare il segreto al giovane che le sta di fronte, poi gli appare da morta dicendo di rivelarglielo solo perchè obbligata a farlo.

E qui ci colleghiamo all’aspetto inquietante della vicenda: rappresentato dalla possibilità che Hermann sia in realtà una reincarnazione del misterioso, inafferrabile e satanico Conte di Saint-Germain! Lo insinua il suo stesso nome: Hermann=Germain! Potremmo quindi immaginare che il Conte abbia voluto, dall’aldilà, aiutare la sua nuova incarnazione spedendo all’uopo il fantasma della Contessa a svelarle il segreto. La Contessa e non lui stesso, semplicemente perchè più credibile agli occhi di Hermann.

Ma resta tuttora da spiegare la conclusione catastrofica della vicenda. Perchè Hermann pesca dal mazzo una Donna, invece dell’Asso magicamente previsto e promesso? Difficile incolparne il giovane, che si è limitato disciplinatamente ad eseguire gli ordini ricevuti.

Una vendetta della Contessa contro Hermann? Forse che la sequenza corretta delle carte era 3-7-9 (9=Donna) cabalisticamente più consistente di quella che ha l’Asso in terza posizione? Ma se anche così fosse, Hermann avrebbe comunque perso, chè la Donna venne calata prima dell’Asso, quindi pro-banco... E poi: perchè la Contessa avrebbe dovuto vendicarsi di Hermann se gli aveva contemporaneamente affidato l’umile Liza? Meno plausibile ancora una vendetta dell’anima di SaintGermain...

Se consideriamo i casi di impiego dei numeri segreti, scopriamo che sono (cabalisticamente) tre: 1. La Contessa a Parigi: vince e torna alla vita normale, morendo ricca; 2. Caplitskij: vince ma poi finisce i suoi giorni in miseria; 3. Hermann: perde, il denaro e poi anche il cervello! Insomma, un continuo peggioramento di prestazioni del magico gingillo... Forse un messaggio moraleggiante di Pushkin?
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Passiamo ora al libretto di Modest Ciajkovski. Liquidando subito il problema dell’ambientazione temporale: che è, direi ovviamente, il primo ‘800 e, per quanto riguarda i trascorsi parigini della Contessa, il ’700 inoltrato. Viene quindi escluso il riferimento a Richelieu e inserito nel testo un nuovo Duca d’Orléans (presumibilmente Luigi) insieme a riferimenti a personaggi come Madame de Pompadour e un Conte di Condè (presumibilmente Luigi Enrico di Borbone).

Molto diversa rispetto al racconto è l’impaginazione della vicenda, che segue assai poco quella dell’originale: qui i due fratelli Ciajkovski aggiungono scene corali e di popolo e una scena d’amore del tutto assenti in Pushkin, e anche un intermezzo di teatro-nel teatro (caratterizzato da musica accattivante, quanto discutibile drammaturgicamente) con tratti di grand-opéra. Insomma, da un dramma costruiscono un melodramma in piena regola (come del resto aveva richiesto, per non dire ordinato, il patron dei Teatri Imperiali, Ivan Vsevolozhky, di fatto commissionando l’opera).

La figura di Hermann è da questo punto di vista paradigmatica. La sostanza non cambia di certo: una volta venuto a conoscenza della storia delle tre carte segrete, il giovane cresciuto con sani principii diventa vittima non tanto del vizio, quanto dell’ossessione delle tre carte, un mezzo da usare una sola volta nella vita e... a fin di bene (basta ricordare gli argomenti che usa per convincere la Contessa). La differenza fra Pushkin e Ciajkovski è l’iter del rapporto fra Hermann e Liza: nell’opera c’è bisogno, appunto, della componente amorosa ed allora ecco che subito ci viene presentato un giovane follemente e sinceramente innamorato della ragazza (che nel libretto è nipote della Contessa, quindi di nobile famiglia, non sua dama di compagnia) ben prima di venire a conoscenza della storia delle carte. E tuttavia (qui torna l’aspetto inquietante della vicenda) il giovane è terrorizzato - prima di conoscerne la storia - dalla vista della Contessa. Conosciuta poi la quale, si infila in un infernale meccanismo di cause-effetti, o di mezzi-fini: vede nelle tre carte la possibilità di arricchirsi e quindi di meritare il matrimonio con la nobile Liza, ma l’ossessione dell’obiettivo da raggiungere gli fa mettere la giovane in secondo piano, fino a perderne la stima (e spingerla addirittura al suicidio); tornerà verso di lei quando sarà troppo tardi, e con un pugnale conficcato nel petto!  

