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12 luglio, 2019

Da Atene a Ravenna per l’Amicizia


Una costante ormai del Ravenna-Festival è costituita da Le vie dell’Amicizia, un’iniziativa sorta nel 1997 per unire, in nome della musica, popoli e culture diverse, spesso purtroppo in conflitto fra loro. Quest’anno è la Grecia a gemellarsi a Ravenna nel nome di Beethoven.

Così martedi scorso il sublime richiamo alla fratellanza universale contenuto nella Nona sinfonia è risuonato nell’Odeo di Erode Attico, ai piedi della collina dell’Acropoli (RAI1 lo proporrà in differita il 5 agosto, 23:30):


Ieri sera è stato ripetuto nell’enorme spazio del PalaDeAndrè. Sempre protagonisti complessi strumentali e corali italo-greci, diretti dal padrone di casa Riccardo Muti. Si tratta di elementi dell’Orchestra Cherubini (la creatura del Maeschtre) e di ben sei orchestre greche, tutti guidati dalla spalla scaligera Francesco Manara. Il Coro Costanzo Porta (Antonio Greco) era integrato da elementi del Coro della Radio ellenica e della Municipalità di Atene (Stavros Beris). I quattro solisti erano Maria Mudryak, Anastasia Boldyreva, Luciano Ganci e Evgeny Stavinsky.

Palazzone affollato all’inverosimile e palcoscenico con un colpo d’occhio spettacolare, data la moltitudine di Musikanten che vi si sono stipati, con tanto di bandiere italiana, greca ed europea a sottolineare il carattere (anche) politico della manifestazione: 


E non per nulla prima della Nona, dalla quale è tratto l’inno europeo, sono risuonati (musica e parole) gli inni italiano ed ellenico (per quest’ultimo il primo violino greco Apollon Grammatikopoulos ha momentaneamente sostituito Manara sulla sedia della spalla). E alla fine Muti non ha perso l’occasione per un simpatico quanto caustico sfogo contro la sordità della nostra classe politica (ieri autorevolmente rappresentata dalla rodigina Presidente del Senato) di oggi ma anche di ieri, rispolverando la sua vecchia battuta sul dialogo fra Muti e... sordi. E rivendicando orgogliosamente  - pareva il pistolotto di Hans Sachs nel finale dei Meistersinger - all’Italia e all’arte italiana il posto di assoluto primo piano nella storia della musica occidentale!

Prima però aveva guidato quella pletora quasi straussiana di strumentisti provenienti da sette diverse orchestre (otto, se si include la Scala di Manara, colà assunto a suo tempo proprio da Muti) e i tre cori più i solisti con il piglio e l’autorevoezza di un capitano di lungo corso. Grande sostenutezza nell’iniziale Allegro non troppo; incedere martellante del Molto vivace dello scherzo; accorata religiosità dell’Adagio molto e cantabile; ferrea disciplina nel Presto, nel Recitativo e nell’attacco dell’Allegro assai (dove gli archi bassi si sono superati) e poi libero sfogo nel finale alle impervie arditezze cui sono chiamate le voci.

Inutile dire del successo a dir poco trionfale della serata.

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