Ieri sera la Scala ha ospitato - in una
sala con ampi spazi vuoti... - la penultima recita del dittico Salieri-Puccini,
una delle tappe del Progetto Accademia,
mirante a valorizzare le giovani risorse scaligere affiancandole a direttori e
cantanti di prestigio. Così questo spettacolo bifronte ha avuto come garanti Adam Fischer sul podio e Ambrogio Maestri in palcoscenico.
Prima la musica e poi le parole (lo scorso 6
luglio ebbe il suo debutto assoluto al Piermarini) è un Divertimento teatrale il cui soggetto per certi versi anticipa di
130 anni l’Ariadne di Strauss-Hofmannsthal: qui il mecenate di
turno accorda pochi giorni a poeta e musico (in perenne disaccordo...
filosofico) per approntare uno spettacolo di teatro musicale. Le due
protagoniste (antesignane di Ariadne e Zerbinetta) sono una professionista di
alto rango e una ruspante soubrette, che separatamente mettono in mostra le
loro opposte prerogative, per poi cooperare ad un improbabile sincretismo
estetico, con tanto di finale trionfalistico.
La produzione era affidata a Grischa Asagaroff, che si è avvalso di
scene e costumi di Luigi Perego: la scena è occupata da suppellettili che
ricordano enormi casse armoniche di strumenti ad arco, più un gigantesco
contrabbasso-tuba e un clarinettone. Una minuscola spinetta serve al musico
(Maestri) per accompagnare le due cantatrici. A sinistra fa da divano un enorme
volume di poesie di Giacomo Leopardi,
aperto sull’Infinito quando è in
scena la cantante seria e sul Passero
solitario quando subentra la cantante pop. (Chiedere al regista le
recondite relazioni...)
Ramiro
Marturana
rivaleggia con il... Maestri nei
battibecchi a sfondo estetico, mentre la ruspante Francesca Pia Vitale mi è parsa più efficace, vocalmente, della
sostenuta Anna-Doris Capitelli
(acconciata in stile Madonna).
Adam Fischer, che viene dall’Ungheria
degli Esterhazy, ha maneggiato con cura questo cammeo di Salieri che rivaleggia
più con Haydn che con il rivale Mozart. All-in-all
una proposta apprezzabile e apprezzata da questo pubblico, ehm... selezionato.
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Per Gianni Schicchi (qui una mia
nota sul soggetto) Pereira ha importato da LosAngeles (dove lui mai fu sovrintendente, sia chiaro per i
maliziosi...) la produzione 2008 che vide l’esordio di Woody Allen nella regìa d’opera.
La scena di Santo Loquasto ci mostra, sul classico quanto inflazionato panorama
fiorentino, uno spaccato da ghetto del Bronx, fra strutture in ferro
arrugginito e cavi stendi-biancheria. C’è anche la tecnologia sanitaria vintage, con tanto di bombole per la
respirazione artificiale del... finto Buoso. Il quale è impersonato mimicamente
da Fabio Vannuzzi che viene dislocato
(morto) all’ingresso della sua (ormai ex-) casa quasi fosse un mendicante, cui
il medico Spinellaccio e il notaio Amantio fanno l’elemosina (!)
A parte Maestri, che ovviamente non si
discute, discretamente hanno fatto i due amanti Chuan Wang e Francesca Manzo
(che si è presa il suo applauso di prammatica dopo il Babbino); bene la bisbetica Zita di Daria Chernyi. Ma tutti - inclusi Direttore e Orchestra - han dato
il loro valido contributo alla riuscita piena dello spettacolo.
L’Accademia,
dopo aver chiuso la stagione prima delle ferie, la riaprirà il 2 settembre con due
inossidabili tutor: il Rigoletto Leo Nucci e Daniel Oren.
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