E sempre da melodramma sono proprio: la tragica fine della ragazza portata alla disperazione e al suicidio (laddove in Pushkin Liza dimentica abbastanza in fretta il povero Hermann per accasarsi dignitosamente); e l’aria strappalacrime che il tenore morente canta in conclusione dell’opera.

La figura della Contessa perde certi tratti un poco caricaturali del personaggio di Pushkin, per assumere quelli più drammatici di una donna che vive di ricordi di una gioventù ormai irrimediabilmente passata (e con qualche... scheletro nell’armadio). Come già detto (a proposito di Hermann) il libretto introduce l’aspetto inquietante relativo ai rapporti pregressi (in questa o... in un’altra vita) fra i due. Notiamo poi un‘altra differenza rispetto al racconto, riguardante i trascorsi parigini della donna: lo scrittore non fa cenno della contropartita concessa dalla Contessa a SaintGermain in cambio del segreto delle tre carte (salvo sorprenderci con la clamorosa rivelazione del maggiordomo). Nel libretto, mancando quest’ultima, veniamo a sapere quasi subito (dal racconto di Tomskij, che qui non risulta essere nipote della Contessa) del rendez-vous che siglò il patto fra i due. In più Ciajkovski cambia la storia del secondo amante della Contessa (in Pushkin è Čaplitskij) che qui non viene identificato (vedremo tra poco perchè) e inventa la visita del fantasma che avverte la Contessa della sua fine, allorquando un terzo amante verrà da lei per estorcerle il segreto.       

Diverso trattamento hanno nel libretto anche altri personaggi del racconto: Čaplitskij non è più colui che fu beneficiato dalla Contessa, per poi morire in miseria, ma uno dei compagni dell’allegra combriccola di gaudenti che si ritrova sempre per giocare. Per questo Hermann non accenna alla sua passata tresca con la Contessa, al momento del drammatico incontro con essa.    

Pure a Cekalinskij vengono cambiati i connotati: anche lui è uno degli amiconi, e non il riccone che ormai gestisce una bisca in piena regola. Perderà le prime due mani con Hermann, poi abbandonerà il gioco prima della mano decisiva.

Mano che avrà come protagonista un personaggio nuovo, il Principe Eletskij, melodrammaticamente necessario a comporre il classico triangolo tenore-soprano-baritono: lui è ufficialmente fidanzato con Liza, ma si accorge che lei ha altri... interessi; la sua dirittura morale lo spinge a comprendere la ragazza, ma anche a vendicarsi del rivale in amore. Così sfida Hermann nella mano conclusiva a faraone diventando con ciò lo strumento cui il destino affida il compito di fare giustizia.

Altro personaggio nuovo è Pauline, compagna di Liza, che la affianca nella scena del duetto ed è destinataria di una romanza. Meno importante è Maša, cameriera di Liza, come pure la parte del Maggiordomo. La Governante per lo meno è destinataria di un arioso...

Per il resto, Surin e Narumov fanno da riempitivo, come nel racconto, mentre del tutto nuovi sono i tre personaggi (non gli interpreti) della scena con Dafnis, Chloe e Pluto, tipico intermezzo da grand-opéra, inserito in barba a Pushkin, che si limitava a raccontare scampoli della festa tenutasi la notte della morte della Contessa.

Infine, non poteva in un’opera di questa portata mancare il Coro (al completo, incluse le voci bianche) subito in scena fin dall’inizio.

Tra poco un’esplorazione dell’opera.
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(continua)

18 febbraio, 2022

laVerdi 21-22. Concerto 17

Il 34enne israeliano Yoel Gamzou ha fatto ieri il suo (brillante, devo dire) esordio sul podio de laVerdi proponendoci un programma che va dal tardissimo- al tardo-romantico: Korngold e Mahler.

É stata la 46enne Caroline Widmann (che ha rimpiazzato l’annunciata Veronika Eberle) ad aprire la serata con il Concerto per violino di Erich Wolfgang Korngold, già ascoltato qui più di sette anni fa (sulla struttura del quale rimando a qualche succinta nota scritta in tale circostanza). 

Non so se sia la prima volta che la Widman interpreta questo concerto (direi non sia nel suo abituale repertorio, visto che ha prudentemente tenuto lo spartito sotto gli occhi): una come lei che predilige i moderni e ha inciso il concerto di Berg, dedicato a Manon, la giovane figlia scomparsa di Alma Mahler-Gropius, adesso è passata ad un tardo-romantico, che 10 anni dopo Berg dedicò il concerto alla... mamma di Manon, rimaritatasi Werfel.

