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13 aprile, 2024

Orchestra Sinfonica di Milano – Stagione 23-24.19

Il 40enne Sesto Quatrini (tuttora operante nella decentrata Lituania) ha fatto il suo esordio sul podio dell’Auditorium per dirigervi il settimanale concerto della stagione principale dell’Orchestra Sinfonica di Milano. Il cui titolo (Serate romane) fa ovviamente riferimento diretto al terzo brano in programma (i Pini di Respighi) ma indirettamente anche al primo, il Concerto in LA minore di Edvard Grieg, il compositore nordico che con l’Italia e Roma in particolare ebbe più di un contatto, compreso l’incontro con Ibsen che portò poi alla composizione delle musiche per il Peer Gynt.

Per interpretare il Concerto torna qui, dopo due anni e mezzo, un pianista 35enne - purtroppo per lui cieco dalla nascita - che allora avevamo avuto modo di apprezzare nell’Op. 35 di Shostakovich: Nobuyuki Tsujii. [Paradossalmente l’assenza del primo senso può addirittura aiutare l’esecutore ad approfondire la conoscenza di ciò che deve suonare, essendo egli costretto a decifrare con il tatto (sul supporto Braille) ogni singolo particolare della scrittura, anche quelli che – a prima vista – potrebbero essere trascurati.

Il lavoro di Grieg, oltre alla tonalità, si rifà scopertamente a quello di Schumann, già a partire dall’esordio, uno schianto orchestrale seguito da una poderosa serie discendente di accordi del pianoforte:

Poi naturalmente Grieg ci mette molto di suo, compresa qualche atmosfera dei suoi fiordi. Un’opera interessante, rimasta (praticamente) unica del genere nel catalogo del compositore norvegeseche mise in cantiere un secondo concerto, mai però portato a termine.

Nobuyuki (eccolo qui nel 2018 a Liverpool con Vasily Petrenko, da 23’20”) ha sciorinato una prestazione a dir poco strepitosa, tanto che il pubblico non ne voleva sapere di lasciarlo andare, costringendolo, si può dire, a regalarci non uno, ma ben tre bis! (con Grieg, Kapustin e ancora Grieg).
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Dopo l’intervallo ecco una prima assoluta: si tratta di Maggese, composizione commissionata dalla Fondazione milanese e dalla Toscanini di Parma all’ex-assessore alla cultura del Comune di Milano, Filippo Del Corno. Ispirata alla vecchia consuetudine contadina di dare respiro alla terra, fra una coltivazione e l’altra, in modo da permetterle di rigenerarsi invece che inaridirsi.

Ci si può vedere un implicito riferimento ai problemi ecologici che assillano oggi il nostro bistrattato Pianeta. O, più in generale, alla necessità di prenderci qualche pausa per combattere (come recitava un vecchio spot pubblicitario) il logorio della vita moderna!

In realtà per il compositore si è trattato della ripresa dell’attività creativa dopo ben 8 anni trascorsi a Palazzo Marino ad occuparsi di ogni aspetto della cultura della città.

Come spiega l’Autore sul programma di sala, il brano origina da una semplice cellula - un seme, di fatto - dalla quale poi si sviluppa l’intero corpo del brano quadripartito, quante sono le arature del maggese (ogni 45 giorni da marzo ad agosto). Un’alternanza di movimenti animato-lento, in cui si susseguono (come nelle 4 stagioni?): agitarsi di forze cupe e minacciose seguite da oasi di calma; soffocate grida lontane e scrosci sonori che finalmente si placano; temporali e calma di vento.

Un’opera tutto sommato godibile, con molto diatonismo, il che non guasta, diciamolo francamente. E così deve evidentemente aver pensato anche il pubblico, a giudicare dalla calorosa accoglienza all’esecuzione e all’Autore salito sul palco a ringraziare Orchestra e Direttore.  
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Ha chiuso in bellezza la serata Pini di Roma, secondo poema sinfonico della cosiddetta Trilogia romana di Ottorino Respighi. (Qui alcune mie note riassuntive dell’intero trittico.)

Orchestra come sempre impeccabile e meritato successo per tutti, a cominciare dal Direttore, che ha mostrato grande autorevolezza e sobrietà di gesto.

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