Ieri sera (con replica domani pomeriggio) è andata in onda in Auditorium la
prima delle due puntate dedicate all’integrale delle sinfonie di Brahms
proposta da Robert Trevino,
al suo ritorno qui dopo quasi un anno. Il 35enne rampante Direttore ispano-texano
(oggi di stanza nei Paesi Baschi ma in procinto di migrare verso la Svezia...) segue
quindi le orme del suo più maturo compaesano John Axelrod (acclamato qui la scorsa settimana) che qualche anno
addietro ha diretto e inciso le 4B con laVerdi. Sala non affollatissima, causa forse il concomitante Requiem verdiano in SanMarco, officiato
da un’altra star del podio, tale Teodor Currentzis...
Trevino (che dirige tutto a memoria) sceglie il percorso più lineare e
immediato: presenta cioè le sinfonie in rigoroso ordine cronologico di
composizione. Quindi questa settimana la coppia 1-2 (1876-77) e il 17-19 maggio
concluderà con la coppia 3-4 (1883-85). Se guardiamo questo corpus come un tutt’uno, esso ci appare
come un’unica sinfonia con i due movimenti esterni caratterizzati da grande severità e quelli interni da altrettanta
serenità (anche se le due atmosfere
non sono mai rigidamente separate fra loro, e spesso e volentieri si
compenetrano). Quanto alla sequenza di tonalità (DO-RE-FA-MI) essa è nientemeno
quella del gregoriano Magnificat!
Ovviamente queste sono solo considerazioni da cabala, e nulla fa pensare
che Brahms vi abbia minimamente posto attenzione. Però...
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Ecco quindi la Prima, sofferta per 20 anni e anche più, attesa con
trepidazione da tutto il mondo musicale di area tedesca (e non); finalmente
completata nel 1876, ma eseguita in prima
nella periferica Karlsruhe (paura di un flop?) e poi arrivata a Vienna dopo
un’altra tappa intermedia a Monaco; quindi definitivamente consacrata solo mesi
dopo a Lipsia.
Insomma, un Brahms per nulla sicuro di sè e sollevato agli altari del
successo anche (se non soprattutto) dal plateale endorsement ricevuto da parte di Hanslick e dell’establishment
anti-wagneriano (cui si accodò - per motivazioni non esclusivamente artistiche!
- un imbarazzato von Bülow). Certo, questa sinfonia è musica grande - tonalità e
percorso (per aspera ad astra) assai impegnativi
(la quinta del Ludovico!) - e da quasi 150 anni occupa meritoriamente le
locandine di tutte le stagioni sinfoniche del pianeta. Personalmente, mi lascia
sempre un po’ di retrogusto amarognolo, e fatico ad entrare in totale sintonia
con la sua (per me) eccessiva cerebralità (in ciò sono in ottima compagnia:
anche un tale Mahler considerava questo Brahms piuttosto freddo...)
Chi invece sembra viverla con totale partecipazione è Trevino, che propone
con grande magniloquenza i due movimenti esterni (ritornello nel primo, e teatralità
nell’Adagio introduttivo del finale) per poi quasi esagerare (neanche
fosse la seconda) nell’intimismo e
nella leziosità nei due interni: l’Andante
sostenuto in particolare mi è parso essere stato attaccato con eccessivo...
languore (ma è questione di gusti). Da incorniciare nell’ultimo movimento il forte sempre e passionato di corno e
flauto, che hanno meritato ad Amatulli
e Manachino (in uno con l’oboe di Stocco e il clarinetto della Ciapponi) una personale peregrinazione
di Trevino fra i leggii, per complimentarsi con loro.
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Rotto il ghiaccio, Brahms impiegò pochi mesi a sfornare la sua Seconda,
ispirata (come peraltro anche una parte del Finale
della Prima) da scenari naturali e
per questo spesso accreditata dell’attributo di pastorale (per non parlare della ninna-nanna che fa da secondo tema
all’Allegro non troppo iniziale).
Qui Trevino non sbaglia di certo nel pretendere dall’orchestra delicatezza
e leggerezza nei tanti passaggi carichi di lirismo che percorrono la sinfonia:
spesso riducendo le sonorità quasi al limite dell’udibile. Dà infine fuoco alle
polveri nel finale, con gli ottoni
che - uso un temine di carattere ottico - sembrano abbagliare i timpani!
Successo strepitoso, altra gita di Trevino per complimentarsi con Ceccarelli e il pacchetto dei corni, con
Greci all’oboe e con tutti quanti gli
altri. Dellingshausen, ieri sulla
sedia del Konzertmeister, innesca col
piede destro un meritato (e condiviso in pieno dal pubblico) applauso ritmato
per manifestare l’evidente apprezzamento dell’Orchestra per le doti del
Direttore. Ora non ci resta che attenderlo qui fra un mesetto per completare l’opera!
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