Come che sia, lei suona tutto divinamente, moderni e romantici. Così viene accolta da ovazioni e ci regala come bis un celebre Ysaye, l’ultimo movimento (Les furies) della celebre Obsession (Seconda Sonata in LA minore). 
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La serata si è chiusa con la Prima Sinfonia di Mahler, che il programma di sala annunciava in una versione per orchestra da camera predisposta proprio dal Direttore Gamzou, che oltre a dirigere ha anche un’infinità di altri interessi nell’ambito musicale (ha fondato un’orchestra sinfonica intitolata a Mahler, del quale ha personalmente completato anche la Decima). A ottobre 2020 era già in programma questa sinfonia smagrita nell’organico (sempre causa-Covid) ma nell’edizione di Klaus Simon, poi tutto andò a... meretrici per l’arrivo, proprio poche ore prima del concerto, del nuovo blocco dovuto alla seconda ondata.

L’edizione di Simon (del quale laVerdi ha già eseguito di recente la Quarta, la Nona e la Sesta) è ascoltabile in rete, eseguita dall’ensemble minimo, mentre Gamzou ha in realtà previsto l’impiego di un organico assai ampio (5 corni, 3 trombe e 3 tromboni, tuba e timpani, tanto per dire...) apparentemente limitandosi a sottrarre qualche elemento non proprio... essenziale.

Lui fu allievo di Giulini, ma la sua mi è parsa una direzione più improntata (magari nel bene e nel male...) all’indimenticabile Lenny Bernstein: dal quale ha mutuato personalissime interpretazioni agogiche che lasciano sempre a bocca aperta, anche se magari non sono propriamente prescritte in partitura.

Come sempre, eccellente la prova dell’orchestra (pareva davvero di sentire un’esecuzione a ranghi completi) cui il pubblico (di questi tempi ancora non siamo ai pienoni) ha tributato meritatissimi applausi.

12 febbraio, 2022

laVerdi 21-22. Concerto 16

Moderno e antico compongono il programma del 16° concerto della stagione, diretto dall’esordiente in Auditorium Kristjan Järvi (figlio del venerabile Neeme e fratello del Paavo, di lui ancor più famoso).
Il primo brano è proprio opera del Direttore e si intitola Aurora. Un brano che si può ascoltare nella versione originale con violino solista sotto la direzione dell’Autore con la sua Baltic Sea Philharmonic. Qui invece ci viene proposta una trascrizione per sola (grande) orchestra, opera dell’amico Charles Coleman, che ha ovviamente un suono assai più corposo rispetto all’originale.
É il DO maggiore che caratterizza il breve brano, che presenta pochi languidi motivi, reiterati come a voler cullare piccoli pargoli, ai quali non a caso il pezzo è dedicato.
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Ora ecco un altro compositore contemporaneo, Riccardo Panfili, del quale il funambolico Simone Rubino - tornato qui dopo due anni - interpreta da solista il Concerto per percussioni e orchestra (commissionato a suo tempo dall’Orchestra Filarmonica Abruzzese). Che possiamo apprezzare in questa esecuzione di un anno fa a Parma con la Toscanini diretta da Pascal.

Brano bipartito, composto da Panfili (in stretta collaborazione con Rubino) nel 2020, in piena pandemia. A parte un paio di protervi interventi (all’inizio e alla fine) di grancassa e tomtom, è il vibrafono a tener banco fra le percussioni, alternando i suoi interventi spesso spiritati, a volte languidi, a quelli dell’orchestra (archi e violoncello solista in particolare). Qui Rubino accompagna un paio di momenti anche con la voce.

Panfili alla fine si porta sotto il palco ad applaudire gli esecutori e a ricevere il meritato applauso del folto pubblico. Poi, come suo costume, Rubino non ci nega un bis con la sua voce da controtenore: un omaggio a Mariangela Gualtieri (recentemente portata alla ribalta di Sanremo da Jovanotti) sul tema dei nostri cuccioli che possono salvare il mondo.
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Dopo queste moderne digressioni (con tutto il rispetto, sia ben chiaro) si fa... sul serio: con il Ciajkovski della Quinta Sinfonia. Persino troppo serio (ma mai troppo come nella Quarta, haha!)

I baltici (oltre che a Neeme mi riferisco al compianto Mariss Jansons) sono stati da sempre fra i direttori più intimamente legati alla Russia e in particolare a Ciajkovski, considerato un russo amico dell’occidente (poi l’URSS rovinò un po’ tutto, tanto che Vilnius, Tallin e Riga organizzarono una storica catena umana che anticipò - e in parte causò - la caduta del muro di Berlino...)

