Il
40enne Sesto Quatrini (tuttora operante nella decentrata Lituania)
ha fatto il suo esordio sul podio dell’Auditorium per dirigervi il settimanale
concerto
della stagione principale dell’Orchestra Sinfonica di Milano. Il cui
titolo (Serate romane) fa ovviamente riferimento diretto al terzo brano
in programma (i Pini di Respighi) ma indirettamente anche al primo, il Concerto
in LA minore di Edvard Grieg, il compositore nordico che con
l’Italia e Roma in particolare ebbe più di un contatto, compreso l’incontro con
Ibsen che portò poi alla composizione delle musiche per il Peer Gynt.
Per interpretare il Concerto torna qui, dopo due anni e mezzo, un pianista 35enne - purtroppo per lui cieco dalla nascita - che allora avevamo avuto modo di apprezzare nell’Op. 35 di Shostakovich: Nobuyuki Tsujii. [Paradossalmente l’assenza del primo senso può addirittura aiutare l’esecutore ad approfondire la conoscenza di ciò che deve suonare, essendo egli costretto a decifrare con il tatto (sul supporto Braille) ogni singolo particolare della scrittura, anche quelli che – a prima vista – potrebbero essere trascurati.]
Il lavoro di Grieg, oltre alla tonalità, si rifà scopertamente a quello di Schumann, già a partire dall’esordio, uno schianto orchestrale seguito da una poderosa serie discendente di accordi del pianoforte:
Poi naturalmente Grieg ci mette molto di suo, compresa qualche atmosfera dei suoi fiordi. Un’opera interessante, rimasta (praticamente) unica del genere nel catalogo del compositore norvegese, che mise in cantiere un secondo concerto, mai però portato a termine.
Ci si può vedere un implicito riferimento ai problemi ecologici che assillano oggi il nostro bistrattato Pianeta. O, più in generale, alla necessità di prenderci qualche pausa per combattere (come recitava un vecchio spot pubblicitario) il logorio della vita moderna!
In
realtà per il compositore si è trattato della ripresa dell’attività creativa
dopo ben 8 anni trascorsi a Palazzo Marino ad occuparsi di ogni aspetto della
cultura della città.
Come spiega l’Autore sul programma di sala, il brano origina da una semplice cellula - un seme, di fatto - dalla quale poi si sviluppa l’intero corpo del brano quadripartito, quante sono le arature del maggese (ogni 45 giorni da marzo ad agosto). Un’alternanza di movimenti animato-lento, in cui si susseguono (come nelle 4 stagioni?): agitarsi di forze cupe e minacciose seguite da oasi di calma; soffocate grida lontane e scrosci sonori che finalmente si placano; temporali e calma di vento.
Orchestra come sempre impeccabile e meritato successo per tutti, a cominciare dal Direttore, che ha mostrato grande autorevolezza e sobrietà di gesto.
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