Kristian, dopo aver anche gigioneggiato nella sua Aurora e nel Concerto di Panfili, qui si ricompone e - sempre senza bacchetta - ci dà una lettura proprio... ciajkovskiana della Sinfonia, con sapiente dosaggio delle dinamiche e del rubato. Poi sono i ragazzi a completare l’opera (che ormai suonano a memoria) con una prestazione di eccellenza, impreziosita dai passaggi solistici, di cui mi limito qui a citare - uno per tutti - il corno magico di Giuseppe Amatulli nell’Andante.

Successo travolgente, con il Konzertmeister Dellingshausen che attiva con il piede un applauso ritmato per il Direttore, evidentemente entrato subito in piena sintonia con l’Orchestra. Ma il nordico (trapiantato a New York e poi tornato a Tallin) fa anche il modesto e ci manda subito tutti a... nanna.

11 febbraio, 2022

Alla Scala una convincente Thaïs

Si segnala al pubblico che lo spettacolo include alcune scene di nudo.

Ecco perchè il Piermarini ieri sera era al tutto esaurito! (beh, veramente non è proprio così...)

Slurp! mi son detto: finalmente ci fanno vedere ciò che Massenet aveva pudicamente coperto dietro il sipario chiuso, concedendoci solo qualche erotico... massaggio musicale. E mi sono segnato accuratamente i momenti papabili, secondo il libretto, per presentare Thaïs (e magari - per par condicio - anche qualche gagliardo maschione) senza veli: 1. La visione del primo atto, primo quadro, dove Athanael sogna Thaïs esibirsi nel lungometraggio porn dal titolo Gli amori di Afrodite; 2. La fine del primo atto, ancora l’inizio de Gli amori di Afrodite, ma dal vivo; 3. L’apertura del second’atto, in casa di Thaïs (che si contempla, nuda, allo specchio); 4. Il menoso balletto del second’atto, dove qualche piccante coreografia può servire a vincere la noia; 5. La replica, ma ancora in DVD, della prima visione (secondo quadro del terz’atto). Poi ho accuratamente pulito le lenti del binocolo da marina che mi porto regolarmente a teatro, per non perdermi i primissimi piani dell’arrapante spettacolo.

Conclusione? Mah, chiappe e tette abbondano, però siamo addirittura sotto il livello che ormai raggiungono anche gli ad dei pannolini, ecco. In compenso Py e compagni sono andati pure al di là dei miei 5 punti, aggiungendovi anche la Méditation e la corsa nella notte. (Il regista ha - in parte - riesumato ciò che Massenet aveva cassato nella versione definitiva del 1898 - la pantomima dell’’Atto III - mostrandoci squarci riconducibili alle Tentazioni di Sant’Antonio; ma effettivamente, se si ipotizza che Athanaël viva da sempre con l’ossessione e le frustrazioni del sesso, allora il sesso ci potrebbe stare dal primo all’ultimo minuto dell’opera, come decise di proporci Stefano Poda a Torino nel 2008.)

Discutibili le presenze di un figurante nei panni di un Eros... erotico nella scena dello specchio (la presa d’atto di Thaïs della sua inevitabile sfioritura va ben al di là dell’aspetto puramente carnale...) e del successivo incontro con Athanaël (la statuetta di Eros evoca in Thaïs l’Amore con la A maiuscola, non il sesso...)  

Azzeccata invece l’insegna al neon posta sulla facciata della grande casa di appuntamenti che caratterizza Alessandria: insegna che riporta i versi della prima terzina della Commedia dantesca: il che pare del tutto appropriato ad evocare la selva oscura dei degradati costumi della città. (Bene ha fatto il regista a fermarsi qui con Dante, chè la disprezzata Taide dell’Inferno è quella pagana, ben avanti-Cristo, e non la santa cristiana del quarto secolo.)  

A proposito di ambientazione, Py ci porta ai tempi della composizione dell’opera, aggiungendovi poi scene (con donne-in-vetrina) mutuate dalle moderne cittadelle del vizio. Monaci e monache sono membri della Salvation-Army, con tanto di uniformi militaresche e con un appariscente scudetto con la S appuntato sul bavero. Di indubbia genialità l’idea di trasferire - nell’atto conclusivo - lo scudetto dal bavero di Athanaël a quello di Thaïs: plastica rappresentazione dei due opposti percorsi esistenziali dei due protagonisti (chapeau!)  

Peraltro ad Antinoe i monaci (escluso Palémon e un aiutante) non sono militari-militanti ma poveri clochard che mendicano un pasto come alla Caritas o al Pane Quotidiano (?!) in un’atmosfera (per di più incupita da lampi temporaleschi, caratteristici invece del secondo quadro del terz’atto) che ha ben poco dell’austerità dell’agape evocata da testo e musica. Viceversa le monache di Albine sono tutte in rigorosa uniforme (peraltro forzatamente scura e non candida come imporrebbe il testo).

Accurata la caratterizzazione dei personaggi: su tutti il Nicias, davvero l’archétipo del sibarita incallito!

Sul lungo balletto del second’atto si potrebbe discutere all’infinito: non certo di come è stato presentato qui (niente di speciale e niente da eccepire) ma sull’opportunità o meno di farlo, stante l’inevitabile calo di tensione che si crea in un momento topico della vicenda e - diciamolo francamente - la non sublimità della musica. Tutt’al più si potrebbe salvare - non saprei se sia semplice dal punto di vista musicale - il N°6 (la Charmeuse).

In conclusione: a dispetto delle segnalate (più o meno veniali) incongruenze, uno spettacolo di alto livello, assai godibile e costruito con indubbia professionalità. Il che fa onore a tutta la compagine che cura questo allestimento (e a chi - in alto - ha deciso di proporcelo).
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Buone se non ottime notizie sul fronte sonoro. Intanto: meno male che Viotti c’è! Il giovane Kapellmeister (pensiamo che meno di 20 anni fa suo padre dirigeva proprio Thaïs alla Fenice!) ormai è più che una certezza: evidentemente i due anni difficili, causa Covid, trascorsi dal Roméo et Juliette da lui diretto qui (già con grande successo) gli hanno dato modo di studiare, studiare e approfondire, e i risultati si... sentono.  Ovviamente poi a suonare sono i professori e va a loro il merito di aver tradotto alla perfezione le note - scritte da Massenet e... veicolate da Viotti - in suoni di assoluta purezza. Va da sè che una lode speciale sia da attribuire alla splendida... Thaïs di Laura Marzadori!  

Marina Rebeka (ebbi occasione di ascoltarla la prima volta al ROF nel 2010 nello Stabat Mater, quando era agli esordi) non aveva avuto un debutto propriamente entusiasmante qui tre anni orsono in Violetta. Poi si era in parte riscattata a settembre 2020, sempre in Violetta in forma di concerto con Mehta. Ecco, ieri direi che abbia fatto un altro bel passo in avanti, ampiamente riconosciutole dal pubblico. Se posso permettermi una modesta osservazione, è ancora la cosiddetta ottava bassa che andrebbe... potenziata, mentre la salita agli acuti è sicura e autorevole, sia in quelli spinti (vedi i RE del finale) ma soprattutto in quelli da esalare in pianissimo.

Piacevolissima sorpresa (per me almeno, che di lui conoscevo poco o nulla) è stato Lucas Meachem: il baritono yankee (ieri sera con folto... parrucchino) ha sostituito poco tempo fa l’annunciato Ludovic Tézier e devo dire che non lo ha fatto rimpiangere. Leggo che non era all’esordio nel ruolo, avendo già interpretato Athanaël negli USA, e in effetti la sua è stata una prestazione più che apprezzabile: la voce è potente e passante, senza sbavature nè sguaiatezze. E pregevoli sono anche le sue qualità attoriali, che gli hanno consentito di rendere al meglio la natura di questo personaggio complesso e... complessato.  

Ma un’altra sorpresa (conferma anche, avendo già calcato il palcoscenico del Piermarini e venendo dall’Accademia) è Giovanni Sala, un Nicias semplicemente perfetto: certo nella postura e nelle movenze, davvero azzeccatissime e perfettamente calzanti sul personaggio. Ma anche nel canto, che è poi la cosa più importante: voce chiara, squillante, del tutto appropriata a vestire questo vanesio e gaudente sibarita.

Di Caterina Sala e Anna-Doris Capitelli (le schiavette di Nicias) così come della Federica Guida (la Charmeuse) si sono potute apprezzare le qualità vocali, ma anche (non dirò soprattutto per non passare per depravato...) quelle fisiche!

Onorevoli le prestazioni di Valentina Pluzhnikova (Albine), Insung Sim (palémon) e Jorge Martínez (servitore di Nicias) così come quelle del sestetto dei cenobiti, altrettanti membri del Coro. Che a sua volta ha fatto bene la sua parte, non proibitiva.

Ecco, una bella serata, di quelle che davvero ti tirano su il morale.